Ecco, il punto merita una breve digressione.
Chi mi conosce bene sa quanto sia importante l’aspetto religioso nella mia vita, anche se lo ritengo un cammino/percorso davvero complicato.
Per questo faccio del mio meglio seppure immersa in continue cadute ed errori ricorrenti.
Quindi a te che stai leggendo e che pensi che troppo spesso ho “predicato bene e razzolato male”, sì, hai certamente ragione.
E magari queste pagine aiuteranno anche me a rendermene conto.
Ma per tornare a quanto dicevamo prima, all’epoca, avevo accanto amici, parenti, conoscenti, colleghi di lavoro ai quali non interessava minimamente parlare di fede o delle mie attività in parrocchia.
Con queste persone confrontarsi su certi argomenti poteva risultare scomodo se non addirittura impossibile.
Ma non per questo chi mi stava accanto doveva essere eliminato dalla mia vita; alcuni di loro, anche senza saperlo, ogni giorno compivano azioni che le avvicinavano all’essere cristiani più di quanto non lo fossi io.
Alle volte essere cristiano si manifesta nel tendere una mano (in senso fisico ma anche come un aiuto economico) a chi ne ha bisogno oppure semplicemente nell’essere presenti con il corpo e con la mente.
Troppo spesso sentiamo gli altri parlare senza veramente ascoltarli; credo che anche questo sia un gesto di carità.
Ripensando quindi agli anni nei quali parlare di fede era molto più difficile, perché in netta controtendenza rispetto alla massa, credo che il concetto di dono sia nato proprio lì.
Non ho dubbi sul fatto che la fede mi abbia portata a ringraziare Dio per quello che ogni giorno la vita mi offre (anche per il risveglio ogni mattina).
Sarebbe però limitante affermare che il dono che mi sono resa conto di aver ricevuto sia solo quello.
Il dono più grande credo sia l’aver portato avanti il mio credere e pregare Dio indipendentemente da quello che le persone intorno a me pensano.
Non posso certo ritenermi una martire, è però vero che, nel mio piccolo, mi è stato dato il dono di combattere le quotidiane battaglie di indifferenza e di sarcasmo.
Un esempio: nei tre giorni che precedono la Pasqua ritengo importante partecipare alle celebrazioni del “Triduo” (giovedì santo, venerdì santo, veglia del sabato sera) e quindi raccontare ad amici e colleghi che non potevo andare all’aperitivo perché dovevo andare a messa o perché il venerdì di quaresima faccio digiuno non è mai stato facile.
O ancora, far finta di nulla di fronte agli sguardi di chi si stranisce quando racconti di andare a messa tutte le domeniche.
Pensa che ancora oggi mi sento spesso dire dagli amici e da persone vicine che sono l’unica che conoscono che parla di fede, che va in chiesa, che si ritira in preghiera per pellegrinaggi.
Ecco. La perseveranza nel cercare di ancorare alcune decisioni alla fede è stato per me un dono.
La consapevolezza di averlo ricevuto, però, è sopraggiunta davvero dopo molto tempo (e poi mai davvero completamente).
Ma al di là di ciò che significa per me il dono, questo libro non vuole parlare di religione, di fede.
Ci sono infatti altri doni che si presentano a noi tutti i giorni e che ci capita di lasciar correre.
Quei doni che potrei definire, o potresti definire, il lato positivo della giornata. Quell’aspetto che troppo spesso risulta nascosto e impossibile da riconoscere.
Solo attraverso la scoperta del dono del quotidiano si può iniziare a sostituire e mutare la prospettiva di come guardiamo certe cose.
Qualcuno utilizzerebbe, addirittura, termini ancora più concreti come cambiare paradigma, allargare lo sguardo o sfruttare il pensiero laterale.
Quello che vorrei trasmetterti attraverso il libro non è il concetto di vivere in un mondo di utopia, uno in cui far finta che le situazioni difficili non esistano e in cui vivere diventa come essere catapultati in un cartone animato o, come dico sempre, nel mondo di Memole.
Trovare il lato bello è importante per comprendere che ogni giorno ci insegna qualcosa: comprendere che un comportamento può essere evitato, che una discussione può essere affrontata da punti di vista differenti.
Le difficoltà del quotidiano rimarranno, ma sarà come noi facciamo tesoro di quello che ci hanno insegnato che potrà confortarci e sostenerci nel cammino di ogni giorno.
Posso, a questo punto, dirti cosa non troverai in questo libro. Tra le pagine non ci saranno le “dieci regole” per scoprire il dono o il vademecum per cercare il lato positivo delle cose.
Ritengo di non avere le competenze e lascio che siano altri più esperti a consigliarti.
Il mio racconto sarà più simile a un cammino.
Troverai spesso le mie dirette esperienze e cosa ho scoperto incontrando persone e ascoltandole, leggendo libri, meditando o rimanendo sola con la mia rabbia.
Se attraverso le pagine scoprirai di aver vissuto le stesse esperienze o di aver usato le stesse parole, allora questo libro avrà raggiunto il suo scopo.
Diventerà il tuo dono.
Nel cammino di lettura ti imbatterai anche in pagine con alcune righe bianche.
Be’, non è che avessi finito le idee. Volevo lasciarti spazio per raccogliere le tue, appena ti verranno, in modo che tu possa fare di questo percorso anche un tuo diario.
Non mi resta che augurarti buona avventura in questa lettura.
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