PICCOLA STORIA BREVE
Una semplice storia di vita sull’umanità
La vita, prima
C’era una volta una famiglia, che viveva con altre famiglie in un piccolo villaggio di case costruite lungo un fiume.
Questo fiume dava loro acqua, pesce, un posto dove lavare gli indumenti e, quando arrivavano l’estate o il bel tempo, tutti andavano a fare il bagno sulle sue sponde.
C’era anche il bosco, dove gli abitanti del villaggio andavano a prendere il legname per costruire gli oggetti e le case, ma anche a tagliare la legna per il fuoco. Sempre nel bosco, si recavano per raccogliere il cibo che offriva la natura e a cacciare animali da mangiare.
Dovete sapere che ogni abitante allevava qualche animale e dava a ognuno un nome: il cane Lino, la mucca Patrizia, la gallina Luciana, il maiale Bruno e via dicendo.
Alcuni abitanti coltivavano quello che potevano e mettevano gli spaventapasseri di guardia a ogni campo coltivato, di modo che gli uccelli non mangiassero i semi e i frutti. Anche agli spaventapasseri davano i nomi e ce n’era uno che si chiamava Tobia, che stava di guardia in un campo di cotone vicino al villaggio. Tobia, fatto di paglia, aveva una camicia bianca di cotone, in più portava un cappello, anche quello di paglia. Il cotone serviva agli abitanti per realizzare maglie, felpe e camicie, ma anche calzini e pantaloni.
Poi c’era Ugo, lo spaventapasseri del campo di pomodori, i quali venivano usati per fare sughi e insalate.
Poi c’era Osvaldo, di guardia al campo di zucche che, quando mature, venivano mangiate in zuppe e minestre dagli abitanti del villaggio.
Questi sono solo alcuni esempi tra i tanti campi, con altro cibo e risorse, che non sto a dirvi.
Ma come vivevano questi abitanti? Ognuno di loro faceva qualcosa.
Per esempio, Gina allevava molte galline e numerosi conigli, aveva così tante uova ogni giorno. La gallina Luciana gliene faceva trovare addirittura due a fine giornata. Ogni giorno Gina poteva farsi una frittata e con le uova avanzate andava alla ricerca di ciò che le serviva da mangiare. Portava le uova a Gabriele, che le dava in cambio i pomodori da coltivare; le scambiava anche per un po’ di grano e mais da dare alle galline quando avevano fame e non trovavano vermicelli. Ovviamente sgranava le pannocchie e le spighe per dare alle bestiole solo i semi.
Così viveva Gina: allevava galline, mangiava insalate, uova e ciò che riusciva a scambiare e stava in una piccola casa di legno. Allevava anche i conigli e i bambini del villaggio andavano da lei a giocare e a portare cibo agli animali. Certe volte si fermavano a mangiare da Gina e lei gli raccontava le storie sulla nascita villaggio. Raccontava anche come la natura fosse tutta per loro e gli diceva di giocarci il più possibile, nella natura, per imparare a sopravvivere. Detto questo e dopo aver mangiato la frittata con il sugo al pomodoro, Gina mandava i bambini a giocare dove c’erano le galline e i conigli.
Nel villaggio tutti vivevano come Gina: allevavano animali e coltivavano piccoli orti o campi, poi si servivano anche del fiume e del bosco.
Luigi, per esempio, quando non coltivava l’orto andava a pesca o a funghi. Pescava trote nel fiume, ma anche lucci e storioni, e aveva una rete che lanciava per prendere i pesci più piccoli.
Nel bosco invece ci andava alla ricerca di funghi e lumache da mangiare, ma gli capitava anche di raccogliere castagne, more, lamponi, ribes, mele, pere, noci e così via.
Il bosco era sempre generoso, a chi sapeva cercare faceva trovare tutto. Così Luigi, che andava volentieri a spasso nella natura, ritornava a casa con molte cose da mangiare che poi scambiava con gli altri abitanti del villaggio.
