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La congiunzione imperfetta della solitudine

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Nel silenzio di una scelta estrema un uomo lascia tutto: la Sicilia, la compagna, la figlia e quella vita apparentemente felice che lo tratteneva in un ruolo che non sente più suo. Rifugge la quotidianità per ritrovarsi ai piedi delle Alpi, in compagnia del suo gatto e della sua scrittura, e tentare la riconciliazione con un passato che lo insegue e con un presente che lo scuote. Mai completamente fuori dal tempo, mai davvero in fuga, vive una condizione di assenza: assenza di nome, assenza di certezze, assenza di pace.

In questo confronto con l’altitudine e con la natura fredda e severa, emergeranno le figure delle donne della sua vita, e una in particolare lo porterà a capire che la solitudine non è solo isolamento fisico, ma anche un campo di battaglia interiore.

1

Era fine estate. Gli alberi erano spogli e intorno c’era rarissima vegetazione verde sparsa, composta da piante perenni; l’estate era stata torrida e secca, le temperature calde avevano bruciato ogni cosa. Il sentiero formato da terriccio e sassi era ben delineato a causa di quelle persone che in estate passeggiavano ai piedi della montagna. I più coraggiosi si inoltravano nei sentieri meno conosciuti, man mano andando a un’altitudine maggiore.

L’uomo camminava a passi svelti e incontrollati come se stesse seguendo una pista: la sua andatura era talmente convinta e violenta che comportava l’innalzarsi della polvere, i suoi scarponi lasciavano segni abbastanza evidenti al suo passaggio.

L’uomo si arrestò di colpo. Si voltò indietro, vide che le tracce che aveva appena lasciato già stavano scomparendo.

«E alla fine cosa rimane?» ripeté a voce alta.

Era impietrito di fronte alla strada sterrata che conduceva in cima alla montagna.

Quel giorno scelse di non presentarsi al lavoro, così s’incamminò in direzione opposta. Stavolta affrontava quel solito sentiero di montagna senza ragionare, in modo istintivo e spontaneo; non si era mai trovato in quello stato di trance totale e incontrollato. Per la prima volta nella sua vita aveva perso la lucidità mentale, si lasciò naufragare; disorientato aveva perso la sua capacità di calcolare ogni passo, anche la paura di sbagliare era andata via. Era libero da ogni pensiero; proprio questi avevano avuto il comando assoluto della sua infelicità.

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«E alla fine cosa mi rimane?»

Era un uomo di poche parole. Tutto quello che usciva dalla sua bocca non era mai stato involontario e neanche incontrollato; all’apparenza sembrava un uomo saggio, pacato, ordinato e bilanciato. Veniva ammirato per quel suo modo di essere e allo stesso tempo per alcuni l’ammirazione si trasformava in disagio e inquietudine. La sua sensibilità, molto vicina all’empatia, era una sentinella sempre pronta a captare ogni sentimento altrui. E quando questa sua assoluta bontà creava disagio negli altri, si mortificava e sentiva l’esigenza di andare lontano da tutti.

Dentro lui c’era il caos.

Si trovò lì, ai piedi della montagna. Erano passati all’incirca vent’anni da quando la vide per la prima volta e da quando aveva incominciato a inoltrarsi in mezzo a quei sentieri. In quell’occasione di molti anni fa, era rimasto incantato nel vedersi circondato da tutto quel bianco.

A quei tempi aveva poco più di trent’anni e in quegli attimi pieni di malinconia aveva lasciato spazio alla speranza che tutta quella neve cancellasse il suo passato.

Il tempo è una canaglia: si vive tra l’amarezza del passato e la falsa speranza del futuro. Ed era proprio questo l’ago della sua bilancia, prepotentemente immobile tra il passato e il futuro, nell’angosciosa e perenne incertezza della propria esistenza.

Tornando al presente di quel giorno, di fronte alla montagna nuda e senza neve, gli tornarono a bussare dentro i pensieri colmi di insoddisfazione. Un treno in lontananza fischiò più volte, si girò in direzione delle rotaie; pensò al fatto che da quella distanza sembrava che andasse così piano e che in verità viaggiava alla sua massima velocità. Pensò subito alla sua vita e a come gli stava sfuggendo di mano.

«E alla fine della corsa cosa rimane?»

Stavolta lo disse come se lo stesse chiedendo a qualcuno di fronte a lui. La strada era in discesa, tuttavia provò una grande fatica nel tornare a casa.

2

A passi lenti arrivò nella via principale: pochi minuti e sarebbe giunto nel piccolo centro storico. Sembrava che poggiasse i piedi in modo armonioso, senza calpestare il suolo. La calma apparente è solo guerra e sangue dei conflitti interni. Dentro era una furia, sentiva che qualcosa dentro lui stava crollando; le sue difese avevano perso credibilità. Nonostante tutto, scivolava sulle strade con disinvoltura.

«Dottore… Dottore…» Una voce maschile fragile e convinta arrivò da un tavolino del bar. L’uomo che ancora cercava di trovare una tregua con se stesso non sentì la voce. «Dottore…»

«Don Nanni… mi scusi, ero sovrappensiero.»

«Pensare troppo fa male, si rischia di impazzire.» Sorrise e mise in mostra quei pochi denti invecchiati.

«Come darle torto.»

