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Impareremo a camminare

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Koutammakou, Togo. Mimo ha appena compiuto dodici anni e ha finalmente raggiunto il traguardo del diploma scolastico, obiettivo non scontato per i bambini africani, che sono spesso vittime delle costrizioni sociali e della malasanità. Mimo, tra ostacoli, ricordi e un aiuto speciale, troverà la forza per reagire e diventare “qualcuno tra tanti nessuno”, portando avanti i desideri di Alan, il suo migliore amico. Una storia che parla di temi universali come la parità di genere e l’analfabetismo, di riscatto e di speranza, di strade lastricate solo di sudore e sogni, che Mimo percorrerà grazie alla tenacia e all’amore. E solo così imparerà a camminare per due.

CAPITOLO 1

Mi chiamo Mimo, ho appena compiuto dodici anni, e vengo da una famiglia di artigiani e produttori di bucchero. Mio nonno vanta di saper riscaldare l’argilla ad alte temperature, come pochi altri hanno mai saputo fare in questo mestiere.

Sono l’unico maschio di cinque figli. Mio padre lasciò la nostra casa quando Adeline, mia madre, mi portava in grembo dopo due coppie di gemelle. Lei fu sincera con noi, rivelandoci che nostro padre era molto arrabbiato e che nonostante avesse chiesto agli antichi dèi di avere un figlio maschio, continuava a guardare la sua pancia arrotondata con tristezza. Convinto si trattasse di un’altra bambina, inadatta ad amministrare quei pochi beni che avevamo, una notte disse addio al nostro villaggio, “alla ricerca di una prosperità diversa e di una vita feconda” come diceva Adeline. Questa frase l’ho imparata in poco tempo; voglio tenermi stretta la motivazione che ha portato mio padre lontano da noi, e un domani, magari, potergli urlare contro allo stesso modo e dirgli che non è stato un buon esempio.

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Il nonno dice sempre che la forza fisica del guerriero si dimostra dalla resistenza contro ogni ostacolo. Ma mio padre non ha saputo combattere per noi. Non ha saputo tenere unita la nostra famiglia.

Le mie sorelle sono poco più grandi di me, ma dimostrano di avere il doppio del mio coraggio. Nei loro occhi scuri e rotondi sono solito perdermi, in quei pochi momenti di comunione quando preghiamo e danziamo in cerchio. Raccolgono gelosamente i loro capelli in lunghe treccine, all’indietro, per avere la fronte scoperta e la visuale libera. Si aiutano a vicenda nel mantenere quella pettinatura e scioglierla il meno possibile con l’obiettivo di ridurre il consumo dell’acqua, sempre fredda e torbida.

Il nonno, quando ci vede vicini, mi guarda e mi sussurra che sono diverso, che devo sentirmi “privilegiato”, perché io a differenza loro potrò prendere il diploma. Non insisto mai perché mi spieghi cosa significhi essere “privilegiato”, anche perché questa parola, da lui spesso ripetuta quando mi incontra urlandomi “Autre”, non mi ha mai suggerito nulla. In cuor mio, però, qualcosa mi dice di non deludere le sue aspettative.

Qualche giorno fa gli ho chiesto che differenza c’è tra me e le mie sorelle, che vedo uguali a me nell’aspetto fisico e nelle aspirazioni, tutti pervasi dallo stesso desiderio di libertà. Mio nonno, allora, mi ha spiegato che il nostro villaggio porta avanti una rigida tradizione, un’unità familiare patriarcale e patrilineare, e ci ha aggiunto anche un altro aggettivo… forse patrilocale? Ho cercato di catturare le sue parole standomene immobile su quello sgabello, privo di schienale e con due rotelle mancanti, ma che in quel momento sembrava così comodo che avrei ascoltato il nonno per ore, prima di essere richiamato al lavoro nei campi.

Per il mio compleanno ho chiesto a mia madre un nuovo quaderno, perché ormai ho utilizzato ogni minimo spazio di quello che i miei maestri chiamano “oggetto sacro”; una volta consumate e strappate le copertine per asciugarmi il sudore, sono rimasto ad ascoltare la lezione di francese, cercando di memorizzare quante più cose possibili.

Adeline mi ha rimproverato dicendomi che devo scrivere “piccolo piccolo e fitto fitto”, facendomi capire che non è importante il lato estetico, perché “prevale il senso economico”, e innervosita ha aggiunto: «Non devi lasciare sul foglio un bordo in alto e uno di fianco, sai bene quanto la penna e soprattutto la carta siano preziosi!».

All’età di sei anni, io e i miei compagni fummo trasferiti fuori dal villaggio, divisi in gruppi che i grandi chiamano tribù e fatti entrare nei più robusti baobab, i nostri alberi giganteschi. Altri invece andarono a vivere all’interno delle capanne fatte da canne di bambù. Le nostre giornate cominciavano presto, quando il sole era appena sorto, intorno alle cinque del mattino: ci occupavamo della cura dei campi, del bestiame e della ricerca della legna, che serviva per difenderci dagli attacchi degli animali selvaggi, soprattutto i lupi. Altri ancora cercavano piccoli pozzi di acqua potabile. L’alternativa era dissetarsi da fonti d’acqua non sicure, cosa che capitava in alcuni periodi difficili, ma non amo ricordare per quanto tempo stessimo poi male. Mangiavamo una sola volta al giorno, intorno alle sei di sera, quando il buio diventava insopportabile e la mancanza di luce ci impediva di svolgere qualsiasi attività. Ci dicevano continuamente che dovevamo imparare a guadagnarci da vivere lontano da casa, separandoci gli uni dagli altri.

Io e Alan, il mio compagno di banco, eravamo stati assegnati alla lavorazione del pane, che andava separato dalle “terramare”, detriti di terra grassa accumulata dai villaggi precedenti. Ricordo che piangevo quasi tutte le sere, un po’ perché mi sentivo solo e disorientato, un po’ perché mi mancavano Adeline e le mie sorelle. Ma soprattutto mi mancavano i racconti del nonno.

2022-05-23

PIAZZA CARDARELLI

https://www.piazzacardarelli.com/single-post/ispirato-ad-una-storia-vera-un-appello-alla-parita-di-genere-e-alla-dispersione-scolastica
2022-05-23

BESTDATA-FOR EVERY DATA

https://bestdata19.com/2022/05/23/9016/ ISPIRATO AD UNA STORIA VERA: UN APPELLO ALLA PARITA’ DI GENERE E ALLA DISPERSIONE SCOLASTICA DELLE VOLTE E’ NECESSARIO PROSEGUIRE INSIEME, PER IMPARARE A CAMMINARE.

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Francesca Marra
conclusi gli studi linguistico-letterari presso l’Alma Mater Studiorum di Bologna, presta servizio presso il medesimo ateneo dal novembre 2022. Nell’a.a. 2022/2023 ricopre il ruolo di tutor dell’insegnamento di Laurea magistrale in Letterature moderne, comparate e postcoloniali dell’Università di Bologna. È impegnata in progetti di ricerca nazionali, volge i suoi interessi all’alfabetizzazione degli studenti stranieri e insegna le discipline umanistiche nelle scuole secondarie di Bologna. È aspirante giornalista e ha ottenuto premi e riconoscimenti da prestigiosi centri e istituti locali per le sue pubblicazioni su riviste territoriali e magazine online.
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