A volte le cose non sono come sembrano, eppure appaiono così credibili che la razionalità abbandona il campo e tutto diventa possibile. È ciò che accade a Valentino, Silvia e Bruno, tre fratelli accomunati da un evento tragico relegato nei vaghi ricordi dell’infanzia: la morte improvvisa del più piccolo di loro, Livio. Bruno è l’unico presente quel giorno, ma è troppo piccolo per capire con certezza cosa accade. E, quando la realtà presenta dei vuoti, la mente prova a riempirli come può. I tre crescono percependo una presenza, una forza che sembra proteggerli, anche a costo di uccidere le persone a loro più vicine.
Qual è la verità? Cosa è accaduto a Livio? E come si salveranno loro tre?
Io sottoscritto Raniero Zanetti, in riferimento all’incarico di Consulenza Tecnica d’Ufficio riguardo al procedimento n. 16944/10, conferitomi in qualità di psichiatra e psicoterapeuta, consegno in data odierna la relazione peritale richiesta, corredata di n. 10 allegati (elencati in calce) e relative conclusioni che rispondono al quesito postomi dall’Ill.mo Giudice dott. Bianchetti, di seguito riportato:
“Dica il consulente, sentiti gli interessati e letta tutta la documentazione disponibile in atti, se l’imputato Valentino De Vecchi sia affetto da una qualsivoglia psicopatologia o infermità mentale, che gli comprometta la capacità di intendere e di volere in determinate condizioni.”
Si dichiara che lo svolgimento dell’incarico è stato condotto in maniera irrituale per ragioni che appariranno chiare dalla lettura del primo allegato. In particolare, il sottoscritto ha redatto solo le conclusioni. La restante documentazione allegata, eccetto le tre brevi trascrizioni dei colloqui, è definibile come un insieme coerente di deposizioni.
La presente relazione peritale riporta e sintetizza gli stati d’animo di tutti coloro che hanno rilasciato una deposizione come persone informate dei fatti; la narrazione, pur sembrando romanzata, è risultata a parere del sottoscritto, ancorché emozionale, la più efficace per addivenire alle conclusioni della presente perizia. In maniera altrettanto irrituale, rappresento che questa è la mia ultima attività peritale, per ragioni che appariranno chiare dalla lettura delle conclusioni.
Il consulente tecnico, certo di avere svolto in scienza e coscienza l’incarico affidato, consegna il presente elaborato peritale, restando a disposizione per gli ulteriori chiarimenti che si rendessero necessari.
ALLEGATI:
Allegato 1: Trascrizione colloquio del 20 settembre.
Allegato 2: Valentino, il fratello maggiore.
Allegato 3: Silvia, la sorella.
Allegato 4: Bruno, il fratello minore.
Allegato 5: Sonia, la stessa sorella.
Allegato 6: Valentino, parte seconda.
Allegato 7: Bruno, detto anche “er molazza”.
Allegato 8: Silvia, di nuovo lei.
Allegato 9: Valentino, dichiarazione finale.
Allegato 10: Trascrizione colloquio del 13 novembre.
Allegato 11: Trascrizione colloquio del 18 novembre.
Conclusioni.
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Allegato 1
Trascrizione della registrazione del 20 settembre, ore 10: colloquio tra il consulente peritale dott. Raniero Zanetti (di seguito RZ) e l’imputato Valentino De Vecchi (di seguito VDV).
VDV: Da dove vuole che cominci?
RZ: Lei da dove preferirebbe?
VDV: Per favore, non mi tratti come un paziente, o peggio, come un amico. Sarebbe una palese ipocrisia. Lei è il perito del giudice e io sono la persona rinviata a giudizio.
RZ: Vede, io sono un medico e mi sento tale in ogni occasione, non solo durante una seduta. Lo sono anche quando insegno o quando sono chiamato a esprimere il mio parere su casi come il suo. Anche se chi mi paga è un altro, non posso fare a meno di trattarla come qualsiasi paziente.
VDV: Lo dice come se avesse già deciso a priori che io sia affetto da qualche tara mentale. Non è così. E non è nemmeno la linea difensiva del mio avvocato.
RZ: Ha ragione, sono stato impreciso. Il mio compito è solo quello di stabilire la presenza o meno di un’infermità mentale. Qualcosa di molto simile a stabilire una diagnosi quando qualcuno viene nel mio studio.
VDV: Non tanto simile.
RZ: Perché?
VDV: Me lo domanda? Le nostre posizioni implicano un rapporto conflittuale. Il fatto che io sia seduto su una poltrona non significa che sia rilassato, come vorrebbe lei. Senza contare che sta registrando.
