* Capitolo 1 *
Dalla finestra della camera da letto entrava una luce fioca, l’inverno incombeva, gli abitanti di Gregtown avevano già provveduto a far scorta di legname da ardere nei loro camini, per affrontare la stagione più difficile. La luna piena non riusciva ad illuminare concretamente le strade della cittadina, poiché le nuvole nascondevano la sua energia e si scorgevano solamente le sagome fredde delle piante, ormai private da tempo della loro verde chioma.
Il Detective Simon Moore, come ogni sera, aveva faticato a prendere sonno, dopo una giornata trafficata e una serata difficile, sperava di addormentarsi appena toccato il letto, ma solo dopo alcune ore riuscì invece ad assopirsi. La calda coperta proteggeva il giovane detective dagli incubi ricorrenti che lo rendevano insonne. Considerato lo sviluppo difficile della giornata, tutto sommato, pareva una nottata tranquilla. Simon sembrava riuscire a riposare, quando all’improvviso un suono acuto ruppe il silenzio pacifico della stanza. “Driiin… Drin… Driiin…”
Il telefono cellulare di Simon squillò per qualche minuto prima che il detective riuscì ad aprire gli occhi e a comprendere cosa stesse accadendo, non ci credeva nemmeno lui ma aveva bisogno di un bel sonno ristoratore e prima che quel frastuono lo interruppe ci stava riuscendo. Accese la vecchia bajour che troneggiava solitaria sul comodino, forse gliel’aveva regalata una vecchia zia, non ricordava, l’unica cosa certa e che non la puliva da diversi mesi, infatti, era presente un po’ di polvere sulla parte superiore. Simon prese il cellulare, prima controllò l’ora: 4:30, successivamente lesse il nome del disturbatore, era un collega della centrale. “Pronto.” Borbottò a voce bassa, non era certamente un campione di socializzazione, se poi gli si chiedeva uno sforzo simile a quell’ora della notte, Simon proprio non ci stava. “Simon, sono Lionel, devi recarti al più presto in centrale, con ogni probabilità siamo di fronte al caso di rapimento di un bambino, la squadra è in attesa.” La voce di Lionel Thin non lasciava trasparire nulla di buono, non aveva dato molti dettagli, ma il detective si aspettava il peggio.
“Ok, arrivo subito.” Concluse Simon terminando la chiamata con una velocità degna di un puma che si avventa sulla preda. Probabilmente Lionel sarà rimasto attaccato all’apparecchio sentendo lo squillo a intermittenza della linea libera, prima di comprendere che il detective aveva già posto fine alla comunicazione. Simon si sedette sul bordo del letto per qualche minuto, stava riflettendo circa la chiamata ricevuta, i suoi occhi blu erano fissi sul pavimento e il suo viso era contratto in una smorfia pensierosa, qualche ruga si intravedeva sulla sua giovane fronte. “Sono un detective della omicidi, perché chiamarmi a quest’ora della notte per un presunto rapimento?” La domanda continuò a perseguitarlo incessantemente. Mise un paio di jeans, una camicia stropicciata, poi si ricordò del freddo che stava per arrivare e decise di mettersi un golfino sopra alla camicia. Il maglioncino scolorito non si addiceva a un uomo con un ruolo così importante che stava per incontrare la squadra al completo, compresi i suoi superiori. Simon non badava alle apparenze, forse proprio questo lo rendeva concreto, il detective più abile della contea, promosso a quella posizione giovanissimo, con un’altissima percentuale di casi risolti, ma assegnato ad una cittadina tranquilla. La politica non accettava il suo modo di essere, si era ripetuto più volte nella mente per giustificare la sua assegnazione a una cittadina marginale come Gregtown. Ancora non era entrato nel vivo del lavoro, ma aveva svolto solamente mansioni da ufficio, ora però il suo fiuto da detective si era riattivato, voleva vederci chiaro al più presto, prese il giubbotto e in tutta fretta si diresse verso il parcheggio adiacente al suo appartamento in affitto per dirigersi in centro città, al comando.
* Capitolo 2 *
Simon si precipitò in macchina, un colpo assordante certificò la chiusura della portiera, non aveva mai avuto riguardo per gli oggetti, nemmeno per le persone in realtà, figuriamoci per una vettura. L’aveva acquistata appena diplomatosi all’accademia militare, era già vecchia appena presa, ma nonostante gli anni camminava bene, anche se l’impressione era che potesse lasciarlo a piedi da un momento all’altro.
Ingranò la marcia e uscì dal parcheggio immettendosi sulla via principale, non diede precedenza a nessuno, si buttò con grinta e le ruote del suo macinino emisero un fischio e un po’ di fumo, si sentì puzza di copertone bruciato. First Boulevard era deserta a quell’ora tarda della notte, per questo non si preoccupò del traffico. La strada era l’arteria principale della cittadina, ma Simon viveva nella sua parte più estrema fuori città e doveva percorrere qualche chilometro prima di trovarsi davanti alla centrale operativa. Avrebbe dovuto passare il centro cittadino di Gregtown, una piccola realtà tranquilla sorta nel bel mezzo del verde canadese negli anni d’oro dell’estrazione mineraria: freddo, poco divertimento, ma tutto sommato si viveva tranquilli, certo non vi era l’eccitazione frenetica della capitale dalla quale arrivava lui. Aveva vissuto lì la sua infanzia e la sua adolescenza, ma era stato assegnato ormai in questa landa desolata, avrebbe dovuto solamente stringere i denti ed aspettare l’occasione giusta per emergere, farsi notare e andarsene. Che fosse proprio questa l’occasione che attendeva con tanta frenesia?
