PROLOGO
Il boato è avvertito da almeno metà della popolazione del tranquillo paese. Dopo le dieci di sera, tutti hanno finito di cenare e molti hanno già messo il pigiama per andare a dormire.
Sono bastati pochi minuti per far radunare decine di persone nel vicolo. Gli uomini più forzuti iniziano a scavare a mani nude. Si cerca di non provocare ulteriori crolli.
Tutti sono invitati a fare silenzio. Occorre stare attenti e ascoltare ogni minimo rumore proveniente da sotto le macerie.
«Qui c’è qualcuno!»
Altri tre uomini raggiungono il trentenne grondante di sudore. Tutti insieme spostano lentamente due grandi blocchi di detriti. Purtroppo, non c’è più niente da fare.
«È una donna. Oddio, ma è una suora!» «Una suora? Ma che ci fa una suora qua?»
PARTE PRIMA. LUISA
PROLOGO CAPITOLO 1. NEVE
«Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra…»
Letizia è in piedi, attaccata alla finestra, e fissa la neve scendere dal cielo mentre ripete la frase della Bibbia. La ripete anche se non sa in quale libro delle sacre scritture è riportata. In uno dei Vangeli? Nel Pentateuco? La cosa non ha importanza. La ripete semplicemente perché don Giulio l’ha pronunciata tre volte durante l’ultima omelia domenicale e sin da subito la musicalità della sequenza le è entrata in testa come le succede con il martellante frinire delle cicale in estate.
Sussurra la frase più volte a bassa voce, fino a mescolarle con le note del “Santo, Santo, Santo”: ecco, la frase sarebbe perfetta come inizio di una bella canzone…
Negli ultimi mesi si è convinta che da grande vuole fare la cantante e spesso si ferma a chiacchierare con le suore del coro per chiedere consigli su come evitare le stonature quando affronta le note alte di Lili Marlene, la sua canzone preferita. Da qualche giorno, inoltre, ha deciso che è arrivato il momento giusto per scrivere una canzone da presentare in piazza alla prossima festa di San Rocco, una canzone così bella che la renderà famosa non solo a Idagliero, ma anche in tutta l’Italia.
Vicino alla finestra si gela, eppure lei resta là a guardare i grossi fiocchi di neve cadere dal cielo.
Il chiavistello è rotto da almeno un mese e le ante, che non si chiudono bene, lasciano entrare tanti spifferi: nelle giornate ventose non c’è differenza tra il tenerla aperta oppure chiusa. Per smorzare la corrente d’aria, Angelina ha posto sul davanzale interno della finestra due salsicciotti di vecchi vestiti usati, ma il risultato è deludente.
Letizia ora li fissa e realizza che quei salsicciotti sembrano degli enormi vermi vestiti da Arlecchino, proprio la maschera di Carnevale più usata nel paese. Aveva sei anni quando si era travestita in quel modo per la prima volta e poi aveva riusato lo stesso vestito per le due stagioni successive. La prima volta il vestito era larghissimo, però lei non se ne era resa conto, poiché la sua attenzione era stata catturata dalla bellissima cintura di raso rosa che la vicina di casa le aveva regalato per non far cascare i pantaloni. Il secondo anno il vestito le stava a pennello. La lunghezza delle maniche e del pantalone era perfetta e non era stato più necessario fermare con le spille da balia i risvolti fatti all’interno delle estremità. Sembrava un vestito fatto su misura da una brava sarta. In effetti, era stato confezionato su misura, ma le lunghezze erano state prese sul magro corpo del cugino Carletto, qualche anno prima. La terza stagione, invece, le era andato stretto. In più faceva molto freddo durante quel febbraio, così tanto che aveva dovuto indossare anche il pigiama sotto il vestito. Quindi, più che da Arlecchino, sembrava travestita da un cuscino multicolore imbottito.
