Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors

Il mondo segreto di Spettro e Mia – Conversazioni canine in un tramonto di fine estate

740x420 (2)
47%
106 copie
all´obiettivo
75
Giorni rimasti
Svuota
Quantità
Consegna prevista Agosto 2025

Spettro, cane zen, lento e profondo. Un cuore colmo di amore da donare, una mente un po’ distratta, piena di riflessioni sul senso dell’esistenza. Mia, cagnolina impavida, vivace e spensierata. Una vita a caccia di esperienze avventurose, un cuore colmo di gioia contagiosa, una mente attenta e sveglia, piena di pensieri concreti e a tratti dissacranti sul senso pratico del vivere. Due punti di vista opposti, due diversi modi di stare al mondo, due universi a confronto su storie e temi importanti, dove riflessioni sentite e profonde si alternano continuamente a contraddittori risoluti e divertenti.
Nel loro spazio segreto, illuminati soltanto dalla calda luce di un tramonto di fine estate, Spettro e Mia aprono i loro cuori a se stessi, all’altro ed al mondo che li ascolta in silenzio lì fuori, pronto a custodire i preziosi segreti di quelle conversazioni. Dalle loro riflessioni nasce l’idea di mettersi alla ricerca del vero senso della loro esistenza. Sceglierai di partire con loro?

Perché ho scritto questo libro?

Da amante degli animali, ho sentito farsi spazio nel mio cuore in modo sempre più insistente la necessità di raccontare le loro storie. L’idea di condividere temi così cari al mio cuore mi ha dato la spinta decisiva a partire per la mia avventura nel mondo della scrittura. E chi meglio dei miei cani avrebbe potuto dar voce a questi racconti? Due anime speciali, che sanno entrare nel cuore di tutti coloro che li incontrano sul proprio cammino. Sono loro a rendere il mio libro prezioso e speciale.

ANTEPRIMA NON EDITATA

M: «Ma torniamo a te. Cosa intendevi prima quando hai detto che l’adozione di Leone è stata la prima adozione ad averti reso davvero felice? Ti sarà capitato di assistere altre volte ad un’adozione. Senza contare il giorno in cui tu stesso sei stato adottato. Sarai stato felice quando ti hanno scelto, no? Sei rimasto al rifugio per quanto tempo? Due anni?»

S: «Si… due o tre.»

M: «Ci risiamo! Due e mezzo, per la precisione! Te lo dico io. Ne sono sicura, perché la nostra amo ha sempre detto così, quindi non fare strani calcoli! E dunque? Se ci sei stato per tutto questo tempo ed hai assistito ad altre adozioni, perché dici che è stata la prima volta in cui sei stato così felice?»

S: «Te lo spiego subito. Quando sei al rifugio e poi qualcuno ti sceglie e devi uscire, la prima cosa a cui pensi sono i tuoi compagni… o almeno è stata la prima cosa a cui pensai io. Tu stai andando via e li vedi lì, fermi, rinchiusi, rimanere dietro di te e pensi che non li rivedrai mai più. Ed è una sensazione strana, perché stavolta è davvero la tua occasione e quasi non ci puoi credere, ma allo stesso tempo non puoi fare a meno di pensare che neanche stavolta è stata la loro… di occasione. E questo per me allora fu un pensiero tristissimo, che mi fece stare molto male. Io finalmente andavo via e loro restavano lì, dietro quelle sbarre, ancora una volta e chissà per quanto tempo! Qualcuno forse addirittura per sempre.
Continua a leggere

Continua a leggere

Mentre questo pensiero mi attraversava la testa, scendendo giù fino alla coda e facendomela infilare giù tra le zampe posteriori, ricordo di aver subito pensato un’altra cosa: è vero, io stavo andando via… ma non sapevo né per andare dove né con chi! Quando me ne resi conto, fu un pensiero a dir poco spaventoso. Non potrei utilizzare un termine più appropriato, perchè il giorno della mia adozione per me fu davvero un giorno pieno di paura.»

