Italia, 2032: le città d’arte sono diventate parchi a tema in cui si rievoca la Storia, regalando ai turisti stranieri l’opportunità di fare un viaggio indietro nel tempo, nella Venezia di Goldoni o nella Firenze di Dante. A prima vista, sembra che il governo voglia dare importanza ai monumenti storici, considerati il “petrolio” nazionale, ma dietro la facciata si nasconde un sistema di oppressione, che costringe i cittadini a prestare servizio nei parchi e a obbedire ciecamente al regime. La Rete però non ci sta, vuole rovesciare la situazione. Per farlo, deve mettere le mani su un tesoro segreto e la chiave per farlo è Annibale Manin, un’anonima e onesta guida turistica veneziana. Ligio al dovere, si tiene lontano dai guai sperando in una promozione, che pare arrivare quando riceve dal governo l’incarico di accompagnare per la città lagunare due danarosi turisti. Ben presto, invece, si troverà coinvolto, suo malgrado, nell’intrigo della Rete, più vicina alla sua famiglia di quanto potesse pensare.
I
VENEZIA – VENERDÌ 24 SETTEMBRE 2032
Il carnevale è la nostra anima, Venezia il nostro teatro
Mona d’un mona!
Annibale Manin si fermò in mezzo alla strada, di botto, e picchiò la mano destra sulla piazzetta che si allargava in testa, tra radi ciuffi di crespi capelli biondicci: si era dimenticato il tricorno. Bestia!
Si congratulò con se stesso, improvvisamente riscosso dal torpore in cui si stava ancora crogiolando, mentre rincasava a rotta di collo per recuperare il cappello. I lunghi piedi stretti nelle scarpette gli dolevano, le calze bianche si stavano afflosciando lungo le gambe smilze, giù dalle braghe, e sentiva già la camicia chiazzarsi di sudore, che presto o tardi si sarebbe allargato in inguardabili aloni sotto la giubba color sabbia. Che tenesse botta almeno il giustacorpo. Il costume aveva visto giorni migliori, non aveva bisogno di aiuto per peggiorare: ora rischiava di far tardi all’appuntamento di lavoro e di presentarsi uno schifo.
Mona d’un mona! Mona d’un mona!
Continua a leggere
Si infilò in casa sbattendo la porta: dove si era caccia to il tricorno, proprio quando aveva premura di andare in città?
Mentre ribaltava il bugigattolo vomitò un fiume di bestemmie. Non voleva arrivare in ritardo, era un pessimo biglietto da visita, ma senza cappello non l’avrebbero mai fatto entrare a Venezia. E anche se ci fosse riuscito per un caso fortuito, girare in città senza tricorno, proprio nel giorno di Carnevale, quando doveva rispettare rigorosamente le prescrizioni sulle maschere e sugli abiti del Settecento autorizzati, era persino peggio: duecentomila lire di multa. Già così ti bruciavi la giornata di lavoro. Se poi le guardie ti beccavano senza tricorno in compagnia, altre centocinquantamila lire di sanzione per ogni persona. Se scortavi uno o più visitatori, centomila lire in più a testa. Se lo facevi in piazza San Marco, seicentomila lire. Se circolavano fotografie, interdizione dalla città per un mese. Era un attimo che andavi a gambe all’aria. Nessuno sgarrava, o almeno volontariamente: chi poteva permettersi di campare senza stipendio?
«Can di un cappello!» sbraitò, quando lo trovò appeso all’ingresso. Il tricorno lo fissava sconsolato: Can sarai tu, io non mi sono mosso da qua.
Annibale lo schiacciò sulla testa, quasi per incollarlo, e si fiondò giù per le scale a perdifiato. Arrivò alla fermata del tram di via Volturno, a Mestre, che per poco non gli pigliava un infarto: pur avendo trentacinque anni, spompato e fuori allenamento com’era, una corsa del genere gli spalancava le porte dell’ospedale. E chi aveva i soldi per pagarselo? Una donna aspettava alla palina, soffocata dal tricorno e da un mantellaccio in lana carminio. Annibale Manin la conosceva: Marietta abitava pochi isolati più in giù e in città gestiva una botteguccia di borse. Storse il naso appena le fu vicino: un fetore oleoso si levava dalle vesti. Chissà dalle sue, dopo aver corso. Era un venerdì afoso, la morsa di caldo fustigava già di prima mattina e ronde di zanzare pattugliavano le strade sbeffeggiando gli inutili repellenti. Grosse gocce di sudore rigavano il cerone bianco con cui Marietta si era stuccata la faccia, per rispettare i codici di abbigliamento del Carnevale di Venezia. L’eterno Carnevale di Venezia: tutti i giovedì, venerdì e sabati, tutte le settimane, tutti i mesi, tutto l’anno.