La foresta che costeggiava First Boulevard risultava spettrale, illuminata solo in parte sembrava sogghignare i passanti e lasciava presagire che potesse nascondere qualunque mistero.
Se il bambino si fosse perso per quella foresta, pensò Simon, sicuramente sarebbe stata per lui un’esperienza devastante, lo avrebbero trovato impaurito, magari rintanato in qualche nascondiglio di fortuna. Tra il freddo della notte e la presenza di fauna selvatica non c’era tempo da perdere.
Simon accelerò ulteriormente e in poco tempo si trovò in centro città. Dapprima sorpassò diverse case solitarie, poi la densità urbana aumentò, stava passando la parte residenziale di Gregtown, alcuni palazzi osservavano la cittadina dall’alto, beffardi delle piccole case e dei negozi circostanti, ma in realtà non erano palazzi paragonabili ai grattacieli che si ergono nelle grosse metropoli pensò Simon, li fece quindi apparire meno maestosi e più ordinari. Per le vie non si vedeva nessuno, nel tragitto aveva incontrato poche macchine, forse due, non aveva prestato molta attenzione. Tutto era curato alla perfezione, strade appena asfaltate, vie ornate di fiori finti, il sindaco voleva conservare un pizzico di primavera anche nella stagione più fredda, lampioni accesi che davano al paesaggio un’anima quasi fiabesca. La piazza principale sembrava una cartolina, una piccola fontana al centro riposava nella notte,
“Probabilmente l’attivano solo durante degli eventi importanti.” Pensò lui, una chiesa modesta ma ben tenuta riempiva il panorama. Superò la piazza e parcheggiò la sua auto, che un tempo era di colore bordeaux ed ora era scolorita, lungo la strada nei posteggi riservati al personale del comando.
La centrale operativa sorgeva in un palazzo anonimo e vecchio con i mattoni a vista, lo stile era molto vicino ai famosi loft residenziali, era stata ricavata da una vecchia fabbrica andata in fallimento decenni fa. Non c’era la magia della sede dell’Intelligence della capitale dove risiedevano i migliori investigatori del Paese, si trattava di una normalissima centrale di polizia con uffici, scrivanie e una piccola prigione impiegata raramente perlopiù per reati minori come
ubriachezza molesta. Gregtown era una cittadina pacifica. Simon, ad ogni modo, aveva preteso che venisse adibito uno spazio per le operazioni investigative e aveva subito formato una squadra con altri tre poliziotti che si erano distinti nelle città vicine, gli unici che avessero visto per davvero il crimine in prima persona. Nella parte posteriore rispetto agli uffici del secondo piano si estendeva l’area investigativa: più uffici uniti insieme in una grande sala spaziosa, dominata da una grande lavagna bianca, forse era arrivato finalmente il momento per poterla utilizzare realmente. Simon si avvicinò, abbassò la maniglia della porta blindata che difendeva il palazzo e la aprì lentamente.
* Estratto del Capitolo 5 *
Il Sommers Village era un agglomerato di case prefabbricate con piccoli giardini mal curati sul davanti, strade con qualche rifiuto abbandonato qua e là, ma tutto sommato il clima che si viveva era pacifico e tranquillo, sembrava di essere immersi in un film americano.
Franklin indicò a Simon la casa di Marcos e i due si diressero verso l’entrata. La porta di legno bianco era protetta da una zanzariera mal progettata, ormai ricurva dall’usura e sgualcita. I due provarono ad entrare, ma la serratura non sembrava essere manomessa. Non avevano gli attrezzi per aprire la porta e avrebbero dovuto chiamare la centrale ed attendere un operatore. Aspettare sarebbe stata una perdita di tempo, Simon pensò subito che il malvivente avesse intercettato Marcos prima che egli riuscì ad entrare in casa, altrimenti non riusciva a spiegarsi come aveva fatto ad entrare il rapitore. Solo la scientifica avrebbe potuto capire se effettivamente la porta fosse stata abilmente manomessa senza lasciare alcuna traccia, ma il detective sapeva il fatto suo, anche senza perizia sospettava che quella porta non fosse stata toccata, la scientifica non avrebbe trovato nessuna traccia utile.
I due si guardarono intorno, Franklin andò sul retro e Simon osservò strada e giardino. Sul retro non vi era granché, una via stretta e poi la casa successiva, una piccola finestra dominava la parete posteriore, era chiusa e non mostrava segni riconducibili ad uno scasso.
Anche sul davanti e lateralmente non vi erano grandi indizi, il giardino mal curato presentava erba alta, era difficile trovare delle tracce. Le altre finestre erano intonse e sulla strada non vi erano segni evidenti.
Franklin preso dallo sconforto imprecò ad alta voce, Simon piegato con le ginocchia sull’asfalto stava notando dei segni di pneumatico, ma probabilmente erano di molto antecedenti alla notte del rapimento, “Falsa pista!” Mentre stava per rialzarsi intravide dei riccioli biondi muoversi rapidamente da dietro alle tende color bianco della casa di fronte, qualcuno stava spiando il loro operato […]
* Intermezzo *
Un ricordo gli riaffiorò in mente e una lacrima gli sgorgò dall’occhio. Il liquido segnò il suo percorso sulla guancia e terminò la corsa fra le sue labbra, un sapore salato lo pervase sostituendosi al gusto metallico del sangue. La rievocazione era così realistica che l’odore disgustoso di alcol etilico gli pervadeva la mente, l’alta e robusta figura di suo padre si ergeva minacciosa davanti a lui. La madre, ormai inerme sul pavimento, nemmeno questa volta era riuscita a sfuggire all’ira dell’uomo. Rannicchiato stringendosi le ginocchia, subiva i colpi violenti e ripetuti del padre. Era solo un bambino, solo un bambino.
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