M: «Paura? Non dirmi che avevi paura dei nostri amo, perché con quelle facce che si ritrovano, non farebbero paura nemmeno ad un cucciolo indifeso lontano dalla sua mamma!»

S: «Non dei nostri amo, certo che no! Anche perchè non dimenticarti che io avevo già conosciuto la nostra amo quando veniva a dare una mano al rifugio agli altri volontari. Lei era dolce e ci faceva sempre giocare. Ci faceva anche tante coccole. Era venuta a pulire tante volte, a darci la pappa e quando la vedevo io ero molto felice. Faceva tutto lentamente, per lasciarci più tempo liberi di correre e di giocare. Ma io non uscivo mai a correre, sai? Quando lei veniva, io andavo da lei e mi facevo coccolare. Poi la guardavo per tutto il tempo in cui lei stava lì a pulire, fermo, seduto davanti al cancello della mia stanza. Non mangiavo, non bevevo e non facevo altro. Stavo solo lì a guardarla. E dopo un po’ notai che anche lei mi guardava. Dovevo starle simpatico e questa cosa mi piaceva molto. È stata una delle poche volte in cui non ho avuto paura di un umano.»

M: «E allora, scusami, di cosa avevi paura quando stavi andando via con loro?»

S: «Non lo so nemmeno io. Forse un po’ ripensavo all’umano della mia mamma. Anche lui sembrava innocuo finché non ci ha abbandonati. Poi, forse, avevo paura di non sapere cosa ci fosse fuori. Non sapevo cosa aspettarmi. Quello che chiamano… ignaro

M: «Ignoto! Paura dell’ignoto, si dice!»

S: «Ah si, brava. Ignoto!»

M: «Ma dico io, come è possibile che manchino ancora tutte queste parole al tuo vocabolario? Eppure sai dire intrisa! Ma insomma, non capisco. Forse hai qualche malattia?»

S: «Non so. La nostra amo dice che è perché ho vissuto nel rifugio negli anni in cui ero un cucciolo e quindi non ho imparato le cose che imparano i cuccioli. Per questo forse tu sei più brava di me. Non lo so. Tu sei sempre stata una cucciola molto sveglia. E poi hai vissuto nel mondo da quando eri piccolissima. Io mi ricordo quanto eri piccola quando ti hanno portata a casa. Questo deve pur fare qualche differenza! Forse perciò tu sai parlare così bene e conosci tutte queste cose e io invece faccio più fatica…»

M: «Non so, potrebbe essere. Oppure potrebbe semplicemente essere che io sia così preparata perché sono troppo intelligente! Non dimenticare che io sono un terrier!»

S: «Si certo, terrier. Meticcia, ma pur sempre una terrier!»

M: «Ehi, meticcia a chi? 80% terrier e 20% volpino per la precisione! Un mix perfetto.»

S: «Ah si, perfetto! Più che terrier, direi terrier-ibile! Si può dire? Comunque io credo che sia come dice la nostra amo.»

M: «Certo, per te la nostra amo ha sempre ragione.»

S: «Si, perché lei mi ha salvato. Mi ha dato la libertà e per me avrà sempre e comunque ragione!»

M: «Si, certo, che smancerie! Io trovo che il nostro amo sia molto meglio. La nostra amo è rumorosa e mi fa arrabbiare a volte. Mi fa quegli stupidi scherzi e mi rincorre. Si, molto meglio il nostro amo! Dovresti rivedere le tue preferenze!

Comunque, dicevi: di cosa avevi paura, oltre che dell’ignoto?»

S: «Non lo so. Di tutto e di niente in realtà. Di tutto, perché non conoscevo nulla e ogni cosa mi creava ansia. Di niente, perché poi ogni volta che provavo qualcosa, capivo che non dovevo avere paura, perché non era così terribile. I nostri amo mi hanno aiutato a capire questa cosa. Hanno avuto fiducia in me. Mi hanno sempre aiutato con pazienza e poi mi hanno fatto un grandissimo regalo.»