«Non puoi. E che ci pensi a fare? Ogni cosa in questa vita ha una fine. Tutto finisce. Portarmi qualcosa che non abbia una fine e ti offrirò del nebbiolo finché campo.» Stavolta sorrise e bevve due sorsate abbondanti di vino rosso.

L’uomo rimase in piedi davanti al tavolo, per un attimo dimenticò i pensieri negativi che poco prima l’assalivano e ci rise su, disse: «Ne è certo? Lo sa che potrebbe perdere».

«Ah, Dotor! A breve salterò la fossa e buonanotte. Lo capirete troppo tardi che per l’uomo non esiste né vittoria né sconfitta.» I suoi toni erano rassegnati e malinconici, come quelli di tutti coloro che hanno deciso di non combattere più.

Proseguì il cammino verso il suo appartamento. «Il vecchio mi ha fatto venire voglia di vino, appena torno a casa… casa… casa.» Così i suoi pensieri si bloccarono alla parola casa. I tormenti tornarono a picchiettare la sua mente, lui che da sempre si era sentito un vagabondo del mondo, e di fronte alla parola casa aveva l’istinto di andare via, via da ogni forma di stabilità. Così un giorno di vent’anni fa era partito per arrivare dov’era adesso. Sognava la natura, la montagna e la solitudine. Le Alpi lo accolsero e lui le amò da subito.

Arrivò a casa. Stappò un buon vino rosso di stagione. Lo versò nel bicchiere di vetro, avviò il giradischi e lasciò fare alla musica il proprio dovere: riempire il silenzio e cacciare via i pensieri. Bevve il primo bicchiere e subito dopo anche il secondo.

La situazione non era migliorata, in testa c’erano solo pensieri incontrollabili: qualche minuto dopo divenne tutto più sopportabile. Nessuno sapeva di questo suo segreto. La sobrietà del suo stile e della sua intelligenza non dava spazio a immaginarlo schiavo dell’alcol. Sentì dei rumori provenire dalla porta, rimase comodamente sul divano ad aspettare ciò che stava per succedere.

«Commissario, è lei?! Si accomodi qui, accanto a me.»

Il gatto si strofinò sulle gambe del padrone. Dopodiché saltò sul divano e si acciambellò. L’uomo con il bicchiere in mano osservò il gatto; in quel momento si ricordò perfettamente il giorno in cui lo scelse come suo compagno di vita. Tra tutti i gattini, era quello più piccolo e allo stesso tempo quello più coraggioso. Era poco più piccolo di un pugno, gli occhi a palla giganti e il pelo bianco e lungo. Era così buffo che il ricordo lo fece sorridere. Si scelsero e da quel giorno furono inseparabili. Quando decise di trasferirsi ai piedi delle Alpi, la sua prima preoccupazione fu proprio lui, come poteva trasportarlo senza causargli un trauma? Scelse ovviamente l’aereo affinché tutto si sistemasse il più presto possibile: gli fece iniettare un sonnifero e tutto finì nel giro di poche ore. Ripensò a tutti gli anni insieme, il commissario Montalbano era arrivato a circa vent’anni di età.

Qualcuno bussò alla porta.

2025-04-27

Evento

Aula consiliare del comune di Furci Siculo Presentazione del libro in Crownfunding "La congiunzione imperfetta della solitudine" Aula Consiliare comune di Furci Siculo giorno 27/04/2025 alle ore 18.30
2025-04-26

Evento

Chiesa SS. Trinità in Mandanici Presentazione del romanzo in crownfunding "La congiunzione imperfetta della solitudine" alla Chiesa SS. Trinità in Mandanici giorno 26 aprile alle ore 19.15
2025-04-24

Evento

Palazzo Comunale in Savoca Presentazione in crownfunding del libro "La congiunzione imperfetta della solitudine" al Palazzo Comunale in Savoca (ME)
2025-04-12

Evento

Biblioteca comunale di Nizza di Sicilia Presentazione in crownfunding del romanzo "La congiunzione imperfetta della solitudine" di Nicola Cincotta alla biblioteca comunale di Nizza di Sicilia
2025-04-04

Evento

Villa Ragno in Santa Teresa di Riva Incontro a Villa Ragno in Santa Teresa di Riva giorno 4 aprile alle ore 18.00 insieme all'associazione culturale Caffè Riva D'Arte per il libro "la congiunzione imperfetta della solitudine"
2025-03-29

Evento

Centro sociale "G. Paolo II" in Roccalumera Presentazione del libro "La congiunzione imperfetta della solitudine" con l'associazione culturale "Rocca"
2025-03-16

Evento

Centro polivalente di Pagliara Presentazione del libro "La congiunzione imperfetta della solitudine" presso il centro polivalente del comune di Pagliara, giorno 16/03/2025 alle ore 17.00

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Nicola Cincotta
Nasce a Messina nel 1985. All’età di sedici anni scrive le prime poesie. Nel 2014 pubblica il suo primo romanzo, Tasso alcolico 7.7%, con la casa editrice Kimerik e l’anno successivo i suoi racconti sono inseriti nelle raccolte di varie case editrici. Dopo undici anni di apparente pausa, si ripropone al pubblico con una scrittura più consapevole e matura: La congiunzione imperfetta della solitudine scandaglia l’animo umano bilanciando introspezione e narrazione.
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