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I miei 80 giorni

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Questa è la storia del mio viaggio intorno al mondo e di un amore. Un viaggio dove ho percorso molte strade in paesi lontani, dalla California alle Hawaii, dalla nuova Zelanda all’Australia passando per le Fiji fino ad arrivare a Bali. La realizzazione di un grande sogno, il sogno nato nei prima anni di scuola dopo aver letto il giro del mondo in 80 giorni. Le avventure del libro di Jules Verne mi avevano affascinato tantissimo e così quell’idea fantastica di esplorare il mondo fu la mia terapia per uscire da un momento difficile. Non è stato solo il viaggio della vita ma il viaggio che mi ha portato a ripercorrerla intimamente. Un’introspezione continua, alimentata dalle tante domande che la fine di un amore ci porta a fare a noi stessi. Il vero viaggio, è un momento che ci porta a riflettere, un’esplorazione di noi stessi, un accrescimento culturale e spirituale. Un viaggio che porta alla verità.

Perché ho scritto questo libro?

Viviamo una vita dove ognuno non ha tempo ne voglia di ascoltare un amico che si confida. La vita degli altri ci appesantisce, anche se sono amici, diciamo frasi di circostanza tipo, ‘dai, vedrai che col tempo passerà tutto’ frasi banali che non aiutano ma ci fanno pensare di averlo fatto. Cecilia mi disse; ‘perché non scrivi un libro? hai fatto tante cose nella vita, ti aiuterà’. Non avevo mai scritto e grazie a quel consiglio cominciai a scrivere la mia storia. La miglior terapia possibile.

ANTEPRIMA NON EDITATA

Il giro del mondo in 80 giorni, di Jules Verne fu il mio primo libro.

Come tanti bambini, anch’io non amavo leggere.  Era l’epoca dei primi video giochi, quelli con la rotella che solo per capire come usarla ci mettevi giorni. Avevo 9 anni e l’estate per me era la spiaggia di Roseto Degli Abruzzi, una distesa di sabbia che sembrava enorme ai miei occhi. Si passavano le giornate a fare le piste! Io Danilo e Ugo. Danilo amava il calcio ma per stare in gruppo si accontentava di una partitella veloce e di arrivare sempre ultimo alle gare delle biglie, Ugo invece era il mio miglior amico, a lui andava bene tutto bastava stare insieme.

Continua a leggere

Continua a leggere

Ma in quell’estate dell’82 tra una partita dei mondiali e una pista, iniziai a leggere il libro che 41 anni dopo mi portò a girare il mondo in solitaria.

Quel libro mi affascinò tantissimo, era avventuroso, ricco di colori, di viaggi.

Sognavo un giorno di poterlo fare anche io, viaggiare come Mister Fogg. La cosa che mi affascinava era la sua capacità di non arrendersi mai.

Trovare sempre una soluzione senza mai lamentarsi, superare gli inconvenienti che accadevano durante le varie tappe; a tutto c’era sempre una soluzione.

Così un pomeriggio qualunque, in un momento di stasi lavorativa, decisi di organizzare ‘il mio viaggio di 80 giorni’.

Era il febbraio del 2023, La stagione del mio b&b (Terra e Mare) a Lipari sarebbe iniziata ad aprile quindi avevo tempo per organizzarlo al meglio. Pioveva e cominciai a guardare qualche volo, qualche meta. La California, le Hawaii, le Fiji, Nuova Zelanda, Australia, tutti luoghi che non avevo ancora visitato e poi un posto che volevo rivedere con altri occhi come Bali. Ultima tappa Singapore, più come tappa tecnica e di curiosità architettonica.

Bali era stato il mio primo viaggio internazionale. Gli zii mi portarono con loro insieme a mio cugino Giacomo a visitare quest’isola selvaggia e bellissima. Avevo 12 anni facevo la seconda media e quei posti mi avevano colpito, all’epoca non si viaggiava molto. Mi ricordo che al mio ritorno la maestra mi chiese di parlare di questo viaggio a tutta la classe. Feci girare le foto, oggi sarebbe assurdo con tutte le possibilità che si hanno. Vedevo i miei compagni incuriositi. Mi sentivo molto fortunato.

