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La Pergamena del Destino

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Nel loro castello, nascosto in un punto imprecisato del cielo, le divinità sono riunite per emettere un verdetto. Eris, la dea del caos, è accusata di aver diffuso il male sulla Terra, generando lotte fratricide e guerre civili tra gli esseri umani.

Vanth, giudice suprema del tribunale, deve scegliere se condannarla, e per farlo si affida alla sua pergamena, che le mostra un futuro che si verificherà solo se Eris sarà assolta.

Con questo aiuto, tutto sembra più semplice, ma quanto contano le azioni nel determinare il destino? E se neanche le divinità potessero controllare il fato?

Prologo

«Il sacrificio di Zefira non verrà dimenticato.»

Uni ci scruta dall’alto del suo scranno bianco. Siamo tutti davanti a lei durante la Giornata della memoria. Le sue parole arrivano forti e cristalline nella grande sala d’ingresso di Castello del cielo e rimangono scolpite nel mio cuore.

Un piccolo alito di vento le scompiglia i capelli, provocando in Uni una velata malinconia. Rivolge uno sguardo all’effigie della dea del vento che svetta tra le sculture divine che ci circondano.

Si schiarisce la voce e comincia a raccontarci ciò che accadde quando solo gli dèi primordiali abitavano i cieli.

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Il concilio si è riunito, la Terra ha rischiato la distruzione.

A presiedere la riunione sono i primordiali tutti: Uni, la dea della pace e della fedeltà; Tinia, il dio del fulmine e dei cambiamenti climatici; Summanus, la divinità del tuono, che gli trasmette la volontà di Universo; Soranus, il governatore del mondo sotterraneo; Satre, detentore del dono del tempo; Culsans, dio bifronte in grado di vedere e ricordare tutto ciò che accade sulla superficie terrestre; Zefira, la viaggiatrice nel vento; Ecate, dea della magia e signora dell’oscurità; Libertas, rappresentante divino del libero arbitrio.

«Universo ha parlato.» Sommanus si fa avanti con alterigia. «Non possiamo fare finta che tutto questo non sia accaduto.»

«Fratello, dovremmo sentire cos’ha da dire in sua discolpa» lo interrompe amabilmente Uni.

Tutti puntano lo sguardo sulla dea incappucciata, circondata da una coltre di fumo nerastro. Ride, prima di ammettere: «Scusate, devo aver fatto un macello con le proporzioni».

«Non è consapevole della gravità delle sue azioni. Non c’è molto che possiamo fare. Dobbiamo agire come vuole Universo. È pericolosa» conclude Tinia.

«Allora siamo tutti d’accordo, creerò uno spazio dove poterla contenere.»

Soranus viene interrotto bruscamente da Libertas: «Non possiamo, la libertà non può essere messa in discussione».

Il potere del più giovane degli dèi fa indietreggiare tutti. Una strana luce verde si propaga dai suoi occhi.

«Tutto questo ti si rivolgerà contro, ragazzino. Un giorno sarai tu stesso a voler essere confinato e soffrirai molto.» Satre, il dio del tempo e del denaro, gli parla con voce tremante prima di scomparire.

La dea dell’oscurità scruta con curiosità il suo salvatore. Non riesce a credere che il pacifico Libertas abbia deciso di prendere le sue difese contro tutti, e che per farlo abbia sprigionato un potere devastante. Il suo interesse per lui si fa sempre più forte.

*

«Ecate compiva malefici crudeli che mettevano a repentaglio l’equilibrio. Universo pretendeva che ponessimo rimedio a ciò, ma non sapevamo come comportarci. Decidemmo di votare per l’esilio in una realtà alternativa, ma Libertas si opponeva. Ecate riuscì, infine, a creare una magia in grado di distruggerci, la chiamò “ombra di cenere”. L’unico modo per poterla dissolvere era annullarne il potere o il sacrificio. Zefira cercò di arrestare la forza di quella cosa senza riuscirci. Ecate fu confinata in un luogo atto a contenere tutta la sua malvagità e Libertas divenne scrittura – infinita, ma circoscritta all’interno di una pergamena – in modo che il percorso di ogni essere vivente fosse, sì, libero, ma governato dalla legge.» Uni fissa i suoi occhi su di noi e la sua espressione si rasserena. «È giusto ricordare il male che è stato fatto per evitare che si ripeta. Voi siete dèi e dovete sapere che i poteri che scoprirete di avere comporteranno sacrifici e responsabilità.»

Alzo la mano e incontro gli occhi di Uni che, con un’espressione gentile, mi fa cenno di parlare.

«Perché è stato punito anche Libertas? Non è stata colpa sua.»

«Un giorno, chi di voi avrà il dono della verità riceverà l’oggetto divino in grado di leggere Libertas e capirà.» Dette queste parole si congeda con un saluto solo accennato, allontanandosi da noi frettolosamente. Il ricordo di quel periodo e il mio intervento sembrano aver riaperto antiche ferite.

Io, divinità acerba senza poteri, rimasta a bocca aperta per lo stupore e la curiosità, non riesco a distogliere lo sguardo dallo scranno di Uni ormai vuoto.

