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Il Mondo Capovolto

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Consegna prevista Aprile 2025
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Simon Keitel è un uomo forte, sicuro di sé, che ha ottenuto dalla vita ciò che desiderava. Tuttavia, da qualche tempo, egli appare inquieto e preoccupato, tanto da smarrire le coordinate della sua esistenza e non riuscire ad operare una scelta risolutiva per il proprio futuro. I suoi turbamenti lo costringono ad una dolorosa introspezione acuita da sconcertanti rivelazioni che lo obbligano a ridefinire il proprio passato e a dubitare anche della sua identità. In questa fase delicata, l’incontro con una donna si evolve in una relazione tanto intensa e passionale quanto ostacolata dalla situazione familiare di lei. La storia si staglia sullo sfondo di un futuro non molto lontano dove la struttura sociale ha subito dei cambiamenti radicali. Le traversie di Simon si innestano in un controverso e provocatorio scenario fantapolitico che spinge il lettore ad interrogarsi se la realtà descritta presenta connotati prevalentemente distopici o assume i contorni di una società con tratti utopici.

Perché ho scritto questo libro?

Il mio romanzo nasce dal desiderio di suscitare alcune riflessioni su tematiche sociali attuali e sui rapporti interpersonali. Giorno dopo giorno ho abbandonato l’idea di avere un canovaccio da seguire e mi sono lasciato guidare dai personaggi appena nati. Ogni momento libero ho ubbidito al loro richiamo, curioso di sapere cosa sarebbe accaduto nelle loro vite. Infine, dopo quasi due anni, mi hanno salutato. Mi auguro di farli vivere ancora nell’immaginario di ciascuno di voi.

ANTEPRIMA NON EDITATA

 

Capitolo 1

Erano quasi le sei del mattino, Simon si risvegliò supino anticipando di qualche minuto la voce femminile che lo avrebbe informato sulla data, orario e condizioni atmosferiche di quella anonima mattina autunnale. Ancora intorpidito, cercò vanamente di ricucire in una trama coerente le immagini che avevano animato i suoi sogni e che ad ogni istante si diradavano sempre di più, evanescenti come uno sbuffo di vapore e indecifrabili come l’umore che l’accompagnava da qualche tempo. Le labbra secche si spalancarono ad un lungo sbadiglio mentre braccia e gambe si allungarono su lucenti lenzuola di seta blu, protese a sancire la proprietà di un letto che avrebbe comodamente accolto molto più che la sua figura e le inquietudini che lo tormentavano. Fece leva sulle braccia per spostare il capo dai morbidi cuscini e, ruotando il busto, lo spinse oltre il bordo del materasso. Coperto fino alla vita, rimase per qualche minuto in quella posizione, avvertendo lentamente il sangue affluire alla testa a donargli una sensazione di leggero stordimento. Con un comando vocale aprì la tenda opalescente.
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Gli occhi, ancora socchiusi, scrutarono le fioche luci di un pallido sole che a tratti faceva capolino fra nuvole grigie e stentava a ridestare la città ancora sonnolenta e svogliata. Reclinò ancora di più il collo per poter ammirare lo splendido panorama che gli regalava il suo attico; godeva di una vista invidiabile che in pochi avrebbero potuto permettersi ed a cui in molti, tuttavia, avrebbero volentieri rinunciato. Le finestre dei grattacieli vicini si illuminavano casualmente, creando linee o figure immaginarie che rimandavano a nuovi disegni della fantasia ogni qualvolta prendevano istantaneamente vita o altrettanto rapidamente la rendevano. Gli piaceva pensare che quelle flebili e sporadiche emanazioni di luce testimoniassero una sorta di energia interiore nascosta in quegli enormi colossi di vetro e cemento, era chiaro che fossero precisi indizi di una attività vitale che si alimentava delle esistenze dei suoi piccoli e inconsapevoli ospiti. A perdita d’occhio erano visibili colonne di vapore che salivano al cielo, soffiate ritmicamente dalle migliaia di torri piantate in cima agli edifici. Sì, non c’erano dubbi, quella metropoli era viva, calda e frenetica nei suoi visceri, sbuffava come un gigantesco animale mentre si accingeva a sostenere le fatiche di un altro giorno, molto più di quanto lui si sentisse in grado di fare.

Nelly, questo era il nome con cui aveva battezzato la sua assistente vocale, lo sorprese ancora intento a contemplare il mondo a rovescio, ma non ebbe nemmeno il tempo di finire la frase che venne seccamente zittita e minacciata di non intervenire se non le fosse stato espressamente richiesto. Pronunciò quelle parole con un tono più brusco e autoritario di quanto avrebbe voluto. Impedì a sé stesso di provare rammarico per i suoi modi e per i termini poco eleganti con i quali l’aveva appena apostrofata, reprimendo a stento un velo di irritazione per l’istintiva empatia che quella voce continuava a suscitargli. Aveva deciso da tempo che non avrebbe più dialogato con un dedalo di microchip di ultima generazione, né, tantomeno, condiviso con lui la sua umanità.