Tornare con gli occhi di un me diventato adulto a Bali mi incuriosiva. Sarebbe stato un pò come riniziare.

Avevo già fatto parecchi viaggi in solitaria, ma mai così lunghi. Avevo lavorato nelle fattorie come volontario in Inghilterra per tre mesi a cui se ne erano aggiunti altri due. L’anno precedente, avevo vissuto a Mykonos per qualche mese così come in Brasile.

Era un rischio per il mio stato mentale attuale, di questo ne ero consapevole, ma forzando la mia natura decisi che era un sogno che andava realizzato.

Lasciare mio figlio Nicolò per 80 giorni, da solo, ad affrontare il suo primo anno di università in una città per lui nuova, pensai fosse una prova importante per entrambi. Ognuno con la sua avventura, uniti nella volontà di comprendere quanto fosse utile questo passaggio.

Un giorno, ben prima di organizzare il mio viaggio chiesi a lui cosa ne pensasse di questo mio desiderio. Mi rispose che era una cosa bellissima e che dovevo perseguire il mio sogno.

Era in un periodo della mia vita in cui mi sentivo immobilizzato. Il b&b su cui avevo investito molta energia, mi impegnava da marzo a ottobre. Non avevo più stimoli per fare altro. In più, eventi negativi avevano incrinato la passione per il mio lavoro di designer di interni, avevo deciso di chiudere lo studio e di lavorare da solo in casa.

La mia relazione con Giulia era terminata da un anno. Era durata tre anni.

Giulia era l’amore della mia vita,

ma come spesso mi accadeva scoprii di amarla tantissimo solo dopo. Dopo che, per superficialità, presi la decisione più stupida della mia vita.

Quando mi resi conto dell’errore commesso, cercai di riconquistarla per un anno intero ma non riuscii a cambiare il corso di eventi che quell’insana decisione aveva provocato.

Questa fu l’origine di una immensa sofferenza.

Una sofferenza mai provata, una sofferenza che mi portò a capire nel giro di poche settimane tutti i modi complessi che la mia mente elaborava per difesa. I silenzi erano la mia arma preferita per punirla quando le cose non andavano come volevo, ignorarla per settimane… avere davanti la donna che mi faceva impazzire dal primo giorno che l’avevo incontrata e far finta di non guardarla o far finta di essere altrove… è molto contorto e surreale

Avevo conosciuto Giulia anni prima in aeroporto a Mykonos. Stavo aspettando Alice, la mia compagna di allora che veniva a trovarmi per qualche giorno. Stavo lavorando all’apertura di un albergo nella baia di Agios Stefanos e vivevo in un alberghetto sulla spiaggia a Megali Ammos, il Markos Beach Hotel. Era un alberghetto molto semplice con 6 camere ma per me bellissimo. Ad Alice non piaceva perché non c’era la piscina e lo trovava troppo spartano per le sue esigenze. Si trovava su una spiaggia con pochissima gente e vicino al centro.

Giulia aveva una camicia bianca di lino, un pantaloncino di jeans, le birkenstock (all’epoca non erano di moda) e un costume nero che si intravedeva sotto la camicia. Aveva capelli lunghi castani ma quel giorno erano raccolti in una morbida coda. Io manco a dirlo invece infradito nere, costume nero e maglietta nera.

Aveva un profumo buonissimo, quel profumo maledetto in futuro mi avrebbe costretto a girarmi per cercarla; in ogni luogo dove mi fossi trovato…. pensavo sempre di girarmi e vederla li. Credo fosse il profumo di Narciso Rodriquez.

Stava aspettando la sua amica Francesca che l’avrebbe raggiunta dopo aver perso l’aereo il giorno prima.

Eravamo entrambi agli arrivi, ci scambiammo qualche occhiata, lei timida e io un fesso qualunque.

Volevo dirle qualcosa e con enorme fatica le chiesi se il volo da Milano fosse in ritardo. Uno normale avrebbe guardato il tabellone ma io volevo cercare un pretesto per parlare con lei.

Lei mi rispose di si e scoprii quel sorriso che mi conquistò subito.

Francesca arrivò prima di Alice, mi ricordo ancora come mi guardò, prima guardò me poi guardò lei poi riguardò me e poi riguardò lei sorridendo.