M: «Un regalo? E quale? A me non hanno mai fatto un grandissimo regalo. Si, per carità, biscotti, qualche cuccia nuova, plaid caldi, ossi da sgranocchiare. Ma non mi sembra fossero grandissimi regali. L’ho sempre detto che fanno le preferenze perché tu sei più lento di me.»

S: «Prima di tutto ti ripeto che io ho solo i miei tempi per capire e per fare le cose! E poi i nostri amo non fanno le preferenze. Ci amano esattamente allo stesso modo.»

M: «Non ne sono proprio convinta.»

S: «E invece dovresti! E comunque non parlavo di quel tipo di regali!»

M: «Ah no? E di cosa allora?»

S: «Parlavo di te, piccola, terrier-ibile cagnolina!»

M: «Io? In che senso? Non capisco. Perché un regalo?»

S: «Perché tante delle cose che ho imparato le devo a te. Eri così piccola quando sei arrivata… ed ero appena arrivato anche io. Avere qualcuno di così simile a me in un posto completamente sconosciuto è stato un sollievo.»

M: «Io simile a te? Non mi sembra che siamo così simili. Io sono più piccola e più bassa, ma solo perché sei tu ad essere troppo grosso ed alto. Poi io ho i peli di uno splendido biondo rossiccio. Tu sei bianco e grigio, sembri un vecchietto. Poi io sono simpaticissima, giocherellona, allegra e molto carina. Ho gli occhioni tondi e brillanti, la frangetta e le orecchie da farfallina. Insomma, sono un vero gioiellino tascabile. Non mi sembra che tu…»

S: «Si, va bene, va bene. Le conosciamo le tue infinite qualità. Ma non era questo che intendevo. Siamo fisicamente diversi, lo so. E anche caratterialmente, non è che ci siano molte somiglianze, anzi! Però tu sei un cane, esattamente come me. E quando si è smarriti e non si sa cosa fare, quando ci si sente nel posto sbagliato e sembra che tutto possa andare male da un momento all’altro, avere accanto qualcuno che ti somiglia, che può capirti e sostenerti, è qualcosa che non ha prezzo.»

M: «Ma io ero solo una cucciola. Cosa avrò mai potuto fare per aiutarti? Io credo un bel niente! E infatti non ho fatto assolutamente nulla!»

S: «E invece ti sbagli di nuovo. Hai fatto più di quanto tu possa immaginare. Prima di tutto sei arrivata ed io non me lo sarei mai aspettato né lo avrei sperato o sognato, neanche nei miei sogni più irrealizzabili. Avevi quella codina spelacchiata, quel musetto pieno di peli ispidi che ti davano un’espressione buffissima e ti facevano somigliare ad un gufetto. Quanto eri simpatica solo a guardarti!

M: «Ehi, ehi, ehi! Come ti permetti? Io con la coda spelacchiata? Io con i peli ispidi? Io un gufetto? Ma mi hai guardata bene? Forse non ti rendi conto di quello che stai dicendo! Io sono un esemplare di razza pura e raffinata! Il top della gamma di tutti gli york del mondo! La più bella ed intelligente…»

S: «Va bene, va bene, basta così! Non serve che tu vada avanti. Eri bellissima! Si può dire questo? E ad un certo punto hai iniziato a venirmi vicino ed io, nonostante tu fossi così dolce e carina, all’inizio ero un po’ tubante.»

M: «Tubante

S: «Si, nel senso che non ero troppo convinto di voler fare amicizia.»

M: «Ah, allora ti-tubante! Titubante si dice! Oh mamma mia!»

