Nessuno si è mai interessato veramente a me, anzi, sono sempre stata io quella che dava tutta se stessa agli altri senza pretendere nulla in cambio. Nel corso degli anni mi sono resa conto che la gente mi usava, sfruttando la mia bontà d’animo solo per i loro frivoli scopi. Quando me ne sono accorta, la fiducia che ho da sempre riposto nelle persone ha iniziato a diminuire, fino al punto di trovare la necessità di indossare una maschera davanti a chi non mi conosceva, apparendo diversa da quella che sono realmente.
In pochi sono riusciti a capire la vera Eva e le persone a cui ho riservato un trattamento “speciale” sono sempre scappate: nessuno è riuscito a trovare mai il coraggio di portare sulle proprie spalle una situazione complicata come la mia, preferendo fuggire da me, anziché aiutarmi a superare certi momenti.
Grazie proprio a queste persone, sono giunta alla conclusione che l’unica che poteva aiutarmi ero io, perché solo noi stessi possiamo comprendere i nostri sentimenti, le nostre emozioni e sensazioni, nessun altro potrà mai essere talmente empatico da percepire tutte le sfumature della nostra interiorità.
Colei che mi aiuterà a far capire che la vita è degna di essere vissuta è la donna che più mi somiglia, mia mamma, attraverso i suoi diari e i vari scritti composti da lei stessa.
Questo libro è formato da due parti, che rispettivamente narrano la mia vita e quella della mia mamma, interconnesse da un qualche filo immaginario e trascendentale.
INTRODUZIONE
Mia nonna materna mi raccontava sempre una storia che parlava di due bambine, una più buona e una meno buona. Era una fiaba che narrava anche a mia mamma e a mia zia Nadia.
Un giorno la mamma chiese alle figlie di lavare i panni al lavatoio che si trovava nella piazza del paese e ovviamente andò la più buona; giunta al lavatoio, questa incontrò una vecchietta, che chiese gentilmente alla bambina di raccoglierle il sapone cadutole in acqua. Arrivata nel fondo della vasca, vide una casetta e, incuriosita da ciò che si trovava davanti ai suoi occhi, entrò invitata da due gattini che girovagavano da quelle parti.
Il disordine regnava e subito la bambina, proprio perché era buona, lavò i piatti sporchi e ordinò la cucina, rassettò i letti, pulì il bagno, spazzò i pavimenti e spolverò i mobili.
I gattini, grati per quello che aveva fatto, salutandola, le dissero di voltarsi una volta raggiunta metà del percorso di risalita e lei lo fece. Consegnò il sapone alla vecchietta e lavò i panni della mamma ma, quando arrivò a casa, lei con stupore le disse di guardarsi allo specchio: nella sua fronte c’era una stella che brillava e la bambina, stupefatta, ne era felicissima, perché per lei significava essere diventata una principessa.
La sorella meno buona era molto invidiosa e, in men che non si dica, andò subito al lavatoio decisa a ottenere anche lei una stella. Dopo aver incontrato la vecchietta, che come aveva fatto poco prima con sua sorella le chiese di raccoglierle il sapone caduto, si tuffò ma, anziché ripetere le buone azioni dell’altra, fece un gran disordine, mangiò il cibo svuotando le dispense, sporcò il bagno e disfece i letti.
I gattini non le dissero niente e lei non raccolse nemmeno il sapone alla vecchietta; una volta a casa, però, immediatamente si guardò allo specchio e vide sulla fronte un lungo corno.
La bambina si mise a piangere, pensando di essere orribile con quel corno e rendendosi conto che non poteva più uscire e parlare con nessuno. La bambina buona, allora, la chiamò e le spiegò che forse avrebbe potuto rimediare ai suoi errori con la gentilezza e la bontà.
E così la bambina meno buona diventò anche lei brava, premurosa, gentile e buona come la sorella e il brutto corno scomparve; a questo si sostituì una stella brillante e le due sorelle principesse vissero felici e contente con la loro mamma regina e il loro papà re.
La morale di questa favola è che la bontà e la generosità sono qualità sempre apprezzate e senza eccezione bisogna manifestarle e donarle.
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