RZ: Mi spiace che le dia fastidio. Anche con i miei pazienti uso il registratore. Perché si sente così in conflitto con me? Non ho rapporti col pubblico ministero, neanche lo conosco.
VDV: Perché poi dovrà fornire una relazione al giudice dalla quale dipenderà molto del mio futuro. Quindi dovrò stare attento a quello che dico, non potrò essere rilassato.
RZ: Se può tranquillizzarla, le assicuro che nel nostro colloquio è mantenuto l’obbligo del segreto professionale. Nulla di quello che mi dirà in seduta sarà reso noto all’esterno. Non mi è richiesto di delineare un profilo psicologico. Tenga presente che nella mia relazione non potrei nemmeno evidenziare eventuali psicopatologie o atteggiamenti psicotici.
VDV: Devo crederle?
RZ: Le indagini personologiche sono lecite solo per i minori. Come vede, la sua privacy è più che protetta. Ma poi, se la sua linea difensiva non è basata sull’incapacità di intendere e volere, cosa ha da temere da questo esame?
VDV: Lei davvero pretende un rapporto di fiducia come tra medico e paziente? Pretende che mi lasci andare? Credevo di dover essere sottoposto a una serie di test psichiatrici, non a una psicoterapia.
RZ: Lo consideri un mio limite. Non sono esperto di test. Benché sia uno psichiatra, il mio approccio in casi come questi è analogo a quello dello psicologo che intraprende una psicanalisi di tipo familiare, e chi mi ha scelto lo sapeva. È per questo che sentirò anche i suoi fratelli.
VDV: I miei fratelli? Ha intenzione di farli testimoniare?
RZ: Non ho poteri inquirenti. Li vorrei sentire solo per avere una visione complessiva.
VDV: Lei prende questo incarico come una missione. E invece è solo una rotella di un ingranaggio burocratico. In fondo, lei è un sognatore.
RZ: Grazie, lo prendo come un complimento! (pausa) Ci possiamo dare del “tu”?
VDV: Perché? Dà del “tu” ai suoi pazienti?
RZ: In genere, no. Però durante gli esami peritali lo faccio spesso. Vede, benché capisca le sue ragioni, non riuscirei a svolgere serenamente il mio compito se lei continuasse a considerarmi un componente di quell’apparato giudiziario che considera il suo nemico. Immagino che lei dia del “tu” al suo medico: vorrei lo facesse anche con me.
VDV: Se ci tieni… Allora sbrighiamoci, da dove vuoi che cominci?
RZ: Tu da dove preferiresti? Qual è il ricordo più vecchio che ti viene in mente?
VDV: Quindi fai sul serio…
RZ: Pensavi che scherzassi?
VDV: Mi vuoi veramente psicanalizzare? Pensi che io sia un po’ strano, vero?
RZ: È importante quello che ascolterò, non quello che penso.
VDV: Be’, sai cosa trovo strano in me? Che nonostante tutto quello che è successo, non mi sembra di essere cambiato. I miei fratelli ora sono diversi. Io invece no.
RZ: Lo senti come un limite?
VDV: Ho detto solo che mi sembra strano.
RZ: A cosa attribuisci la circostanza di non essere cambiato?
VDV: Speravo me lo dicessi tu.
RZ: Non ho una sfera di cristallo. Posso solo sperare nella tua collaborazione.
VDV: Già, la mia collaborazione… Cosa dovrei fare? Ah, già, il ricordo più antico… Ho ricordi abbastanza precisi e ordinati, ma non saprei risalire al più antico.
RZ: È normale.
VDV: E allora?
RZ: Pensa a una situazione, un oggetto…
VDV: Un oggetto, vediamo… (pausa) la cassapanca! La cassapanca è antica.
RZ: Allora raccontami.
VDV: Di cosa? Della cassapanca?
RZ: Sì. O di quello che vuoi.
VDV: Non sono capace di raccontare così, dal nulla.
RZ: Tutti sono capaci di raccontare.
(pausa)
VDV: Io preferirei scrivere.
RZ: Scrivere?
VDV: Mi si schiariscono le idee, se scrivo.
RZ: Va bene. Ti servono dei fogli?
(lunga pausa)
VDV: Sarebbe possibile avere un portatile?
RZ: Nient’altro?
VDV: Ti faccio una proposta, sempre che tu abbia intenzione di sentire anche i miei fratelli.
RZ: Ti ho detto che lo farò.
VDV: Bene. Io scriverò tutta e sola la verità. La stessa cosa faranno i miei fratelli.
RZ: Che vuoi dire?
VDV: Anche loro scriveranno.
(pausa)
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