‘Avevo già capito tutto guardandoti le gambe‘ mi disse qualche mese più tardi ad una cena. Come mi chiamava Francesca io ero l’uomo pitturato (per via dei miei tatoo) e sosteneva che Giulia si sarebbe innamorata di me solo per le mie gambe.

Io e Giulia ci scambiammo i numeri di telefono velocemente, si allontanò con Francesca e appena fuori dalle porte scorrevoli degli arrivì si girò per guardarmi.

Nei giorni seguenti, Giulia mi invitò diverse volte in qualche locale o spiaggia e io cercavo di darle dei consigli sui posti migliori da vedere sull’isola.

Conoscevo Mykonos benissimo, amavo profondamente quell’isola. Arrivai a Mykonos per la prima volta a ventun anni dopo aver finito la stagione estiva come animatore in un villaggio in Calabria. D’estate lavoravo nei villaggi e d’inverno studiavo e nel weekend lavoravo in due locali di Milano.  Ora ero li per la ventesima volta e mi trovavo a vivere in un’isola a cui ero molto affezzionato. Conoscevo ogni baia, ogni punto, odiavo quando la gente mi parlava di Mykonos come se il Tropicana fosse la cosa più figa quando era la più Trash. Andavo sempre da Joanna a dormire al Markos Beach oggi gestito dalla figlia Mircella. Non volevo nessun altro posto, li mi sentivo a casa. Loro erano gentili, la vista sulla baia era per me spettacolare. Difronte alla baia poi c’era Tania che aveva la taverna Niko’s beach. Era il mio ristorante preferito, Tania dopo 20 anni mi trattava come un figlio. Tania 2 anni prima mi aveva chiesto se volessi disegnarle l’albergo ad Agios Stefanos, accettai immediatamente. L’idea di vivere li mi entusiasmava. Avevamo contrattato che il vitto fosse compreso nella mia parcella…ridemmo molto per questa mia proposta.

Io e Giulia non ci incontrammo mai a Mykonos, Alice era venuta per me e la nostra relazione anche se scricchiolante non mi permetteva di avvicinarmi a Giulia. Avevo detto a Giulia che ero lì con un amico. Non definivo mai Alice come la mia fidanzata. Dopo un mese, a fine ottobre tornai a Milano, il mio lavoro era concluso. Decisi di lasciare Alice, non ero felice e non sentivo nulla che mi potesse tenere legato a lei.

Alice era un avvocato, quelle sempre perfette, sempre coordinate che conoscono tutti. Quelle che se vuoi fare una serata tu e lei tranquilli devi prima andare a un aperitivo perché ti deve far conoscere quello o quell’altro… ’vedrai questo può esserti utile ecc ecc’. Io non avevo nessun interesse per quel mondo e il mio essere ecologista e vegetariano senza auto, portava sempre questa gente in doppio petto a far battute di bassissimo livello sul mio conto.

Era meglio lasciare Alice a quel mondo, io dovevo cercare il mio.

Nei mesi successivi cominciai (senza immaginarlo) a lavorare al mio progetto di vita, credevo potesse essere la cosa che mi avrebbe reso felice perché avrei realizzato il mio sogno.

Vivere e lavorare al mare.

Anni prima con i miei amici Ilaria e Aldo avevo cercato di aprire un b&b a Lipsi una piccola isola della Grecia ma non ci riuscì, il tutto sfumò in poco tempo. La Grecia è la mia seconda casa e aprire un’attività li era il mio sogno.

Sfumato il progetto Grecia partì per Lipari, in un weekend lungo con Nicolò. Scoprii questa isola molto sottovalutata delle Eolie. Amo scoprire i posti fuori stagione, senza il caos del turismo di massa. Dopo i primi giorni, girando tra i punti più belli dell’isola

ci ritrovammo per caso a svoltare in una stradina di campagna poco battuta, arrivammo ad uno spiazzo. Davanti a noi uno dei paesaggi più belli che abbia mai visto, un tramonto pazzesco illuminava le isole di Salina, Filicudi ed Alicudi. Tirai fuori il mio telefono e feci un video, il telefono riprese un cartello nella via laterale con scritto VENDESI.

