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Il Diavolo e io (o Le guerre perse)

Il Diavolo e Io (o Le guerre perse)
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Consegna prevista Gennaio 2024
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Fabio Mariani è un ventenne alla ricerca di sé stesso. Studia all’università ma non è soddisfatto, vorrebbe lasciare ma non vede alternative all’orizzonte. Sullo sfondo di una Roma autunnale, saranno due incontri a cambiare le carte in tavola: quello con Giulia, una ragazza per la quale comincerà a provare dei sentimenti, e quello con un uomo che sostiene di essere il Diavolo, una presenza sfuggevole e apparentemente onnisciente. La storia di un anno della vita di Fabio, tra dialoghi con il Diavolo e turbamenti d’amore. Nel frattempo, la passione per la sua Lazio, le difficoltà dei vent’anni e la ricerca di una nuova dimensione.

Perché ho scritto questo libro?

Ho scritto questo libro perché una sera mi sono addormentato con una frase in testa. A poco a poco mi sono reso conto che a partire da quella frase potevo costruire una cornice per raccontare una bella storia. In quella storia poi ho fatto confluire molto di me e di una parte della mia vita che avevo bisogno di metabolizzare.

ANTEPRIMA NON EDITATA

Il Diavolo e Io (o Le guerre perse)

Epilogo, parte prima.
Fu il Diavolo in persona a svegliarmi quel giorno, lo avevo incontrato spesso nei mesi precedenti ma non si era mai presentato a casa mia, nel piccolo appartamento in Via del Castello Di Carte numero dodici. Era un freddo giorno di gennaio, un lunedì, e la nebbia aveva tolto colore al mondo circostante. Ricordo che la vista del Diavolo mi stupì perché di solito lo incontravo quando ero fuori, anche nei posti più strani, ma mai in casa. Quel lunedì, però, si presentò accanto al mio letto, mi picchiettò sulla spalla mentre mi sussurrava di svegliarmi ed io puntualmente aprii gli occhi, quello che si dice sul suo potere di persuasione è piuttosto vero, secondo la mia esperienza. Quando vide che mi stavo destando si sedette sulla poltroncina vintage un po’ sdrucita che tenevo accanto all’armadio e incrociò le gambe come faceva sempre. Con l’impareggiabile eleganza che solo una creatura demoniaca può avere, sorrise e allargò le braccia. Mi tirai su con la schiena e mi appoggiai al muro restando seduto a letto, mi stropicciai gli occhi e faticosamente realizzai che il Diavolo desiderava di nuovo parlarmi.

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– Buongiorno caro! – esordì con la sua voce calda e suadente.

Aspettò una mia risposta, sempre tenendo le braccia spalancate come ad accogliermi.

– Buongiorno signor Diavolo – risposi con voce stentata.

– Ancora con questo “Signore”? È più di un anno che ci conosciamo ormai, sento che si è sviluppata una sorta d’intimità tra di noi ma tu continui a trattarmi come uno sconosciuto. –

– Signor Diavolo non vorrei risultarle scortese, ma preferisco così. –

Tenne uno sguardo perplesso, quasi deluso, per una frazione di secondo e poi, come se nulla fosse accaduto, si alzò di scatto dalla poltroncina e mi venne incontro mostrandomi un sorriso a trentadue denti.

– Bene Fabio, veniamo al dunque. Ti starai chiedendo perché sono qui questa mattina. – risposi con un cenno di assenso. – Beh, non c’è una risposta precisa, semplicemente mi sembrava la cosa migliore da fare e quindi l’ho fatto. –

Mi alzai a fatica dal letto e aprii le tapparelle dell’unica finestra nella stanza, ne entrò una luce bianchissima che riempì l’ambiente.

– Non so perché, ma non mi stupisce più di tanto. – riuscii a dire prima che lui ricominciasse a parlare.

– Insomma, stamattina l’istinto mi ha detto il tuo nome, e quindi eccomi qua. – distolse per un attimo lo sguardo da me, sembrò distrarsi per un attimo e poi di nuovo si voltò, mi scrutò con cura dalla testa ai piedi e viceversa.

– Ma ogni tanto ti guardi allo specchio? – mi chiese allora e poi riprese senza attendere la mia risposta – Mi dai l’impressione di esserti un po’ lasciato andare da un paio di mesi. Hai messo su una discreta pancetta. 

Mi guardai nello specchio per alcuni istanti, aveva pienamente ragione, me ne ero accorto anche io, ma non avevo avuto mai il coraggio di dirmelo.

– E questi quadri? Li hai fatti tu? – riprese, indicando delle tele appese al muro in maniera sommaria.

– Sì li ho fatti io, ultimamente dipingo.

– “Dipingi” mi sembra un parolone, al massimo scarabocchi.

– Mi scusi Signor Diavolo, se è venuto per insultarmi può anche andarsene subito, non sono interessato a sentirmi offendere per tutto il giorno. – avevo imparato che gli piaceva che io rispondessi a tono, come si può immaginare è un grande fan delle discussioni, soprattutto di quelle particolarmente sterili. Fui io stavolta a non aspettare che controbattesse e uscii dalla camera strisciando pigramente le pantofole sul vecchio parquet. Mi diressi in cucina, o meglio, mi diressi nella stanza che era ingresso, salotto e cucina della piccola casa in cui vivevo, aprii il frigorifero e tirai fuori il cartone del latte come ogni mattina. Dalla mensola sopra al lavandino presi la tazza e ci versai latte e caffè solubile, mescolando con un cucchiaino per agevolarne lo scioglimento.

