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I figli di nessuno

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Thomas e Theodore sono tutto l’uno per l’altro, gemelli in una Terra sopravvissuta a una catastrofe naturale dove vige la legge del figlio unico, in cui la loro stessa esistenza è un crimine. E custodiscono qualcosa di ancora più speciale, capace di attrarre l’attenzione delle persone sbagliate: il potere della telepatia. Quando Theodore scompare in circostanze misteriose, Thomas è costretto a guardarsi allo specchio e accettare che non può esserci pace per loro in quel mondo, bisogna agire. Ma non è solo. Una misteriosa ragazza si materializza dal nulla nella sua stanza; il suo nome è Elisabeth, e anche la sua gemella è scomparsa. Ed Elisabeth sa perfettamente chi è stato a rapirla: uno scienziato disposto a tutto per fare suo il potere dei gemelli. I figli di nessuno è uno sguardo a un futuro incerto, una corsa contro il tempo per salvare tutto ciò che rimane in un mondo al collasso: la propria metà.

CAPITOLO I

Avevo ventiquattro anni e niente era più un gioco.

Io e Theodore eravamo gemelli monozigoti. Fratelli identici, perché generati dalla scissione di uno stesso ovulo.

Nessuno riusciva a distinguere il suo sguardo dal mio, la mia voce dalla sua. Avevamo gli stessi capelli neri, mossi da un’andatura che cambiava ogni mattina, e gli stessi occhi verdi, un po’ in contrasto con la carnagione olivastra.

Tutti notavano la mia cicatrice, che sfacciata si mostrava segnando la parte destra del collo, e cadeva dritta, fino a raggiungere i muscoli del petto. Tutti la notavano, eppure nessuno ricordava quale dei due fratelli marchiasse.

Il nostro passato risaliva a ventidue anni prima.

A due anni eravamo stati accompagnati in un orfanotrofio, ma prima di quel giorno io e Theodore non esistevamo. Non avevamo memoria dei nostri genitori né del motivo per il quale ci avessero abbandonati.

Avevo una sola certezza: Theodore.

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Non sapevo ancora quale fosse il mio passato e sentivo di non essere padrone del mio futuro. Camminavo nel presente brancolando nel buio. Ogni passo era azzardato. Avrei voluto che qualcuno illuminasse la mia strada, ma sapevo che non sarebbe accaduto. Così confidai nei miei occhi e li obbligai a guardare nel buio, fino a gestirlo, fino a dominarlo.

Per tutta la vita avevo formulato domande senza riuscire a dar loro delle risposte.

Una sera qualcosa cambiò. Pensai di aver perso l’unica cosa giusta della mia vita. E fu allora che ebbi una sola certezza: trovare Theodore.

Mio fratello era l’unica arma a poter essere usata contro di me. Non era la nostra forza ad affascinarli, non lo era mai stata.
Noi eravamo una delle ultime due coppie di gemelli rimaste sulla Terra. Non conoscevo gli altri due fratelli. Non conoscevo il loro aspetto né la loro età. Sapevo che anche loro erano prede di un animale famelico che non avrebbe arrestato la sua caccia. Sarebbe stato attirato dall’odore della loro paura, avrebbe seguito le loro orme e stanato la loro tana. E sarebbe stata solo questione di tempo.

***

Quella notte i miei pensieri furono interrotti dai versi di un gufo. Non ero l’unico a essere sveglio, a quanto pareva. Non avevo chiuso occhio per tutta la notte. L’angoscia dovuta alla scomparsa di mio fratello mi impediva di riposare da due giorni.

Non era sparito nel nulla, non si era allontanato volontariamente. Era stato rapito, ne ero certo.
Mi alzai frettolosamente, inciampando su una scarpa buttata lì da chissà quanto. Quella casa era uno schifo, come la mia vita. Camminai scalzo per sentire il freddo del pavimento sotto i piedi. Mi avviai verso il bagno, mi guardai allo specchio mentre il rubinetto perdeva l’acqua che era stanco di trattenere. Nel silenzio assordante della casa, quel gocciolio divenne il mio unico sollievo.
È ridicolo.
Fino a due giorni prima, il silenzio veniva interrotto dai pensieri di Theodore. Nella mia testa non c’era mai pace, a meno che non lo desiderassi.

In quel momento, invece, avevo bisogno di rumore. Avevo bisogno di un rubinetto che perdeva, del frastuono della sveglia e di un gufo insonne. Perché non sentivo più i suoi pensieri e io volevo, dovevo riaverli.

Da bambino odiavo il nostro potere. Credevo che fosse stato la causa del nostro abbandono. Era quella la ragione per cui avevamo deciso di nascondere al resto del mondo la nostra telepatia. Inizialmente era divertente scoprire la parola, il numero, il fiore immaginato da Thee. Era bello poterlo chiamare senza usare la voce, rimproverarlo senza usare lo sguardo.

Ma con l’adolescenza aveva cominciato a pesarmi l’idea che qualcuno potesse leggere la mia mente ed essere sempre a conoscenza dei miei desideri più segreti, anche se quel qualcuno era il mio gemello.

Avrei voluto spazi di riservatezza, la libertà di ragionare in solitudine senza che l’altro potesse ascoltare la mia voce muta.

Allo stesso modo, ero stanco di sentire quello che passava per la sua testa.

Lui viveva la mia vita e io la sua. Entrambi bramavamo la nostra vita.

2023-10-02

Aggiornamento

Goal raggiunto! Avrei tante cose da dire ma in quest'oceano di parole devo pescare solo poche gocce, tante quante bastano per dire GRAZIE: A chi ha preordinato la sua copia, regalandomi una fiducia che spero con tutto il cuore di ripagare. A chi ha condiviso, sperato e gioito con me. A chi ha sempre parlato al plurale, a chi ha trasformato il mio piccolo progetto in un lavoro di squadra!

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Ilaria Dominici
Nasce nel 1990 in Calabria, dove vive tutt’ora. Dopo aver conseguito una laurea magistrale in Giurisprudenza, scrive “I figli di nessuno", il suo primo romanzo.
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