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Il meglio di me – La mia rinascita quotidiana

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Dalla perdita più devastante nasce un viaggio di consapevolezza, in cui ogni passo è una scelta di cura verso se stessi. Carola attraversa il dolore, l’assenza, la solitudine, e riscopre nel silenzio la propria voce. Grazie alla scrittura e ai ricordi, impara a riconoscere la forza nelle fragilità, a guardarsi allo specchio e a mettere insieme i frammenti.

Una storia di rinascita quotidiana che invita a riscoprire la propria centralità, ad accogliere i passaggi difficili e a trasformarli in spazio interiore. Perché ricominciare non significa tornare indietro, ma scegliere di restare fedeli a se stessi.

Tutto parte da qui

Pensava di sprofondare… il giorno in cui è venuta a mancare sua madre pensava di sprofondare. La terra non c’era più sotto i suoi piedi, non capiva perché fosse successo e, nonostante sua madre fosse malata da tempo, non era preparata a questa perdita. Un figlio non è mai preparato. Ha pianto tanto, era come se la sua persona non esistesse più, come se anche la sua anima fosse andata via con lei.

Poco prima di questa grave perdita, aveva fatto un sogno: c’erano lei e sua madre e a un certo punto non la trovava più, la cercava per le vie della città ma nulla… La mattina successiva aveva deciso di telefonarle per raccontarle quanto il sogno l’avesse turbata. La mamma le aveva risposto di stare tranquilla e fare una preghiera. Un mese dopo quel sogno la sua dolce mamma è venuta a mancare.

Aveva sempre avuto un rapporto speciale con sua madre, sapevano di essere fondamentali l’una per l’altra. Da quando Carola si era trasferita fuori città, si sentivano ogni giorno, più volte al giorno, per raccontarsi e supportarsi. Da quando avevano avuto notizia della malattia della mamma era come se il loro legame si fosse intensificato ancora di più. Entrambe sapevano che un giorno sarebbe successo, sapevano che le loro vite si sarebbero separate, ma era come se tra le due ci fosse un tacito accordo sulla decisione di evitare l’argomento, era come se la malattia non ci fosse, non esistesse realmente. Questo accadeva anche durante il periodo in cui giravano per ospedali attendendo le continue diagnosi, che confermavano sempre la stessa cosa, durante le varie terapie, anche quando la malattia era visibile ai loro occhi, perché il viso della donna diveniva sempre più scavato e il suo peso diminuiva a vista d’occhio. Anche in quei momenti era come se la malattia non ci fosse. Avevano deciso di viversi appieno, fino all’ultimo giorno.

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Dopo un anno e mezzo dalla perdita di sua madre, aveva perso anche suo padre: all’improvviso il suo cuore aveva deciso di smettere di battere. Non aveva avuto il tempo di riprendersi dalla perdita della figura materna ed ecco che anche la vita di suo padre era arrivata al suo ultimo giorno, senza alcun preavviso. Non aveva avuto la possibilità di salutarlo, di abbracciarlo per l’ultima volta, o meglio, il giorno in cui l’aveva salutato non sapeva sarebbe stato l’ultimo in cui lo avrebbe vissuto.

Quando si perde un genitore è come se si perdesse una parte di sé, quella parte che è sempre stata lì a proteggerti, senza alcun giudizio. La parte silenziosa e forte. La parte solida. Un genitore, da quando ti mette al mondo fino alla fine dei suoi giorni, è lì con te, oltre il tempo e le distanze, oltre le incomprensioni, è lì.

