I nipoti ascoltavano, affascinati, mentre la loro nonna dipingeva con le parole l’immagine di un Torino medievale, molto diversa dalla città moderna che conoscevano. “Il Conte partì per una delle sue molte crociate nel 1366, un viaggio pericoloso attraverso terre straniere infestate da nemici e pieno di insidie. Ma il Conte Verde non era uomo da scoraggiarsi facilmente.”
“Durante il suo viaggio in Oriente, secondo le leggende, il Conte Verde riuscì a salvare una città assediata da un esercito molto più numeroso. E non solo: raccolse anche reliquie sacre, tra cui, si dice, un frammento della Vera Croce di Cristo.”
Evelina si alzava, animata dal racconto, gesticolando vivacemente come se brandisse la spada del Conte stesso. “Quando tornò a Torino, fu accolto come un eroe. E quelle reliquie che portò con sé furono poste nella Cappella della Sacra Sindone, rendendo Torino un centro di pellegrinaggi religiosi.”
Evelina si sedette di nuovo, guardando i nipoti con un sorriso. “Ecco perché, cari miei, il Conte Verde è così celebrato nella nostra città. Non solo per il suo coraggio o per la sua nobiltà, ma per il suo impatto duraturo sulla cultura e sulla spiritualità di Torino.”
Elisa e Edoardo rimanevano affascinati, quasi come se potessero vedere le ombre del passato danzare tra le mura della vecchia villa, riportate in vita dalla voce narrante della loro nonna. Queste storie non erano solo lezioni di storia; erano un ponte che collegava il presente al passato glorioso della loro famiglia e della loro città.
Mentre la narrazione di nonna Evelina continuava a riempire il salotto di echi del passato glorioso di Torino, Elisa si sentiva trasportata in un’altra epoca. Le storie della nonna erano come un tessuto intricato che univa storie personali e storiche, rendendo ogni aneddoto un prezioso frammento del grande mosaico della loro eredità familiare. Tuttavia, mentre ascoltava, una questione pratica le attraversò la mente, riportandola al presente.
Alla fine di uno dei racconti, Elisa colse l’attimo di pausa per sollevare una questione logistica che le stava a cuore. Si alzò, distogliendo lo sguardo dai libri antichi che adornavano le mensole del salotto, per affrontare non solo la nonna ma anche suo fratello Edoardo.
“Nonna, posso chiederti una cosa?” iniziò Elisa, con un tono leggermente esitante ma pratico. “A casa non ho più spazio per i miei libri dell’università, e sto accumulando nuovi testi per il mio dottorato. Posso conservare alcuni dei miei vecchi libri qui in soffitta? Sarebbe solo temporaneo, fino a che non trovo una soluzione migliore o fino a che non riesco a fare un po’ di spazio.”
Nonna Evelina, sempre pronta a sostenere le ambizioni educative dei suoi nipoti, annuì con un sorriso comprensivo. “Certo, mia cara. La soffitta ha molto spazio, e sarebbe il posto perfetto per conservare i tuoi libri. Inoltre, mi piace l’idea che questa casa continui a essere un luogo di sapere e di crescita. Aiutami a mantenere viva questa tradizione.”
Dopo aver ricevuto l’approvazione di nonna Evelina, Elisa prese con sé una scatola di libri e salì la stretta scala di legno che portava alla soffitta. Il rumore dei suoi passi risuonava nel silenzio della casa, mentre la polvere sollevata dai suoi movimenti danzava nelle fasce di luce che filtravano dalle fessure nel tetto.
Elisa si faceva strada attraverso la soffitta polverosa della villa, ogni passo sollevava nuvole di ricordi, materializzati nella polvere che si librava nell’aria. La luce fioca della sua torcia elettrica disegnava strani giochi d’ombra tra gli oggetti accumulati nel corso dei decenni. L’atmosfera era carica di un senso di storia e mistero, quasi come se ogni oggetto fosse custode di segreti sussurrati.
