«Signor Diavolo, non vorrei risultarle scortese, ma preferisco così.»
Tenne uno sguardo perplesso, quasi deluso, per una frazione di secondo e poi, come se nulla fosse accaduto, si alzò di scatto dalla poltroncina e mi venne incontro mostrandomi un sorriso a trentadue denti.
«Bene, Fabio, veniamo al dunque. Ti starai chiedendo perché sono qui questa mattina.»
Risposi con un cenno di assenso.
«Be’, non c’è una risposta precisa, semplicemente mi sembrava la cosa migliore da fare e quindi l’ho fatto.»
Mi alzai a fatica dal letto e aprii le tapparelle dell’unica finestra nella stanza, ne entrò una luce bianchissima che riempì l’ambiente.
«Non so perché, ma non mi stupisce più di tanto» riuscii a dire prima che lui ricominciasse a parlare.
«Insomma, stamattina l’istinto mi ha detto il tuo nome, e quindi eccomi qua.» Distolse per un attimo lo sguardo da me, sembrò distrarsi e poi di nuovo si voltò, mi scrutò con cura dalla testa ai piedi e viceversa. «Ma ogni tanto ti guardi allo specchio?» mi chiese allora e poi riprese senza attendere la mia risposta: «Mi dai l’impressione di esserti un po’ lasciato andare da un paio di mesi. Hai messo su una discreta pancetta».
Mi studiai nello specchio per alcuni istanti, aveva pienamente ragione, me ne ero accorto anche io, ma non avevo avuto mai il coraggio di dirmelo.
«E questi quadri? Li hai fatti tu?» riprese, indicando delle tele appese al muro in maniera sommaria.
«Sì, li ho fatti io, ultimamente dipingo.»
«“Dipingi” mi sembra un parolone, al massimo scarabocchi.» «Mi scusi, signor Diavolo, se è venuto per insultarmi può
anche andarsene subito, non sono interessato a sentirmi of- fendere per tutto il giorno.» Avevo imparato che gli piaceva che io rispondessi a tono, come si può immaginare è un gran- de fan delle discussioni, soprattutto di quelle particolarmen- te sterili. Fui io stavolta a non aspettare che controbattesse e uscii dalla camera strisciando pigramente le pantofole sul vecchio parquet. Mi diressi in cucina, o meglio, mi diressi nella stanza che era ingresso, salotto e cucina della piccola casa in cui vivevo, aprii il frigorifero e tirai fuori il cartone del latte come ogni mattina. Dalla mensola sopra al lavandino presi la tazza e ci versai latte e caffè solubile, mescolando con un cucchiaino per agevolarne lo scioglimento.
Lasciai tutto sul tavolino mentre gli ultimi grani di caffè solubile roteavano in sospensione sulla superficie del liquido. Mi voltai di nuovo verso i pensili della cucina e da un’altra mensola estrassi una scatola di cornflakes mezza vuota. Quando feci per richiudere lo sportello, vidi che il Diavolo si era materializzato lì dietro, accanto a me, e mi guardava compiaciuto. Aspettò che mi fossi seduto, si accomodò anche lui sulla sedia di fronte a me e disse: «Hai presente i granelli di caffè che ogni tanto non si sciolgono? Quelli che peschi per sbaglio cercando di mangiare i cereali e sono così amari che ti rovinano il palato?».
Non alzai lo sguardo dalla tazza e cominciai a mangiare.
«Opera nostra,» continuò «nell’aldilà ci divertiamo un casino a vedervi imprecare di prima mattina» concluse sogghignando. «Idea geniale» risposi, fingendo disinteresse. In realtà dentro ribollivo, conoscevo benissimo quella sensazione, e la odiavo, ma non volevo dargli quella soddisfazione.
«Senta, signor Diavolo, c’è qualcosa in particolare che deve dirmi? Qualcosa che devo fare per lei? O è venuto solamente per darmi fastidio?» lo incalzai.
Ci pensò su per qualche secondo, poi mi guardò dritto negli occhi, ricambiato, e con tutta la calma del mondo mi disse: «Credo di no, fai come se non ci fossi e vai avanti con la tua giornata. Suppongo che accadrà qualcosa di interessante, altrimenti non sarei qui, il mio istinto stamattina era di poche parole, non mi ha spiegato bene».
«Ottimo.» Realizzai che mi si prospettava una giornata molto lunga e sospirai, fu un riflesso spontaneo, ingenuo eppure importante, il Diavolo ne fu particolarmente soddisfatto.
emanuele bagnoli (proprietario verificato)
Romanzo molto scorrevole e piacevole che allo stesso tempo permette una riflessione sulla felicità e sulle relazioni con noi stessi e gli altri.