Tanto tempo fa mi raccontarono la storia di un re. Era un sovrano dall’aspetto nobile, bello di viso e dal portamento fiero, ma – ahimè! – questo re così bello e fiero non pensava ad altro che a fare la guerra.
Ogni giorno della sua vita, dalla morte del vecchio padre, lo aveva trascorso sul campo di battaglia.
Conquistava sempre più imperi, ingrandendo a dismisura i confini del proprio reame, ma, nonostante avesse ormai inestimabili ricchezze e un potere smisurato, lui era sempre scuro in volto, serio e malinconico.
Durante una battaglia sanguinosissima, il re guerriero aveva sottratto a un sovrano nemico un cavallo nero, più nero della notte più nera.
Il destriero, per un misterioso incantesimo, permetteva al re di combattere in luoghi lontanissimi dai suoi possedimenti e di riuscire a tornare ogni sera al palazzo, percorrendo in poche ore distanze sconfinate.
Far ritorno al suo palazzo ogni notte, dopo lunghe giornate di sangue, gli permetteva di recuperare le forze necessarie per ricominciare il giorno dopo, quando, raggiunto il suo esercito, gli bastava pronunciare parole di fiducia per far tornare i propri uomini a combattere: strana alchimia di voce e parole!
I confini del regno erano ormai talmente estesi che il popolo, i consiglieri, i membri della nobiltà, che vivevano attorno al re, pensavano che ben presto il sovrano avrebbe smesso di combattere.
Ma il re guerriero non voleva saperne di fermarsi.
Una sera, durante un consiglio di guerra, sollecitato dai suoi fidi comandanti delle guarnigioni, decise di richiamare gli eserciti per due mesi di tregua.
Dall’alto delle torri del castello, lui, ritto nella sua nobile figura, osservava lo splendore delle armate che, cariche di tesori, facevano ritorno nel proprio regno, scortando prigionieri di ogni rango… ma ormai, appunto, solo prigionieri.
C’erano uomini stremati a piedi, soldati riccamente armati a cavallo, muli che trainavano carri colmi di ogni ricchezza, strappata ai malcapitati sovrani costretti alla resa.
Il ponte levatoio si abbassò, facendo entrare la marea di militari che, dopo anni di assenza, riuscivano finalmente a riabbracciare le mogli e i figli, alcuni dei quali nati senza conoscere i padri.
Certe donne stavano sulla porta di casa senza partecipare alla festa; i loro di uomini erano tornati prima ed erano sepolti fuori dalle mura e l’erba era ormai alta sui loro cumuli di terra.
Banchetti, danze, fuochi… Per giorni si fece festa e ogni giorno gli uomini erano sempre più tristi, perché sapevano che il momento della partenza si avvicinava, e allora fuochi più caldi per scaldarsi, balli più intensi per stordirsi, cibi più prelibati per saziarsi e vini fra i più dolci per non pensare.
Il re no, lui non partecipava della festa, lui guardava dalle finestre delle sue stanze e fremeva per il desiderio di ricominciare a combattere.
Di giorno vagava per il palazzo, guardando i suoi avi, immobili dentro tele di artisti ormai dimenticati. Anche lui sarebbe finito su una tela, un giorno, ma nessuno sarebbe passato a ricordarlo, perché era solo, l’ultimo di una grande dinastia che con lui si sarebbe fermata, incastrata dentro armature di metallo, baluginante su spade insanguinate.
Lui aveva scelto la guerra come moglie e la solitudine attorno a sé era la sua unica figlia.
La notte la trascorreva passando in rassegna i suoi tesori, accumulati negli enormi scantinati del palazzo, cercando qualcosa di nuovo, ma nulla attirava la sua attenzione.
Fino a quando, una notte, si accorse che in un angolo un carro ancora custodiva una particolare ricchezza.
Era coperto da un largo e pesante drappo rosso, forse una vecchia tenda; la tirò via e… che meraviglia vi trovò sotto!
Un pezzo di muro costruito con mattoni d’oro, dentro il quale si apriva una finestrella ad arco, tempestata di pietre preziose per tutto il perimetro ogivale.
Il re chiamò subito i servitori: «Trovate il modo di trasportare questa finestra nelle mie stanze. Che neanche un mattone venga perduto, né una pietra preziosa, né una scheggia dorata! Guai a voi!».
Fabio Criniti (proprietario verificato)
I racconti di questo libro sono molto belli e profondi. Sono stati davvero tutti una piacevole scoperta. Sicuramente li leggerò al mio piccolino. Complimenti davvero.
Ros (proprietario verificato)
Ho letto le quattro storie incluse in questo libro, e sono rimasto colpito dal messaggio che attraversa le quattro diverse ambientazioni. Quattro destini con un percorso di vita fatto di esperienze ed incontri. C’è sempre e per ciascuno un incontro umano che può essere determinante e al tempo stesso presenza che ti accompagna. Ogni esistenza non procede secondo teorizzazioni del bene; piuttosto vive relazioni umane che testimoniano nella carne il vero.
Gabriella Catanzaro (proprietario verificato)
“ il re guerriero” è la
Prima delle fiabe proposte, nel racconto emergono tante emozioni riflesse tra loro avarizia, prepotenza ma anche tristezza, solitudine e senso di povertà. Il
Mistero dello specchio conduce ad un lavoro introspettivo che riconduce alla parte non solo femminile ma anche materna , più ancestrale che svela come la nascita umana sia dentro un “noi relazionale”..