Nel consueto c’è sempre un passaggio per altri mondi, nuovi percorsi da esplorare. Groan, quarantenne disilluso e incapace di
sognare, riscopre istinti vitali sopiti dopo un incidente d’auto. Gli strani individui che lo soccorreranno diventano la sua nuova
famiglia, e il sacrificio li unisce in una ricerca di nuove espressioni dell’essere. Il Tricheco, carismatica rockstar anni Settanta, guida un collettivo di reietti in cerca di resurrezione, mentre un microcosmo sotterraneo di confratelli hippie prega per superare l’ultimo gradino della vita e connettersi con la natura. Nel frattempo, una comunità esterna intorpidita dall’umido e dal profitto partecipa passivamente alla ricerca mentre le onnipresenti zanzare necrofile, adorate come veicoli di purificazione, infestano l’ambiente. In un mondo dove l’alto e il basso sono specchi opposti, Groan scoprirà che non sempre il cambiamento si trova andando avanti, ma a volte bisogna scivolare di lato.
Perché ho scritto questo libro?
Giovanni nel 2018 inizia a scrivere per gioco, per dare continuità ai pensieri ma presto si ritrova a parlare di sé stesso, affrontando il passato e le emozioni inespresse.
Questo è l’incipit di una serie di racconti intitolata “Favole Audaci” pensata per ispirare i ragazzi a rompere le convenzioni. Con un weird pop alla Clive Barker, intreccia il fantastico con il macabro, proponendo storie che, affrontando l’ombra, conducono alla luce.
ANTEPRIMA NON EDITATA
La pazienza dell’uomo è infinita.
Eppure, nell’imprevedibile, riaffiorano gli istinti tipici
delle bestie.
E con esse le migliori cose.
Il colosso si chinò, inginocchiandosi davanti ai suoi fedeli, avvolto in una vecchia pelliccia color nocciola, palesemente sintetica, anche per gli occhi di un profano.
Genuflesso, appassionato, o forse dolorante, mani al cielo, continuò a declamare i versi della celebre canzone dei Beatles.
Groan lo immaginò completamente nudo sotto quel tessuto, che a guardar bene doveva causargli una sudorazione esagerata. Dal volto grondavano gocce d’acqua acidula, confermando la supposizione.
Ora lo vedeva nuovamente in piedi, con braccia e gambe divaricate. Un cerchio di luce proveniente da un lucernario laterale avvolgeva e squadrava il suo corpo, che pareva elevarsi in quella posizione dai richiami vitruviani.
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Ora, seduto su di uno scanno, incastonate in chissà quale assurdo modo, la sua dentatura sosteneva due lunghe zanne d’ingiallito avorio della lunghezza di un gomito, ricavate dalle ossa di chissà quale cadavere, che per poco non toccavano terra.
La teatralità del suo aspetto era tenuta in piedi da un altrettanto credibile interpretazione dell’animale.
Con un verso stridulo seguito da uno sbruffare di liquidi biancastri seguitò:
« ..Io sono…il Tricheco »
Era in una totale trance artistica.
La sua pesante mole si muoveva con flessibile leggiadria, inscenando un ballo schizofrenico sulle note di The Walrus, che in sottofondo, giustificava le sue azioni rendendole sublimi.
I confratelli iniziarono a muoversi di riflesso, mai frenetici, ballavano trascinati, serpenti striscianti ai suoi piedi.
Lo adoravano.
“See how they run like pigs from a gun, see how they fly.
I’m crying.”
Il diffusore alle sue spalle era di modeste dimensioni, ma faceva bene il suo lavoro, e in quel luogo l’acustica era perfetta, il suono si asciugava, assorbito dalle pareti argillose.
“I am the eggman, they are the eggmen.”
Ora, lateralmente, appariva una figura femminile, seminuda, un tessuto leggero ne velava le intimità. Era una figura marginale, e nessuno distolse lo sguardo dall’interprete principale, Boogan. La tizia gli si posizionò alle spalle e completò l’esibizione coronando il capo del maestro con una ghirlanda di spine di pesce, un ornamento che lo atteggiava a Re di quell’orda di fan.
“I am the walrus, goo goo goo joob goo goo goo joob”
Il processo era compiuto, lode e gloria al Tricheco.
Lo stereo continuò a suonare, come una playlist di canzoni, ed i confratelli continuarono nel loro fluido ballo, li aveva ammaestrati come conigli resi ciechi ai riflettori.
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