Tutti facevano qualcosa, ma era come se non avessero orari, sapevano loro stessi cosa fare e quando, perché lo avevano appreso fin da piccoli.
Infatti, i bambini andavano ad aiutare le persone adulte, imparando così ad allevare animali, a coltivare un orto, a pescare, a costruire spaventapasseri e a lavorare gli oggetti con il legno.
Si recavano anche nel bosco con Luigi, che gli diceva cosa raccogliere e gli mostrava quante cose utili e buone donava la natura.
Così facendo, i bambini erano liberi di muoversi nel villaggio e di capire cosa gli piaceva fare: imparavano come stare al mondo per il futuro del villaggio.
Tutti stavano con tutti e c’erano regole basate sul buon senso. Per esempio, se qualcuno stava male gli abitanti andavano a casa del malato e lo aiutavano a riprendersi.
Luigi, che andava spesso nel bosco, aveva imparato che alcune erbe trovate in natura, se lavorate in un certo modo, potevano curare ferite e dolori o alleviare il recupero da una malattia. Così insegnava queste cose a tutti coloro che andavano con lui o quando scambiava le erbe per qualcos’altro.
Spesso, nel bosco con Luigi, andava anche un bambino di nome Giulio.
Dovete sapere che i bambini si davano soprannomi ispirandosi agli animali che conoscevano. C’era infatti Filippo, che chiamavano Aquila Spennacchiata perché gli piaceva fare il verso delle aquile e aveva un naso a forma di becco. In più aveva i capelli ricci e spettinati.
Luigi, invece, lo chiamavano Volpe Curiosa perché da piccolo, quando andava a giocare a nascondino nel bosco con gli altri bambini, non riuscivano mai a trovarlo. Si nascondeva come una volpe e quando lo trovavano era solo perché era stato attirato da qualche pianta strana, o legno, o sasso che lo aveva incuriosito.
Tutti avevano un soprannome e anche Giulio, il bambino che accompagnava spesso Luigi nel bosco, era chiamato Vento Silente, perché, direte voi?
Era chiamato così perché un giorno, mentre era nel bosco, era stato rincorso da un grande orso, ma grazie alla sua velocità era riuscito a sfuggirgli correndo, appunto, come il vento tra gli alberi. Poi Giulio parlava poco, preferiva ascoltare tanto, per questo era detto silente.
Un giorno però Giulio, mentre era nel bosco con Luigi a fare raccolta, si perse. Luigi avvertì gli abitanti del villaggio e in molti si misero a cercarlo, ma niente, non riuscirono a trovarlo e, accettato il dolore per la sua scomparsa, tornarono alla solita vita.
Dovete però sapere che ogni abitante, almeno una volta, si era perso nel bosco ed era riuscito comunque a tornare al villaggio. C’era infatti un’usanza: fare giocare i bambini nel bosco affinché si perdessero. Alcuni abitanti addirittura ce li portavano e li abbandonavano. Cosa succedeva dopo? Ve lo spiego. I bambini dovevano imparare a sopravvivere e per farlo gli veniva detto di affidarsi al loro spirito guida, che era un tutt’uno con la natura. Così, soli e abbandonati, andavano alla ricerca del loro spirito guida affinché gli dicesse come sopravvivere e come trovare la strada di ritorno al villaggio. Una volta tornati erano riconosciuti come uomini e lo spirito guida non li avrebbe più abbandonati.
Alcuni di loro riconoscevano lo spirito guida in animali, piante, rocce o frutti. Gli veniva chiesto che cosa avesse risvegliato in loro la voce della guida e quella cosa sarebbe poi diventata il loro soprannome da uomini.
Questo spirito, infatti, era come una voce che gli si risvegliava dentro quando si trovavano in una situazione di difficoltà, gli diceva quale decisione prendere e infine li aiutava a tornare al villaggio, che ci crediate o no. La voce non li avrebbe più abbandonati per tutta la loro vita.
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