Tendi a chiuderti in te stesso, a non voler parlare con nessuno perché nessuno a tuo parere può capirti, nessuno può sentire il tuo dolore. In effetti è così. Solo tu, tu che hai subìto, puoi sentire quanto il tuo respiro sia cambiato, quanto le giornate abbiano un altro sapore, quanto i discorsi che hai sempre fatto o i pensieri che hai sempre avuto siano in un certo qual modo cambiati. La verità? Il cambiamento è interiore, è profondo. Tu sei cambiato. La tua persona ha subìto un mutamento, le tue lacrime hanno un altro sapore. È come se all’improvviso tu fossi maturato. È come se all’improvviso ti si aprisse nell’anima una porticina. Quella porticina si chiama “aspettativa”. È l’aspettativa che hai nei tuoi confronti. È l’aspettativa che ti porta a pensare che tu, la tua persona, ha priorità. Non è egoismo o menefreghismo verso l’esterno, si tratta solo del riconoscimento del bene che hai verso l’interno, verso te stesso. È come se il profondo dolore ti avesse portato ad accorgerti di quanto sia importante la serenità, la tua serenità. È paradossale, è vero, ma accade. In psicologia si chiama “profezia che si autoavvera”.

Robert K. Merton, sociologo statunitense, introdusse questo concetto nel 1948 come “una supposizione o profezia che per il solo fatto di essere stata pronunciata, fa realizzare l’avvenimento presunto, aspettato o predetto, confermando in tal modo la propria veridicità”. Merton trasse ispirazione dalla formulazione che il sociologo americano William Thomas aveva dato attraverso l’omonimo teorema: “Se gli uomini definiscono certe situazioni come reali, esse sono reali nelle loro conseguenze”.

La tua persona diventa prioritaria, il tuo benessere diventa prioritario. Inizi a focalizzarti su te stesso. Cosa mi fa stare bene? Quali sono i valori in cui credo fermamente? Quali sono i passi che voglio fare nella mia vita?

Nel caso di Carola, ciò che la fa star bene veramente è l’amore, in particolare l’amore per la sua famiglia, di conseguenza l’amore per la sua persona.

Ha conosciuto l’uomo della sua vita all’età di trentasei anni: dopo cinque di convivenza hanno deciso di sposarsi e oggi hanno quattro splendidi bambini.

Ha sempre creduto che il vero amore fosse “dietro l’angolo”. Fin da piccola ha sempre pensato che per lei ci fosse, da qualche parte nel mondo, un amore grande. Quello che ti fa battere forte il cuore. Nei vecchi diari di scuola scriveva a quest’amore che ancora non conosceva. Lettere e lettere in cui gli parlava di sé e del giorno in cui si sarebbero incontrati. Sapeva che la sua anima gemella era da qualche parte e che avrebbe soltanto dovuto avere pazienza, ma sapeva anche che un giorno l’avrebbe incontrata. E così è stato. Si sono conosciuti per caso.

Era agosto, il giorno non lo ricordava con esattezza, ma ricordava bene il suo sguardo. Nel momento in cui le aveva stretto la mano e l’aveva guardata fisso negli occhi dicendole il suo nome, aveva capito che quello era proprio il giorno in cui lei e la sua anima gemella si stavano conoscendo. Non aveva alcun dubbio.

Confrontandosi, nel tempo, hanno scoperto di aver frequentato, durante la medesima giornata, gli stessi luoghi ma in orari diversi, addirittura erano andati nello stesso posto in vacanza ma in mesi diversi. C’è stato solo un giorno, uno solo, in cui erano nello stesso posto alla stessa ora, ma evidentemente non era quello il giorno in cui le loro anime si sarebbero dovute riconoscere.

La cosa straordinariamente certa, però, è che lei ci ha sempre creduto, dentro di sé era una certezza, e il tutto si è avverato. Ma questa è un’altra storia…

2025-02-19

Aggiornamento

Grazie infinite a chi ha creduto, insieme a me, nel mio progetto! Grazie a chi non ha esitato a partecipare alla campagna di crowdfunding, ed a chi, pur non conoscendomi, mi ha sostenuto con un preordine! Grazie infinite!

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Zaira Kasongo
È nata e cresciuta a Bari. A Milano, ha completato gli studi in Psicologia e ha conseguito un master in Psicodiagnosi. Si occupa di benessere delle risorse umane con focus su crescita personale e qualità di vita lavorativa e sta sviluppando un metodo per riconoscersi e ricominciare, indipendentemente dal punto di partenza. “Il meglio di me - La mia rinascita quotidiana” rappresenta la volontà di dar voce ai momenti di svolta silenziosa.
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