Un orangotango va in pensione e parte per mare. Un uomo aspetta il ritorno delle nuvole e dell’amore. Un castoro costruisce dighe tra le stelle.
In una galleria di personaggi fragili, poetici, smarriti e visionari, si compone un mosaico surreale di vite che si sfiorano nell’assurdo quotidiano. Tra derive affettive e acrobazie dell’immaginazione, queste storie abitano la soglia sottile tra il comico e il tragico, tra la terra e l’aria, tra ciò che è e ciò che potrebbe essere.
Una raccolta di racconti che non cerca risposte ma deviazioni, e che, pagina dopo pagina, spalanca una porta sul possibile.
Farfalle distratte
Ci sono stelle che si muovono come scherzi del destino, e uomini seduti che cambiano di posto come zitelle con le mani affondate nella zuppa del futuro.
Ci sono navi mastodontiche che seguono sottotraccia orche assassine e assassini fuori pista che depistano detective sul fondo della bottiglia per l’ennesimo matrimonio naufragato.
Ci sono sopravvissuti di un nubifragio che assorbono il sole di gennaio sulla riva di un astro lontano, sperduti nell’anello di onde dell’oceano spaziale, e li osservano da lontano cosmonauti affranti con le dita incollate a terra e l’umore vagante tra i caleidoscopi.
Ci sono presidenti della camera del senato che camminano studiando il manto stradale e la polvere e la sporcizia della razza umana, e vagabondi senza una lira in tasca che non staccano per un secondo gli occhi dal cielo.
Ci sono rondini imbranate che trovano l’est solo per caso, di notte, oltre le nubi riverse del grande dubbio, e ci sono talpe rotonde come piranha che solcano le cime dell’Himalaya per una boccata d’aria fresca.
Ci sono uomini seduti che cambiano di posto come vecchie zitelle veggenti e ci sono farfalle distratte che si pongono a due passi da loro. E gli uomini seduti si alzano per vederle meglio, e in quel momento le farfalle distratte volano via.
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L’uomo maldestro
Un uomo maldestro, posato il cappello, si lascia andare seduto contro una porta. Sono due ore che aspetta. Si è seduto con l’intenzione di aspettare, lo sapeva. In cuor suo, si dice, regna la più nobile mitezza, egli sa che dovrà attendere, non se ne fa segreto, e non è in pensiero per conto dell’attesa. D’altra parte, l’uomo maldestro è preso da un insistente tremore, quando si adagia la mano sul petto, e tasta il pettorale premendo la cassa toracica, percepisce i saltini frettolosi del cuore. Così l’uomo appoggiato alla porta cerca di respirare, tira grandi boccate di aria e le esala con un fremito che gli percorre tutto il corpo, quasi gli cadono gli occhiali da vista dalla punta del naso. Vicino a lui pensa esserci un gattino. Il gattino non c’è, si intende. Ma la pena della solitudine gli è sempre stata indigesta così che ha deciso, in questa sua attesa, di evaderle. Si è immaginato un bel gattino, col visino un po’ schiacciato come un’ellisse, un po’ a mandorla, e due piccoli occhietti languidi e fuggenti, che nel folto del pelo irto si intravedono appena.
«Vieni qui, gattino» dice. «Su su, gattino, vieni un po’ qui, vieni, su, gattino.» E il gattino, presosi il tempo di decidere se dar o meno confidenza all’uomo maldestro, si avvicina, infine, e miagola. «Oh, bel gattino» dice l’uomo maldestro.
Con la mano destra fa i grattini al bel gattino, però, dopo un poco ad annaspare nell’aria la mano si stanca pure. Così l’uomo maldestro cessa di fare le coccole al suo gattino, e dopo poco si dimentica anche della sua esistenza. Passata un’altra ora controlla l’orologio. L’orologio, pensa, è un bugigattolo di insensatezza, e il tempo, tralasciando che è un concetto obsoleto, può solo che aumentare la mia ansia. Così l’uomo maldestro si risolve a concentrarsi che non gli caschi il respiro. Certo, essendo egli maldestro per definizione il rischio di un rovesciamento del respiro è sempre dietro l’angolo. Si concentra per bene, sa che per rimanere concentrato si rivela spesso assai propizio intonare una canzoncina. Siccome l’uomo maldestro non ha una buona voce, per non dire che è irrimediabilmente stonato, mugola con la gola. Passa così un’altra oretta dove l’uomo maldestro, accasciato contro la porta, attende armato di molta pazienza e ammazza il tempo canticchiando. Di colpo, come se l’avvenimento fosse terribilmente singolare, nonostante la natura stessa delle porte che sono concepite al fine di essere aperte, ecco che la porta su cui si era accasciato l’uomo maldestro si apre. Appare lei, finalmente. Ma accanto a Lei c’è Lui. «E lui chi?» direte voi. Bene, ciò non è importante, può essere un Lui qualsiasi, magari molto vecchio e canuto o proprio un giovanotto imberbe, a volte anche una lei.
L’importante è che lì, con Lei, c’è Lui. L’uomo maldestro rimane di stucco, si concentra più che può ma più di tanto non può, e si lascia cadere il cuore di mano. Quello si sfracella al suolo e va in mille pezzi. L’uomo maldestro, misurando lo scempio del suo cuore infranto, arretra di qualche passo. Arretrando pesta la coda del gatto, che come un cane, guaisce, poi con un pizzico di conforto si ricorda. Il gatto non c’è.
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