«Vanth, vieni a prendermi!» urla improvvisamente Eris distraendomi dai miei pensieri, e le corro dietro ridendo felice.

IL TRIBUNALE CELESTE

500 a.C. – 1400 d.C.

Visioni di un futuro anteriore

Kainua è in fermento. Il rituale del tempio celeste sta giungendo al termine e si pongono le basi per la fondazione di una città etrusca vera e propria, laddove in precedenza vi erano solo villaggi di capanne. Il tramonto è ormai prossimo e gli abitanti accorrono in massa a vedere come il grande sacerdote augure abbia diretto la proiezione del templum celeste in Terra, dall’alto di quella che sarebbe poi diventata l’acropoli sacra, l’auguraculm. Le strade principali sono già tracciate sul terreno: il cardo, da nord a sud, e il decumano, da est a ovest, che dividono Kainua in quattro aree uguali. Ora si procede con gli aratri per suddividere ciascuna di queste in altri quattro lotti di terreno, anch’essi perfettamente simmetrici, che stanno a indicare la residenza dei rispettivi dèi, distribuiti in base alla loro benevolenza e ostilità, seguendo passo dopo passo i dettami dell’antica tradizione etrusca. Vi erano la pars familiaris, situata verso oriente sul decumano, sede delle divinità favorevoli e del buon auspicio, e la pars hostilis, sul versante occidentale, riservata alle divinità ostili, del fato e dell’oltretomba.

Intanto, la processione segue il rituale partendo dall’esterno della città fino a salire verso l’auguraculum. I sacerdoti – vestiti con una tunica bianca, indossata a cinto gabino, una mantella, sul capo l’apex, un berretto di lana a forma conica che funge da catalizzatore per energie cosmiche, e in mano il lituo, cioè il bastone di legno necessario a delimitare lo spazio della cerimonia – procedono in testa al corteo con lo sguardo rivolto verso il cielo, in attesa di segnali divini. Le tende dei villaggi sono vuote e tutti – uomini, donne e bambini – seguono a capo chino e in rigoroso silenzio i ministri del culto. 

Dalla mia posizione sopraelevata, su un ramo di quercia, guardo impassibile lo scandirsi delle diverse fasi di un rito che non ha nulla a che fare con gli dèi, ma con gli umani. Questi ricercatori di certezze suddividono in modo netto il bene dal male, senza sfumature, senza tener conto della loro interdipendenza.

Il desiderio di conoscere gli avvenimenti prima che accadano portano gli esseri umani a immaginare un altro mondo, il tempio celeste, in una dimensione alternativa, i cieli, dove gli dèi, esseri perfetti, onniscienti e onnipotenti, ma capricciosi, si interessano al comportamento umano e al loro destino, tanto da mandare segnali attraverso il volo degli uccelli, le interiora degli animali, i fulmini, e usare catastrofi ambientali come ammonimento. La descrizione del mondo celeste, così come viene raccontato durante il rito, è detestabile: ogni divinità ha un unico raggio d’azione e non si può spostare, non è consentito mostrare la propria personalità; ogni ruolo è già stato prescelto e non è possibile agire secondo il proprio giudizio. Ma, si sa, la paura e l’incertezza degli uomini sono state, sono e saranno la causa di molte credenze e azioni sbagliate e poco ortodosse.

Sento in lontananza un battito di ali, mi sembra di riconoscerle. Osservo l’immensità del cielo in attesa della sua comparsa. Improvvisamente vedo la sagoma di un falco pellegrino che viene verso il mio ramo d’appoggio. Sono una colomba. Rimango immobile e fisso l’animale che si avvicina sempre di più, immagino per ghermirmi. Il pericolo è vicino e sembra non fermarsi.

2025-05-15

Aggiornamento

E anche il secondo goal è stato raggiunto. Tutto questo lo devo a voi che mi avete supportato e sopportato in questi 100 giorni. Siete preziosi e spero che la storia di Vanth, Rughia ed Eris non vi deluda! Un abbraccio immenso a tutti voi che con il vostro sostegno avete reso possibile un sogno, sono commossa ♡
2025-03-12

Aggiornamento

La Pergamena del Destino ha raggiunto l’obiettivo di 200 copie preordinate in pochissimo tempo e tutto questo lo devo soltanto a voi che mi avete sostenuta, aiutata e consigliata ad amici e parenti. Grazie a tutti per aver creduto, insieme a me, in questo progetto e per esservi impegnati in questa campagna crowdfunding! Il prossimo obiettivo di 250 copie è all’orizzonte e, grazie al vostro supporto e passaparola, non mi sembra più così lontano! Grazie infinite, un super abbraccio a tutti!!

Commenti

  1. (proprietario verificato)

    Non vedo l’ora di leggerlo!

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Valentina Tamburi
(Bologna, 1992) Dopo gli studi in Comunicazione e DAMS coltiva la passione per la narrazione e l’immaginario fantastico. Oggi lavora nell’azienda di famiglia come assistente marketing. Con “La pergamena del destino”, il suo romanzo d’esordio, dà vita a un mondo in cui le vicende di umani, divinità ed esseri mitologici si intrecciano indissolubilmente.
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