Lasciai tutto sul tavolino mentre gli ultimi grani di caffè solubile roteavano in sospensione sulla superficie del liquido. Mi voltai di nuovo verso i pensili della cucina e da un’altra mensola estrassi una scatola di corn flakes mezza vuota. Quando feci per richiudere lo sportello, vidi che il Diavolo si era materializzato lì dietro, accanto a me, guardandomi compiaciuto. Aspettò che mi fossi seduto, si accomodò anche lui sulla sedia di fronte a me e disse:

– Hai presente i granelli di caffè che ogni tanto non si sciolgono? Quelli che peschi per sbaglio cercando di mangiare i cereali e sono così amari che ti rovinano il palato? – non alzai lo sguardo dalla tazza e cominciai a mangiare – Opera nostra – continuò – nell’aldilà ci divertiamo un casino a vedervi imprecare di prima mattina. – concluse sogghignando.

– Idea geniale. – risposi, fingendo disinteresse. In realtà dentro ribollivo, conoscevo benissimo quella sensazione, e la odiavo, ma non volevo dargli quella soddisfazione.

– Senta Signor Diavolo, c’è qualcosa in particolare che deve dirmi? Qualcosa che devo fare per lei? O è venuto solamente per darmi fastidio? – lo incalzai.

Ci pensò su per qualche secondo, poi mi guardò dritto negli occhi, ricambiato, e con tutta la calma del mondo mi disse:

– Credo di no, fai come se non ci fossi e vai avanti con la tua giornata. Suppongo che accadrà qualcosa di interessante, altrimenti non sarei qui, il mio istinto stamattina era di poche parole, non mi ha spiegato bene. –

– Ottimo. – realizzai che mi si prospettava una giornata molto lunga e sospirai, fu un riflesso spontaneo, ingenuo eppure importante, il Diavolo ne fu particolarmente soddisfatto.

Continuai silenziosamente a fare colazione, mentre il mio ospite si aggirava nel salotto-cucina curiosando tra le mie cose. Non produceva alcun rumore quando camminava, così l’unico suono che riempiva l’ambiente era quello dei miei denti che masticavano i cereali, sempre che non lo sentissi solamente nella mia testa.

– Hai un sacco di libri. Ma li hai letti tutti? – conosceva già la risposta, quindi non aspettò alcuna replica – Poi ho visto che hai un sacco di cassette, quasi tutte masterizzate tra l’altro. Hai qualche vinile e pure alcuni CD, mi sembra strano, hai poco più di vent’anni. – questa volta la perplessità sembrava vera, quindi risposi:

– I vinili erano quasi tutti di mio padre, le cassette le ho raccattate in giro per le case dei parenti, così come qualche CD, le altre cose le ho comprate io. – Mi alzai dalla sedia e gli feci incontro – Qualche volta mi piace ascoltare la musica sul mezzo per cui era stata pensata, lo faccio anche con i vecchi videogiochi.

Si prese il suo tempo, poi mi guardò interessato. Si girò verso lo scaffale delle cassette, ne estrasse una e me la passò. La infilai nel lettore senza leggere l’etichetta, volevo farmi stupire. Premetti il pulsante “play” e subito dalle casse uscì imperturbabile la voce senza eguali di Battiato: Una vecchia bretone / Con un cappello e un ombrello di carta di riso e canna di bambù. Scelta senza dubbio interessante.

– Sai, avrei detto che lo fai per darti un tono, intendo il fatto che tieni in casa le cassette e i vinili – voleva provocarmi, lo sapevo e scelsi di accettare la sfida.

– Devo dirle la verità, ho iniziato così, però ho capito immediatamente che serviva a poco o niente e alla fine ho scoperto che mi piace davvero. –

Mi guardò soddisfatto e mi abbracciò, la sua stretta dava una sensazione di freddo alla schiena, o almeno quello era l’effetto che faceva su di me, la stessa di quando appoggi i piedi nudi su un pavimento freddo.

– Quindi le piace Battiato? – chiesi non appena mi sciolse dall’abbraccio.

– Non lo conosco molto bene, ma sembra un tipo in gamba. –

In un istante era scomparso, mi voltai e lo vidi che frugava nella dispensa, sospirai e mi avvicinai di nuovo a lui.

– Ho fame. – disse.

– Ho dei corn flakes, qualche cracker e un paio di scatole di fagioli. Veda lei se qualcosa può andarle bene. –

– Preferirei mangiare sabbia piuttosto che fagioli in scatola e crackers. –

– E i corn flakes? –

– Finisco quelli che ti sono rimasti nella tazza. – si materializzò sulla sedia dove prima stavo mangiando e cominciò a fare altrettanto, dovetti constatare che la mia colazione era finita. Chiusi gli occhi, sospirai e mi voltai, a quel punto non restava che andare a vestirsi. Mentre camminavo nello stretto corridoio che mi separava dalla camera da letto sentii un gemito dalla cucina.

-Mmmh. Maledetto caffè solubile! –

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Gianmarco Busso
Sono nato nel 1999 a Orvieto e da allora vivo a Baschi, una cittadina in provincia di Terni. Sono laureato in scienze della comunicazione e lavoro in un'azienda vitivinicola. Fin da bambino ho la passione della letteratura e, più in generale, sono affascinato da qualsiasi storia, da qualche anno provo a raccontare le mie storie. Ho così tante passioni da non riuscire a contarle, ma se dovessi scegliere direi che le più importanti sono lo sport, la storia e l'arte in tutte le sue forme.
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