S: «Vabbè, si, insomma ero troppo preso dalle mie paure, dalla mia ansia e dalla mia preoccupazione, dalle mie domande alle quali cercavo di rispondere, senza alcun risultato. Non avevo tempo per altro. Ma poi c’era qualcosa di te che mi attirava; forse il fatto che fossi una cucciola. Mi facevi tenerezza e mi chiedevo se anche tu fossi preoccupata come me. Mi dicevo: “Poverina! Se io ho così tanta paura, figuriamoci lei che è così piccola!”. Poi però ti osservavo e tutto mi sembrava, fuorché tu avessi paura di qualcosa. Né di me né dei nostri amo né di qualsiasi altra cosa. Addirittura ad un certo punto ho avuto il dubbio che tu non fossi una cucciola. Quale strana creatura, per giunta così piccola, può sentirsi così libera e sicura in un luogo che non conosce, tra altri esseri che non conosce? Ero tanto perplesso e confuso quanto affascinato da questo tuo comportamento e per dare una risposta a questa mia domanda, decisi di conoscerti meglio. In realtà tu avevi già iniziato a conoscermi da un po’. Venivi da me, mi cercavi e mi davi piccoli, dolci e fastidiosissimi morsetti. Ma io proprio non sapevo cosa fare. Quando mi chiedesti perché non avessi voglia di giocare con te, non ricordo cosa ti risposi, ma ricordo perfettamente cosa pensai.»

M: «Non ricordi? Te lo dico io! Mi guardasti con quegli occhioni rotondi, si proprio quelli che fai quando non capisci cosa sta succedendo attorno a noi… e con tutta calma mi rispondesti: “Io sono un cane adulto, non sono un cucciolo come te. Non le faccio queste cose!”. E allora io ti guardai e pensai: che tristezza questo cagnolone! Come è possibile che un cane adulto non abbia tempo e voglia di giocare!? Io non voglio diventare così! Giocare è la cosa più divertente del mondo e io non ci rinuncerò mai! Poi però continuai a riflettere e fu lì che decisi che sarei riuscita a convincerti.»

S: «In realtà io non sapevo cosa significasse la parola gioco, era questo che pensai in cuor mio, e quando tu la pronunciasti con quella naturalezza, saltellando, abbaiando e scodinzolando felice, con i tuoi occhi neri e luminosi così vispi, mi resi conto che forse non eri poi così strana. Anzi, addirittura pensai di essere io quello strano. Per questo dopo un po’ decisi di seguirti e fu la scelta migliore che potessi fare. Buttarmi, senza sapere a cosa stessi andando incontro. Non era una cosa da me, ma sentivo che era la cosa giusta da fare.»

M: «Che poi, dico… Io strana? Ma come hai anche solo potuto pensarlo?! Non capisco. Una piccola cucciola meravigliosa come me? Ma insomma!»

S: «Non ricominciare! Non ce la fai proprio, vero? Insomma… Dopo ho capito che non eri strana tu e non lo ero neppure io. Nessuno è strano. O forse lo siamo tutti, ognuno a suo modo. Cosa significa strano? Qualcosa che è diverso dal normale? E cosa significa diverso? E cosa significa normale?».

M: «Eh vabbè! Non dirmi che davvero non conosci il significato di tutte queste parole, perché se è così dobbiamo riprendere le lezioni di italiano… e anche con una certa urgenza! Bene. Cominciamo subito. Partiamo da strano… strano significa…».

S: «Ma no Mia! So benissimo cosa significano tutte queste parole! Non intendevo questo. Volevo soltanto dire che ognuno è fatto a suo modo… ognuno ha idee, sentimenti, pensieri che sono soltanto i suoi. Nessuno può dire che siano giusti o sbagliati. Abbiamo tutti storie così lontane che sarebbe strano se non fosse così… se fossimo tutti uguali intendo. Allora non siamo strani o normali, non siamo giusti o sbagliati, non siamo buoni o cattivi. Siamo quello che siamo… siamo soltanto noi, unici e speciali proprio per questo. Pensa che noia se fossimo tutti uguali!»

M: «Ehi, parla per te. Pensa che noia se fossimo tutti uguali a te, vorrai dire! Ma se tutti fossero uguali a me… che meraviglia! Sarebbe un mondo bellissimo! Allegro, scodinzolante, vivace, giocherellone, vispo, anche bellissimo direi… insomma…».