Letizia ama molto stare vicino alla finestra anche per un altro motivo: le piace soffiare sul vetro per farlo appannare e poterci così disegnare le stelle con l’indice della mano destra. Non della sinistra, ma della destra, perché lei non è mancina come sua madre, sua nonna e tutte le sue zie. A dire il vero, ogni tanto prova a disegnare le stelle con l’indice della mano sinistra, ma più che corpi celesti sembrano dei gomitoli di lana. Quindi, quando vuole disegnare delle belle stelle, usa solo la mano destra. Prima tratteggia le cinque punte e poi passa il dito anche all’interno, in modo da riempirlo. Lo fa con la massima calma e attenzione per evitare il formarsi della goccia che scivola giù rovinando tutto.
Mentre è intenta a disegnare la terza stella sul vetro destro della finestra, la voce acuta della madre coglie la sua attenzione. Per una volta, non è stridula.
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Antonio Piero Ceglie (proprietario verificato)
Storie che si intrecciano in un impareggiabile gioco di parole e personaggi. Un dinamismo di vicende che si susseguono in modo febbrile.
Un racconto che – inevitabilmente – incolla il lettore. Paesaggi che traspirano odori ed emozioni dello spazio.
Una penna sagace che denota una accuratezza del dettaglio.
Fugge il tempo nella lettura esattamente come una fuga in moto.
Da rileggere e rileggere per entrare in simbiosi con Letizia.
Francesca Romana Valente (proprietario verificato)
In questo libro si viene immediatamente trasportati indietro nel tempo, nella Calabria del primo dopoguerra e ci si trova davanti a una ricchezza di personaggi caratterizzati da vite complesse e travagliate. La scrittura è estremamente scorrevole e dettagliata, quasi una sceneggiatura, con un’attenzione forte ai dettagli culturali e popolari della Calabria di quegli anni.
Il lettore viene subito calato a forza in una vicenda drammatica, che vede dipanarsi e aggrovigliarsi al tempo stesso, in una situazione di continua tensione per cosa accadrà nelle pagine successive.
Eppure non è un giallo, piuttosto uno spaccato della parte oscura dell’animo, capace di sopraffazioni e violenze proprio all’interno della cerchia più intima delle relazioni umane.
Il tempo della lettura è veloce, quasi quanto la fuitina in Vespa dei protagonisti; l’unico appunto che mi sento di fare è nell’accelerazione finale, in parte certamente voluta, che tuttavia fa percepire l’epilogo quasi frettoloso rispetto a tutta la vicenda sapientemente e pazientemente costruita.
Ma forse, in fondo, mi sono sentita così immersa nella storia che staccare da quei personaggi avrebbe richiesto un pizzico in più di gradualità. Grande storia e davvero bella penna quella di Renato Mango.
Valentino Bado (proprietario verificato)
Leggere un libro ci dice molte cose sul suo autore, sul modo di scrivere e sulle emozioni che vuole trasmettere. Ho avuto la possibilità di leggere il libro in anteprima e conoscendo Renato devo dire che tutte le mie aspettative sono state soddisfatte: le tematiche trattate e la chiarezza espositiva rendono piacevole la lettura creando una sensazione di suspense per il finale.
Lo raccomando a tutte/i!
Mattia Berruti (proprietario verificato)
Ho avuto la fortuna di leggere in anteprima il libro, grazie a una copia concessa gentilmente dall’autore. Si tratta di un romanzo di formazione che descrive, nella Calabria dei primi del Novecento, percorsi di vita e vicissitudini famigliari con realismo e coinvolgimento emotivo. Lo consiglio a tutti/e.
Ilaria Buttu (proprietario verificato)
Ero troppo curiosa di leggere questo libro quindi, dopo l’acquisto, ne ho chiesto una versione non editata all’autore. Pagina dopo pagina aumenta la suspence grazie ai misteri che vanno a intrecciarsi. Suscitano momenti di riflessioni le varie dinamiche familiari, ancora oggi tristemente attuali. Un libro che consiglio tantissimo!