Con attenzione, spostò una pesante scatola di legno piena di vecchi documenti e fotografie sbiadite. Dietro di essa, quasi nascosto nell’ombra, vide un vecchio baule di legno scuro. Il legno era intarsiato con motivi complessi che sembravano danzare sotto il raggio di luce della torcia, creando un effetto quasi ipnotico. La serratura in ferro battuto era arrugginita, e il baule stesso emanava un’aria di antichità e mistero.
Curiosa, Elisa si avvicinò, il cuore che batteva un po’ più forte. Si chiese cosa potesse contenere un baule così solenne e misterioso. Con un misto di eccitazione e una punta di trepidazione, sollevò il coperchio con cautela. Un cigolio acuto squarciò il silenzio della soffitta mentre il coperchio si apriva, rivelando il suo contenuto nascosto.
All’interno, protetto da strati di vecchio tessuto di seta, giaceva un grimorio dalla copertina in cuoio scuro. Il libro sembrava quasi vivo sotto la luce tremolante; le incisioni in rilievo sulla copertina catturavano la luce in modi che facevano sembrare il cuoio in movimento, come se fosse appena stato toccato da mani invisibili. Elisa trattenne il respiro, sentendo l’aria attorno a lei carica di un’energia palpabile.
Con mano tremante, prese il grimorio e lo sollevò delicatamente dal baule. Il tocco del cuoio era sorprendentemente caldo, come se il libro avesse conservato il calore di un fuoco da lungo spento. Curiosa e leggermente in ansia per la scoperta, Elisa aprì il grimorio con delicatezza. Le pagine, ingiallite dal tempo, erano dense di testo scritto in un’elegante calligrafia in latino. Un particolare segnalibro indicava una pagina che conteneva un incantesimo. Nonna Evelina aveva sempre parlato delle loro radici magiche come parte della leggenda familiare, ma Elisa non aveva mai preso tali racconti troppo sul serio, fino a quel momento. Leggendo ad alta voce, sentì il peso e il potere delle parole:
“Audite, voces aevorum, temporis filii,
Ex abyssis temporis, clamorem meum excipite.
Vincla quae potestates arcanas continuerunt,
Per hanc vocem, per hanc vim, nunc frangantur.
Nos, progenies Enigmari, germines antiqui sanguinis,
Potestates latentes, a lunari lumine et stellarum cursu concessas,
Nunc revocate in praesentia nostra,
In hoc loco, in hoc tempore, hic et nunc.”
Nel pronunciare quelle parole, una raffica di vento sembrò scuotere la stanza, e la luce della torcia tremò, come se rispondesse al richiamo delle antiche voci del grimorio.
“Che cosa ho scatenato?” sussurrò Elisa a se stessa, consapevole di aver appena varcato una soglia che avrebbe potuto cambiare la sua vita per sempre. Nel cuore della soffitta, con il libro tra le mani, si sentì collegata non solo alla storia della sua famiglia, ma a qualcosa di molto più vasto e incomprensibile, un legame che sfidava il tempo e lo spazio, qui e ora, in questo momento sospeso.
Mentre Elisa rimaneva immobile, afferrando il grimorio ancora aperto, la strana atmosfera sembrava intensificarsi attorno a lei. Il vento che aveva scosso la soffitta non si placava, ma piuttosto sibilava attraverso le fessure e gli angoli della stanza, come se stesse cercando qualcosa… o qualcuno.
Nel frattempo, al piano di sotto, Edoardo stava conversando animatamente con nonna Evelina, quando una sensazione improvvisa lo colpì. Un brivido inaspettato gli percorse la schiena, e per un attimo si sentì come se un’eco del vento che sconvolgeva la soffitta avesse raggiunto anche lui. Confuso e preoccupato, guardò verso sua nonna, che sembrava aver percepito qualcosa di insolito anche lei.
“Nonna, senti anche tu…?” iniziò Edoardo, la sua voce interrotta dall’intuizione che qualcosa di straordinario stava accadendo.
Evelina, con un’espressione di preoccupazione mista a conoscenza, annuì lentamente. “Qualcosa è stato risvegliato,” mormorò, alzandosi con fatica dalla sua poltrona.
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