S: «Si, si, va bene, ho capito. Un mondo a tua immagine e somiglianza! Sai che meraviglia!»

M: «Eh si, puoi dirlo forte!».

S: «Adesso fammi continuare. Quello che voglio dire è che tu, ad esempio, vieni da una famiglia umana che amava la tua mamma e il tuo papà. Tu sei stata voluta, sei stata adottata presto dai nostri amo, sei sempre stata felice e continui ad esserlo… sei allegra, ami scherzare, correre, giocare. Per te la vita è una cosa bella, lo è sempre stata. Per me, invece, la vita non è sempre stata bella. Io sono felice adesso, ma non è sempre stato così per me. Noi due siamo diversi perché le nostre vite fino ad oggi sono state molto diverse…»

M: «Eh no, caro mio. Noi non siamo diversi per questo. Noi lo siamo perché tu sei un meticcio e io no, tanto per cominciare. Certo, devo ammettere che sei un meticcio molto bello, anche se con qualche difettuccio qua e là: hai gli occhi a palla e sembra che ti manchi mezzo orecchio. Hai la coda un po’ troppo pelosa, che adesso in vecchiaia è di un peloso un po’ più spelacchiato, e una pelliccia così lanosa che a volte sembri un lupo, ma altre sembri una pecora. Però, insomma, sei piuttosto affascinante. Ma io, caro mio… io sono una york!»

S: «Ci risiamo! Devo ricordarti nuovamente che anche tu sei un meticcio… di york, ma pur sempre un meticcio!»

M: «Si ma non dimenticarti che il mio sangue…»

S: «Si, si, lo so. Lo sanno tutti. Il tuo è un sangue da terrier.»

M: «Ecco, appunto!»

S: «Comunque, non hai detto proprio una cosa sbagliata. È vero che siamo diversi anche per questo. Perché tu sei fatta nel tuo modo ed io… beh, io nel mio! Siamo come siamo, come ci hanno fatti le nostre mamme ed i nostri papà… non so come dire. La nostra pasta è diversa, le nostre radici lo sono… poi le nostre storie hanno fatto il resto… ed eccoci qui! Ma il punto non è questo. Il punto è che la nostra diversità è quello che ci rende davvero unici.»

M: «Eh infatti… è questo il punto. Io sono una york, anzi… diciamola tutta… non sono una york, io sono La York! Mia La York!».

S: «Va bene! Mia La York! Potrei andare avanti, per cortesia? Mamma mia, come è difficile parlare con te!»

Troverai qui tutte le novità su questo libro

Commenti

Ancora non ci sono recensioni.

Recensisci per primo “Il mondo segreto di Spettro e Mia – Conversazioni canine in un tramonto di fine estate”

Condividi
Tweet
WhatsApp
Gabriella De Falco
Sono nata a Napoli in una famiglia di artigiani e dopo aver studiato al liceo classico, mi sono laureata in lingue. A seguito di una meravigliosa esperienza lavorativa in uno dei complessi monumentali più belli ed antichi della mia città, ho scoperto ed amato sin dal primo momento il mondo dell’educazione. Da circa 15 anni vivo per lavoro e passione al fianco di cani e bambini. Sono un'appassionata ed una curiosa della vita e del mondo, per cui non riesco a stare nelle situazioni e fare la stessa cosa troppo a lungo; ho un estremo bisogno di cambiare. Amo esplorare, imparare cose nuove, conoscere realtà e luoghi sconosciuti. Per questo amo la scrittura ed il teatro, che mi permettono di sperimentare situazioni ed esistenze sempre diverse. Ho sempre pensato che questa forte e continua necessità di cambiamento fosse un mio grosso limite; oggi sono certa che sia la mia più grande ricchezza.
Gabriella De Falco on FacebookGabriella De Falco on Instagram
Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors