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La ballata dei mestieri

La ballata dei mestieri
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Consegna prevista Luglio 2024

Capita a chi decide di intraprendere un percorso spirituale di imbattersi in ciarlatani in preda a deliri di onnipotenza, narcisisti bramosi di controllare il prossimo o spillare soldi a persone ingenue che in una fase difficile della loro vita sono diventate fragili e hanno ceduto facilmente alla credulità. Cialtroni, sedicenti guru che cavalcando l’onda della moda vendendo le loro teorie sballate a prezzi esorbitanti, oltre ai fanatici, che con la pretesa di essere aperti alla percezione ingabbiano chi si rivolge a loro in un vortice assolutistico di precetti ai quali si deve categoricamente sottostare.
Questo romanzo è il primo di una serie di storie dedicate alla ricerca di se stessi e dei grandi interrogativi esistenziali che da sempre gli uomini più curiosi si pongono.
La ballata dei mestieri racconta le insidie che si nascondono durante un viaggio così difficile e impegnativo.
Una cricca di truffaldini capitanata da un sedicente sensitivo, in realtà un abilissimo mentalista,

Perché ho scritto questo libro?

Da qualche tempo ho iniziato un percorso spirituale. ciò mi ha portato a incontrare molti sedicenti guru, narcisisti, fanatici ed egocentrici. Ho voluto raccontare questi personaggi e svelarli nella loro pochezza con un misto di ironia e drammaticità. Questa storia è la prima di un progetto più ampio che comprende almeno altri due libri. Un viaggio nelle grandi tematiche esistenziali, iniziando dalle insidie che si possono incontrare quando si intraprende una ricerca così intima.

ANTEPRIMA NON EDITATA

Anno 2016

Le due mani poggiate una sopra l’altra. Quella più emaciata, istoriata di vene bluastre che sembrano fuoriuscire dalla pelle, è protetta da quella affusolata e liscia, ancora forte e giovane.

Come una chioccia cova il suo uovo.

Il respiro affannato di chi sta per andarsene per sempre.

Una voce sussurrata.

«Mamma.»

Tutta la sofferenza dell’universo.

«Tesoro, sono stata stupida.»

La mano giovane stringe la vecchia.

«Mamma, non è colpa tua. Sono stati loro. Ti hanno raggirata. Gliela farò pagare.»

«Amore, conosci la storia della condottiera?»

«Cosa dici, mamma?»

La mano giovane allenta la presa.

«Non te l’ho mai raccontata? Allora lo farò adesso.»

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«Mamma, devi riposare.»

«No, è bello, è come quando ti raccontavo le fiabe per farti addormentare.»

La mano anziana si solleva, scansando quella giovane.

«C’era una grande condottiera che doveva attraversare un fiume: il Rubicone…»

Insidiosa la nebbia strisciava lungo il sentiero sconnesso mentre il carro sobbalzava. Alberi sonnolenti facevano da contorno a un paesaggio scheletrico, sembravano colpiti da un incantesimo maligno. Non era un sonno naturale quello che scorreva nelle trame dei rami scuri che laceravano il cielo. Letali, provocavano ferite alle nuvole grigie facendole sanguinare pioggia nera e densa.

Una corona di spine cingeva l’intero universo.

Quell’alba gelida, forse, era un funesto presagio di morte. Una figura ricurva sotto un mantello liso dondolava, seduta su un carroccio trainato da un cavallo emaciato. Persa, seguiva il fiumiciattolo cristallino appena sfiorato da una coltre di foschia sfilacciata. Poteva essere un mercante, ma niente trapelava dal cappuccio che ne nascondeva il volto, pareva anch’esso colpito dallo stesso incantesimo che aveva avvizzito gli alberi. La visione desolante si animò quando il mercante alzò all’improvviso la testa, dopo aver sentito davanti a sé il suono di zoccoli equini attutito dal terreno morbido. Tirate le briglie il brocco si fermò. Dalla nebbia emerse un cavaliere, avanzava incerto. La divisa da centurione – un giovane con lo sguardo da guerriero bambino – teneva per le briglie un altro cavallo senza cavaliere. Il mercante scoprì il capo rivelando il volto nobile di una donna.

«Salute a te generale!» il centurione alzò il braccio e la sua voce squillante squarciò la coltre nefasta.

La donna stirò leggermente le labbra sottili e marcate trasformando la sua espressione preoccupata in un leggero e contenuto sorriso.

«Salute a te Valentino, mi ero persa in questa piatta desolazione. Puoi chiamarmi Zoe quando siamo soli, sono un soldato, è vero, ma ho bisogno anch’io di sentirmi umana.»

Gli occhi scuri e profondi della donna si addolcirono per un attimo, poi tutto il suo volto lungo riprese la smorfia autoritaria che un militare deve assumere davanti a un sottoposto e il suo profilo nobile, dal naso pronunciato, tornò a stagliarsi fiero contro il grigiore luminoso dell’alba invernale. Valentino scosse il capo per spostare il ciuffo di capelli scuri che gli cadeva su uno dei grandi occhi nocciola; anche in battaglia non perdevano mai la loro commovente dolcezza.

Zoe si tolse il mantello da mercante e sfoggiò tutta la sua maestosità scendendo agile dal carro. Nonostante avesse ormai superato la sessantina il corpo era asciutto e ancora scattante. Il mantello rosso, fermato all’altezza della spalla da un bottone dorato che raccontava il suo lignaggio, scendeva pesante fino alle caviglie sottili ricoperte da calzettoni di lana. L’armatura bronzea in tutto quel grigiore: si incamminò silenziosa verso Valentino; le caligale quasi non lasciavano segni sul terreno fangoso tanto i suoi passi erano leggeri.

Valentino passò le briglie del secondo cavallo a Zoe che le afferrò con decisione per poi chinare il capo verso il muso della bestia e accarezzarla con tenerezza, lasciando riposare la sua treccia canuta tra il collo sottile e le spalline dell’armatura.

«Finalmente insieme, mio buon destriero, mi sei mancato.»

Mai Valentino aveva visto il generale Zoe così addolcita. Di solito il suo tono era autorevole e il carattere collerico. Incuteva timore reverenziale non solo ai soldati, ma anche agli altri ufficiali.

Il giovane sapeva che per il generale quello era un giorno cruciale, doveva prendere una decisione importante: raggiungere i suoi soldati e attraversare il Rubicone. Quel rigagnolo d’acqua insignificante geologicamente, ma d’importanza strategica per la sua vita e per tutto quel mondo grigio, segnava il confine tra la pace e la guerra. Una volta attraversato si era nel territorio nemico.

«Stavo per perdermi nell’agonia della nebbia, ma ti ho incontrato e ora dovrai guidarmi verso il mio destino. Portami dai miei soldati e poi attraverseremo il fiume per riprenderci questo mondo perduto. Una volta al di là del confine saremo in guerra e non potremo più tornare indietro… Almeno, per me sarà così.»

Zoe salì a cavallo ergendosi in tutta la sua magnificenza. I due tirarono le briglie, voltarono i destrieri e cominciarono a cavalcare. Poco dopo raggiunsero i soldati che al loro arrivo si destarono dall’attesa sistemandosi gli elmi sulla testa, pronti a ricevere gli ordini. Impettita sulla sella la condottiera sapeva che il suo disegno di vendetta e conquista sarebbe dovuto proseguire senza indugi.

«Generale, siamo pronti per guadare il Rubicone.»

Zoe si voltò lentamente, seria e pensierosa.

«Sembra più l’Acheronte oggi, ma non aspetteremo Caronte per attraversarlo. Uomini, con me!»

Tutti i legionari la seguirono in un silenzio spettrale, rotto soltanto dal rumore degli zoccoli dei cavalli e dal clangore delle armature.

Anno 2018

Il mago

Pensieri vuoti gli rendevano lo sguardo ancora più gelido, i suoi occhi di cristallo emulavano l’azzurro dei cieli tersi di settembre. Avvolto dalle sue stesse cianfrusaglie il mago si concentrò all’improvviso sull’inutile sfera di cristallo, nella quale scorse un lampo, un’idea repentina: ebbe l’istinto di appoggiarvi le sue mani curate e affusolate. La voce, severa e profonda, uscì fuori spontaneamente e, come fosse stato in un teatro, davanti a una gremita platea, cominciò a fare quello che più gli veniva naturale: recitare.

«Io so, ci sono alcune regole imprescindibili:

le persone, di base, sono tutte uguali, hanno tutte gli stessi problemi.

Le persone sono egoiste, vogliono stare bene anche a scapito di altri.

Le persone sono invidiose e vogliono vedere distrutti i loro avversari in qualsiasi campo.

I pilastri della vita sono tre: amore, lavoro, salute.

Su queste tre banali parole ruota tutta l’esistenza degli esseri umani di questo pianeta.

Il pianeta se ne fotte altamente di loro e continua a girare indifferente. Io con lui.

Lo so, la mia tana è una mansarda. Non ricordo come fosse in origine, non c’è millimetro quadro che non sia occupato da qualche oggetto. La confusione è il mio regno, lo so, ma ogni tanto sono costretto ad areare, pulire e mettere in ordine per non fare brutta figura con le mie zolle.

Ah sì, dimenticavo, chiamo zolle i miei clienti. Loro sono un terreno fertile da arare, da trasformare in zolle, appunto, che puoi girare e rigirare come vuoi, frantumare e infine seminare.

So che i semi sono di diversi tipi: il seme della paura è quello che spargo di più, poi c’è il seme dell’odio, dell’egoismo e quello dell’avidità.

Io semino gramigna, lo so signori cari, non cose commestibili, ma rovi e sterpi aggrovigliati sapientemente per confondere e ingarbugliare gli animi.

Sono un mago. Faccio le carte e leggo la sfera di cristallo. Soprattutto, parlo con gli angeli. Le zolle mi credono e mi foraggiano. Cinquanta euro a seduta, ma escono di qui soddisfatte, perché io so: so tutto di ognuna di loro!

In fondo non sono un truffatore, sono un rasserenatore di anime. Dico loro quello che vogliono sentirsi dire e loro si comportano di conseguenza.

Io so che la vita è un libro dove tutto è sempre molto chiaro e razionale, spesso e volentieri è deprimente e cinica e quando va a rotoli non c’è nulla che possa fermarla, a meno che… non la si prenda per i capelli e la si tiri fortemente su.

Io so che non si vive onestamente, è impossibile. Per poter emergere o anche solo sopravvivere, devi ingannare il prossimo: io modestamente so farlo molto bene. Ho imparato senza maestri, ci sono nato con questa dannata sensibilità nel capire gli stati d’animo della gente, è impressionante. Per fare colpo su una ragazza mi bastava elencarle i suoi problemi: li azzeccavo sempre.

Io so che gli occhi dicono molto. Ogni stato d’animo è calcolabile dall’angolo di direzione dello sguardo. Se è piatto e arriva dritto sui tuoi occhi significa che la persona è decisamente sofferente e dissimula, sotto una sfacciata sicurezza, dolori e paure inenarrabili. Se è a quarantacinque gradi verso l’alto significa che la persona è altamente piena di sé, ma sognatrice. Ha ben chiaro ciò che vuole ed è decisa a portarlo a termine, quindi, quello sguardo assumerà un aspetto molto riflessivo. Se lo sguardo è a novanta gradi, sempre verso l’alto, allora vuol dire che la zolla è completamente fuori dal mondo, romantica e idealista, non ha certo una vita facile, ma è una zolla fiera di sé. 

Se l’angolo è a trecentosessantacinque gradi, ovviamente verso l’alto, significa che ha una crisi epilettica. Quando invece lo sguardo è in basso, non c’è scampo per la zolla, è completamente rassegnata.

Io lo so: gli uomini sono pagine bianche e puoi scriverci sopra ciò che ti pare.»

    

***

La mattina era scarsa, il sole si nascondeva dietro una coltre finissima di zucchero a velo e questo al mago non piaceva proprio. Preferiva le giornate bigie: quelle abbondanti, dove le nuvole non sono a velo, ma blocchi pesanti di pioggia grigia. Erano i giorni in cui le persone arrivavano numerose nel suo studio a cercare rimedi per i loro problemi. I giorni soleggiati erano i peggiori, li chiamava i “giorni vuoti”. La gente impazziva, si metteva la maschera della felicità e usciva di casa convinta che il sole cancellasse le pene. Il mago pensava che gli uomini fossero solo degli idioti perché lui sapeva che il sole, le pene, le trattiene per poi restituirle ancora più vivide al tramonto.