Incuriosito convinsi Nicolò ad avventurarci per quella stradina e vedere cosa c’era in vendita. Era l’ora del tramonto, faceva caldo e Nicolò aveva fame quindi un po’ controvoglia mi accompagnò per quella stradina.

Arrivammo al cancello, non si vedeva granchè, c’era l’erba altissima.

Ragazzi avete Bisogno?

Dietro di noi spuntò Carmelo.

Carmelo era il classico siciliano tutto d’un pezzo, aveva le maniche della camicia tirate su ed era stretta sulla pancia, un cappello di paglia, i pantaloni da lavoro e la zappa in mano.

“Vorremmo vedere la casa è possibile?”  Dissi io

Queste furono le nostre prime parole di tante con Carmelo, sono passati tanti anni e ora è per me un secondo padre.

Entrammo e mi colpì subito! La mia vena architettonica si risvegliò all’istante, immaginare una casa con quella vista era un sogno. Avevo già il progetto in testa dopo pochi giorni, decisi di chiamare il proprietario ed iniziare una trattativa che mi portò in pochi giorni ad acquistare la casa. Da lì nacque Terra e Mare Casa Eoliana il mio b&b, mi avrebbe permesso di vivere e lavorare di fronte al mare.

Avevo tutti contro, amici famiglia, tutti mi dicevano la stessa cosa.

Sei matto?

Ma come farai?

In Sicilia?

La mafia?

Tornato a Milano cominciai a lavorare subito al progetto, in pochi giorni avevo tutto pronto.

In quei giorni mi scrisse Giulia ‘ti va un aperitivo domani sera? Sei libero?’ erano passati circa 3 mesi da Mykonos. Ci incontrammo in una stradina vicino casa mia, la vidi in lontananza, non ero convinto di quell’uscita. Giulia vive a Torino e quindi pensavo già a come potesse funzionare a distanza. Ma quando la vidi dissi due semplici parole ‘è lei’ la distanza e i dubbi si erano dissolti.

Aveva tagliato i capelli corti, aveva gli occhi truccati un po di nero… non so come si chiama quel tipo di trucco ma poco conta.

Ci abbracciammo e andammo subito a bere una cosa da Matilda un locale sui Navigli. Nell’abbraccio sentì di nuovo il suo profumo…

Mentre parlavamo capii che era la mia lei, era bellissima, elegante ma semplice con quel sorriso che mi faceva girare la testa. E poi quel maledetto profumo… Aveva una voce dolce Giulia e aveva dei modi eleganti ma naturali. Passammo una serata bellissima e le chiesi di rivederci subito la sera dopo.

Lei era senza la sua bimba quel weekend cosi era libera anche quella sera, aveva un aperitivo con le amiche quindi mi propose di raggiungermi piu tardi. Andammo a cena alla trattoria della Madonna un posto che piace a me, semplice con le tovaglie a quadretti e l’aria un po’ anni 50, dove quello che conta è capire chi hai davanti. Mi citofonò, ed eccola li. Era la prova del nove, era ancora ‘lei’? Si era ancora lei, la presi per mano e andammo verso il ristorante. Un gesto che feci naturalmente che lei contraccambiò, una intimità cosi non l’avevo mai provata ma Giulia era speciale. Mi ricordo che non guardai come era vestita, guardai solo il suo viso.

Era tutto normale come se ci conoscessimo da anni.

Quella sera dissi a Giulia del mio progetto e intravidi nei suoi occhi un po’ di preoccupazione.

Prima di tornare a Torino quella sera, abbracciai Giulia sotto casa mia e le diedi un bacio. Era un abbraccio bellissimo, intimo ed era la cosa piu bella che mi fosse capitata da tempo. La guardai andare verso l’auto, si girò e si accorse che la stavo guardando. Si imbarazzò, non pensava che fossi ancora lì e si girò di scatto, mi fece sorridere…

Troverai qui tutte le novità su questo libro

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Marco Manna
Marco Manna è cresciuto a Milano e vive tra la Sicilia e Milano. Padre, Designer tra le isole siciliane, appassionato di viaggi, sostenibilità, arte e architettura.
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