Scacciò a fatica i pensieri, ebbe la meglio su quella parte di sé che reclamava ancora qualche altro minuto di riposo e lentamente si immerse nella routine mattutina. Si diresse nel salone che aveva adibito a palestra. il sensore fotoelettrico montato sullo stipite della porta rilevò la sua presenza e istantaneamente comandò l’apertura della tenda che filtrava la luce proveniente dalla parete ad est della stanza, interamente in vetro riflettente. Sulle altre pareti dominavano grandi specchi, ciascuno posto di fronte ad uno dei macchinari ginnici frutto dei benefit dell’azienda per cui lavorava. Dopo circa trenta minuti in cui le fibre muscolari erano assurte al ruolo di indiscusse protagoniste del suo organismo, comandò l’apertura delle bocchette di aerazione del locale e si spostò nell’adiacente camera da bagno. Il parquet in Iroko conferiva calore ed eleganza all’intero ambiente, esaltando le linee sinuose dei sanitari color latte. Tra questi faceva bella mostra di sé una vasca da bagno, posta quasi al centro della stanza e utilizzata in quelle serate dove la stanchezza aveva il sopravvento sui richiami mondani e abbandonarsi ad un caldo idromassaggio personalizzato era quanto di meglio avrebbe desiderato. Quella mattina la superò non senza rimpianti ed entrò nell’ampia cabina ovale della doccia. Le porte si chiusero automaticamente senza emettere alcun rumore, ebbe appena il tempo di dire trenta gradi – blu – fiori di ciliegio e quasi istantaneamente delle micro bocchette, seminascoste in alcuni tubi metallici che cintavano il perimetro della doccia, iniziarono a spruzzare quanto richiesto, nella temperatura, colore e fragranza desiderati. Dopo qualche minuto le parole stop e brezza di mare interruppero i getti e diedero il via ad una delicata ventilazione aromatizzata in una delle dodici possibilità di scelta che quel modello consentiva. Lo specchio a figura intera, incorniciato su una delle pareti dell’ampia camera da bagno, gli rimandava l’immagine di un corpo asciutto, ancora giovane e forte, temprato negli anni di duro lavoro a cui era stato gradualmente iniziato fin dalla sua adolescenza. Prima di uscire dal bagno indugiò a guardarsi allo specchio. Le sue dita sfiorarono la pelle liscia ed ambrata, soffermandosi dove questa cedeva il posto a piccole cicatrici lasciate da vecchi tagli, affrettate suture e qualche modesta ustione. Erano le “medaglie”, o almeno così le chiamava Laurence, il suo collega più anziano, che non perdeva occasione di mostrare orgogliosamente le proprie, mentre tesseva abilmente per ciascuna di esse una storia accattivante, intrisa di sacrificio, dolore e squarci di verità.

Troverai qui tutte le novità su questo libro

Commenti

  1. Alessandra Lombardia

    (proprietario verificato)

    Il mondo capovolto, già dal titolo, presuppone che esista un punto di vista che tenti di stabilire i termini di ordine e giustizia nella natura dell’uomo, nella società, e dunque nella realtà in tutta la sua interezza.
    La dimensione descritta è sottoposta a un attento calcolo che rispetti criteri di uguaglianza, un assoluto controllo che, come un padre premuroso e apprensivo, garantisca a ognuno il suo pezzo di felicità senza escludere nessun figlio.
    In questo perfetto quadro di equilibri e giustizia, tuttavia, a volte un tassello sfugge, mutando i connotati del puzzle e generando pericolose anomalie.
    Come disse G. K. Chesterton, “l’errore è una verità impazzita” e questo romanzo cerca di sondare la natura non incasellabile dell’uomo, i suoi contorni inafferrabili, gli ‘errori di sistema’ generati dall’organicità della struttura umana.
    L’ io di Simon Keitel è l’io di ogni uomo che si è perso, o non si è mai trovato, e cerca l’equazione giusta per risolvere l’insondabile mistero che è l’esistenza, scoprendo che a volte la risposta è proprio che una risposta non c’è. Occorre accettare di essere mistero anche noi, nessun calcolo ci salverà, ma solo questa consapevolezza.
    Sebbene l’equazione sia perfetta in ogni suo aspetto, il risultato continua a sfuggire alla ragione umana.

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Giorgio Parrino
Nato nel ’69 a Mazara, ha trascorso buona parte della sua vita a Palermo. Ottenuto il diploma di maturità scientifica, ha conseguito la Laurea in Scienze Geologiche con un certo ritardo, ammaliato dalle serate in compagnia, distratto dagli amici e in generale da qualunque cosa cui negligentemente ha permesso di rallentare i suoi studi. Il desiderio di operare una svolta nella propria esistenza lo ha condotto a Rimini. Risiede nella ridente località romagnola da dieci anni e insegna Scienze presso un Liceo Scientifico. Scampato al matrimonio, ad oggi non lascia alcuno dei suoi geni in eredità al mondo. Grande divoratore di film, appassionato di scacchi e del rock ha una predilezione per i racconti di fantascienza. Da tempo avvertiva il desiderio di trasporre in un romanzo alcune riflessioni e le sensazioni che ogni tanto animano le giornate, sottraendole alla banalità del quotidiano.
Giorgio Parrino on Instagram
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