1. 12/06 – SABATO
Era la prima volta in vita mia che mi preparavo per uccidere un uomo, per varcare uno di quei confini a senso unico dai quali non si torna indietro. L’attesa del buio cominciava a diventare snervante in quella sera di giugno in cui la notte sembrava non arrivare mai. Mi affacciai alla finestra, il sole era scomparso dietro ai tetti, ma una luce liquida, delicata e uniforme inondava ancora la città. Di fronte a me il traliccio della Rai aveva ancora le luci spente e, sotto, il viale alberato di corso Sempione brulicava di pedoni che nuotavano in piccoli banchi verso i locali dell’aperitivo. Al terzo piano giungevano voci mescolate, soprattutto di ragazzi e ragazze milanesi che iniziavano a godersi i mesi estivi liberi dalla scuola, brevi sprazzi di canti, di risate, di litigi. Non si rendevano conto della loro fortuna.
Guardai l’ora: le 20:46, mancava ancora un’ora a quando Milano si sarebbe avvolta nel manto nero del suo abito da sera, ma avevo tutto il tempo per finire il lavoro entro mezzanotte. Controllai per la terza volta lo zainetto, sapevo di non aver dimenticato niente, ma la tensione stava crescendo e io la combatto con la pignoleria nella preparazione. Pianifico tutto, controllo e ricontrollo, cerco di prevedere gli imprevisti. Infatti, non mancava niente: guanti, berretto, sacchetti di plastica, pugnale, lucido da scarpe, due biglietti della metro, detergente per il viso e salviettine struccanti, la stampa nella busta impermeabile e il piccolo palmare acceso e con la batteria carica. Era un eccesso di zelo, ma sul palmare avevo installato un pacchetto di software pirata che a ogni accensione sostituiva l’indirizzo MAC con uno generato casualmente. Ero solo all’inizio del mio piano e non potevo permettermi il lusso di essere rintracciato. Almeno non ancora, e soprattutto non da un cyber-poliziotto che avesse scoperto i miei spostamenti rintracciando il mio palmare connesso a un accesso Wi-Fi pubblico vicino al luogo del delitto.
Passai alla preparazione dell’alibi. Appoggiai lo zaino sul tavolo del salotto, presi il telefono e chiamai il mio amico Husain.
«Quick-Kebab e Quick-Pizza, buonasera.»
«Ciao Husain, sto tornando a casa adesso, sono stanchissimo e non ho voglia di mettermi a cucinare. Mi mandi una capricciosa per le ventidue?»
«Certo, dottore, segno su conto?»
«Sì, grazie. Chi la porta?»
«Aspetta…»
Sentii la voce di Husain che chiamava suo figlio:
«Farid! Fariiid!!!». Seguì qualche parola in arabo e alla fine di nuovo rivolto a me: «Viene Farid con scooter, dottore».
«Bene, siccome non ho moneta, aggiungi due euro per lui nel conto. Ah, mettimi anche una birra.»
«Certo, capricciosa e birra alle ventidue.»
«I due euro sono per Farid, capito?»
L’egiziano scoppiò a ridere. Aveva una risata
squillante e acuta, seguita da un sibilo durante l’inspirazione. Me lo immaginavo sudato per il calore del forno che si sovrapponeva a quello di una precoce afa estiva, eppure sorridente come sempre.
«Non ti preoccupa, dottore, io do subito a lui.»
Accesi la TV e riapparve lo sceneggiato di Delitto e Castigo che avevo messo in pausa la sera prima. L’avrei ripreso il giorno dopo, ora mi serviva qualcosa di più rumoroso. Avviai la riproduzione del primo film che mi apparve nella lista dei vari provider in streaming a cui ero abbonato. Non avevo guardato neanche il titolo, vidi solo Liam Neeson che guidava uno spazzaneve sotto la tormenta per aprire una strada in qualche posto sperduto fra le Montagne Rocciose. Sì, questo era molto rumoroso. Alzai il volume quanto bastava per essere sicuro che i vicini avrebbero percepito qualche suono, poi collegai il telefonino al caricabatteria: sarebbe rimasto a casa a testimoniare che non mi ero mosso per tutta la sera. Tutte precauzioni superflue, in teoria, perché avevo intenzione di fare un lavoro pulito senza lasciare alcuna traccia. Ma si sa, quando varchi un confine per la prima volta non sai cosa troverai dall’altra parte.
Devi effettuare l'accesso per scrivere una recensione.
bookabook srl via Vitruvio 42 – 20124 Milano P.IVA 08455350960
walter Redaelli (proprietario verificato)
Allora, parto dalla fine: molto bello.
Il libro è partito un po’ lento per poi accelerare nel finale, avvincente.
Complice la mia cronica difficoltà ad addormentarmi l’ho divorato facendo le ore mooolto piccole in una settimana circa, per cui fate attenzione a quando lo leggerete.
Mi ha ricordato, e per le ambientazioni spiccatamente milanesi e per alcune atmosfere, uno Scerbanenco dei nostri tempi.
Mi ha lasciato di stucco, e fatto riflettere, trovarci e condividere analisi approfondite di come il protagonista vive alcuni suoi interessi “totalizzanti”.
Finito il libro con la voglia di leggere ancora, e del personaggio e dell’autore.