«Marietta, è già passato il tram?» chiese sconsolato.
Se lo aveva perso, era fritto: sarebbe arrivato tardi, la giornata era andata.
«No, Annibale, non ancora. È rotto, ciò» brontolò, indicando il piccolo tabellone luminoso, sulla palina, dove scorrevano segni che avrebbero dovuto comporre una scritta di senso compiuto. I cristalli liquidi erano bruciacchiati, ma, abituato a quei geroglifici, Annibale li decifrò in un lampo: «Ancora inconvenienti tecnici? Cosa sarà successo stavolta?».
Marietta alzò le spalle: «Forse si è rotto il tram. O i binari, come giovedì scorso. Oppure c’entra il semaforo».
«Non funziona più niente, in questa città.» Possibile che nel 2032 non si riuscisse mai ad aggiustare le cose, con tutta la tecnologia che si erano inventati nel mondo? Solo in Italia. Solo in I-ta-lia!
«E con le tasse che paghiamo, ciò!» grugnì la donna.
«Non pensiamoci, Marietta, che sennò ci viene il sangue amaro.» Ma ormai, ad averle solo accennate le tasse, la mente rimaneva intrappolata in una spirale di frustrazione e il fegato si ingrossava.
Alessandro Annovazzi (proprietario verificato)
Fantascienza e distopia mi affascinano da sempre; e penso che il migliore romanzo distopico sia quello che ha da dire, delle nostre vite e dei nostri mondi, molto più (e in modo molto più realistico) di qualsiasi altro genere.
In questa impresa – per nulla facile – riesce splendidamente Luca Zorloni con “Il paese più bello del mondo”.
Dietro la costruzione di una realtà all’apparenza così lontana e diversa dalla nostra, mi è sembrato infatti di intravedere quello che potrebbe accadere tra non molto, o forse quello che, in parte, è già accaduto: il sopravvento di un potere politico tentacolare, interessato non a dirimere problemi sociali ed economici, ma solo a conservare e ad accrescere la ricchezza e il rilievo di coloro che lo tutelano e alimentano.
In questo modo, una storia avvincente e straordinariamente raccontata (mirabolanti le descrizioni dei personaggi, talmente caratteristici da risultare alcuni inquietanti, altri estremamente spassosi; così come l’intreccio narrativo, degno di un thriller) riesce a farci riflettere su tematiche di strettissima attualità, anche internazionale, come l’overtourism.
Ad ogni modo, senza fare spoiler, ho amato di più in assoluto di questo libro il fatto che sia proprio un libro (e che libro!) la chiave di volta di tutto l’intreccio. Che sia il messaggio per cui solo la letteratura può salvarci veramente dalle tenebre di poteri opprimenti? Per cui i libri, le storie che abbiamo adorato siano le sole armi efficaci contro ogni nemico?
Grazie a Luca per questa fantastica esperienza di lettura!
Py Cim
Letto. Intanto, scitto molto bene. Trama avvincente e verosimile, il romanzo presenta personaggi ben delineati e, in quella che potrebbe essere una spy story più che realistica, retroscena ingegnosi. Questa storia, che intreccia comuni mortali che cercano di sopravvivere e potenti che inseguono ricchezza e potere, si legge con piacere.
Cy (proprietario verificato)
Riprovato con Chrome: no. è proprio il giorno, ho potuto preordinare una seconda copia
Cy (proprietario verificato)
Con Brave e con Chrome ieri è stato impossibile preordinare. Con Edge oggi, ha funzionato. Poi, se non dipende dal browser, ma dal giorno, come non scritto.
Forza, gente, diamo una chance a questo autore
Giorgio Consoli (proprietario verificato)
Ispirato dall’idea che l’Italia possa vivere principalmente di arte e turismo, Luca racconta una storia curiosa, distopica e per alcuni aspetti inquietante. Un tuffo in un futuro non troppo lontano per vedere ciò che potremmo diventare e cercare di costruire un presente più lungimirante.
Un progetto che sta prendendo forma con bookabook e grazie al vostro sostegno potrà andare lontano.