Lei era seduta davanti a lui. Il tavolo pieno di colori. Carte sparse ovunque. Le usava di rado, ma facevano scena. Non ce n’era alcun bisogno da quando si era inventato la storia del contatto con gli angeli.

La zolla si strofinava in continuazione le mani. Sulla cinquantina, ma aveva ancora capelli fluenti e tinti di nero e il corpo rotondo e armonico la rendeva attraente. Lui però non sentiva alcuna attrazione per lei, aveva altro su cui concentrarsi.

La donna porse la mano sudata al mago. Il suo problema giaceva nel sottobosco delle illusioni. Le labbra, carnose e rosa, erano serrate dietro un rivolo lacrimoso che ne seguiva i contorni. Il problema si chiamava amore o meglio, tradimento. Al contatto delle mani lei ebbe un sussulto. Questo era quello che il mago definiva un blitz! Cioè una reazione causata dalla sua laida presenza e dalla sgradevole sensazione della mano abbandonata in quella del cliente. I blitz erano pericolosi, meglio metterli da parte, potevano contaminare la scena del delitto, l’assassino non era il blitz e nemmeno il maggiordomo, ma l’amore. Il mago l’aveva individuato, ora andava isolato da tutto il resto, come quando si isola un virus per trovarne il vaccino.

Via la paura, la rabbia, via l’odio, la delusione, scremare, scremare… Alla fine lo trovò ed ebbe una grande sorpresa! Il virus non era nemmeno l’amore, come pensava all’inizio. Era normale, la prima analisi poteva portare fuori strada, lo stato d’animo è un uragano di emozioni, trovare la causa del delitto è dura. Lui però era bravo, il migliore. Meglio di uno psicologo. La donna non amava il suo compagno, che non era il marito. La signora era sicuramente divorziata e adesso aveva un’altra relazione. Lo aveva capito dal terrore che le si leggeva negli occhi. È così quando, dopo un matrimonio fallito, vivi una nuova storia e ti rendi conto che anche questa non funziona.

Il mago cominciò a far parlare la mente così da catalogare tutte le manovre necessarie per imbrogliare la zolla. Un dialogo interno, un batti e ribatti tra le reazioni del cliente e le sue intuizioni. Un’interazione muta: consapevole solo dalla parte del ciarlatano, ma non da quella della zolla.

Io so… ho fatto canestro! Centrato in pieno. Il campo da basket può sembrare l’amore, in realtà è la salute: ansia, paranoia.

«Come ti chiami, cara?»

Bene, mi piace com’è venuta fuori la domanda, con questa voce melliflua, ambigua. Io so che la zolla deve rimanere confusa, avere fiducia in me, ma anche temermi, non deve essere troppo a proprio agio altrimenti ha spazio per pensare e riflettere, no… devo metterla all’angolo e lì deve restare. Io so.

«Maria», le trema la voce.

Io so, è nelle mie mani, ormai ho pieno potere su di lei.

 

Troverai qui tutte le novità su questo libro

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Massimiliano Fusai
Massimiliano Fusai nasce a Cesena il 3 febbraio del 1967. Vive da sempre nell'entroterra riminese e già da bambino era solito raccontare agli amici storie da lui inventate. Appassionato di fumetti e letteratura da adolescente prova a scrivere le sue prime storie. Si dedica anche alla musica componendo canzoni per il gruppo “Bar luna”. Con il covid il gruppo si scioglie. Prova così a scrivere il suo primo romanzo: “Dove abita Dio” che darà il via alla sua attività di scrittore. Ha composto monologhi teatrali da lui stesso recitati come "Niente più pane": basato su una strage nazifascista. e "I fori di Cristina": la storia di Cristina Golinucci, ragazza scomparsa misteriosamente agli inizi degli anni novanta. Ha all’attivo cinque romanzi: Dove abita Dio, “E”, La rosa il folletto e il vecchio fucile, Dacci oggi i nostri eroi quotidiani e L'uomo sospeso, editi da Pluriversum edizioni.
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