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La Ragazza Del Bosco

La ragazza del bosco
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Consegna prevista Giugno 2024

Bea è una ragazza con un passato fatto di abbandono e violenza, dal quale è scappata per rifarsi una nuova vita. Vive in una casetta di legno nel bosco della campagna Toscana, un piccolo rifugio dove trova la forza di rialzarsi, trovare il suo equilibrio e costruirsi un nuovo futuro. A causa del suo vissuto decide di chiudere il suo cuore al mondo per sigillarlo ad ogni sofferenza. Con l’aiuto del rettore di facoltà, conosce il signor Marlon, l’uomo più potente del paese, che le offre un lavoro alla sua galleria d’arte.
Incontrerà così Andreas, figlio dell’uomo, un ragazzo infelice e succube di ogni decisione del padre. Dopo un primo incontro sgradevole ed un inizio all’insegna dell’antipatia reciproca, i due inizieranno a provare curiosità l’uno per l’altra. I ragazzi si ritroveranno, così, a vivere una storia d’amore travolgente, ma ricca di invidie e tradimenti… basterà l’amore per sopravvivere alle difficoltà di un passato turbolento, un presente insidioso ed un futuro incerto?!

Perché ho scritto questo libro?

Ho scritto questo libro pensando a mia madre. Dopo la sua perdita ho iniziato ad immaginare quale storia avrebbe desiderato leggere, quale libro avrebbe divorato in pochi giorni e così è nato La ragazza del Bosco. Me la immagino lì, sulla sua poltrona, con i suoi occhiali da lettura sul naso, il libro in mano, concentrata ed isolata dal mondo esterno, a leggere con foga, sognare quella passione e cercare di scoprire se ci sarà, oppure no, un lieto fine tra i due protagonisti.

ANTEPRIMA NON EDITATA

Quel giorno Bea si era svegliata con delle occhiaie pazzesche, aveva passato l’ennesima nottata tra insonnia ed incubi, quelli che la divoravano da quando era bambina, da quando ne aveva memoria. Aveva provato di tutto, melatonina, corsa notturna, camomilla, ma ogni notte la passava così. Aveva sperato di riuscire a dormire almeno quella notte, visto che avrebbe dovuto iniziare il lavoro alla galleria d’arte della città, non vedeva l’ora, finalmente, almeno una cosa nella sua vita, stava andando nel senso giusto. Si era fatta coraggio, qualche settimana prima, ed aveva chiesto al rettore di scriverle una lettera di referenze da portare al Signor Marlon, l’aveva consegnata di persona insieme al suo curriculum, per evitare che finisse persa in qualche cassetto di quell’enorme casa in cui viveva, appunto, il signor Marlon, l’uomo più influente, potente e ricco di Firenze, nonché, suo nuovo capo.

Il signor Marlon era un uomo di origine svedese che si era trasferito lì, da piccolo con la sua famiglia ed era riuscito a creare dal nulla un impero bancario dal valore inestimabile.

Era emozionata e spaventata al tempo stesso, il signor Marlon l’aveva chiamata quasi subito congratulandosi con lei per le ottime referenze e chiedendole di iniziare la settimana successiva alla galleria d’arte, la vecchia responsabile si era licenziata su due piedi e quindi aveva bisogno urgentemente di lei. Sapeva di essere all’altezza di quel lavoro ed aveva urgentemente bisogno di soldi, ma la sua esistenza le aveva insegnato che nascere nel posto giusto, al momento giusto e soprattutto, nella giusta famiglia, erano le uniche caratteristiche fondamentali per riuscire ad essere e diventare qualcuno nella vita. Alla facoltà delle belle arti era la studentessa migliore, voti eccellenti in ogni materia e nella pratica spiccava per capacità espressive e creative, faceva invidia a molti, ma nemmeno se ne rendeva conto.

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Non era una che amava il trucco, ma decise che, almeno per quel giorno, sarebbe stato il caso di truccarsi un po’. Si sistemò i lunghi capelli castani in una coda alta, non voleva sembrare troppo volgare, così si infilò un vestito floreale a balze corto alle ginocchia (uno dei pochi carini che possedeva), ed un cardigan verde Tiffany per coprire quel maledetto seno prosperoso che aveva sempre odiato. Si diede un’occhiata veloce all’unico specchio che aveva in casa, non amava vedere la sua immagine riflessa ed oggi le piaceva ancora meno, ma non avrebbe fatto in tempo a cambiarsi nuovamente, e soprattutto, non aveva altro da mettere di decente.

Chiuse la porta della sua casetta, si soffermò qualche minuto a guardarla… la sua non era una casa come le altre, l’aveva acquistata qualche anno prima a soli 500€, era un piccolo rudere nel bosco che un vecchio contadino doveva vendere a tutti i costi, lei la vide e se ne innamorò a prima vista, per lei quei pochi metri quadri, circa 20, profumavano di libertà, di conquista, di rivalsa nella vita difficile che aveva passato.

Prese la sua bicicletta e si diresse verso quel sogno che tanto aveva desiderato e che oggi stava realizzando. Era talmente agitata che non si era minimamente resa conto della lettera di sfratto urgente infilata nella cassetta della posta.

La galleria Marlon era enorme, ma lasciata un po’ andare. Bea iniziò subito a fare una specie di inventario e catalogare ogni opera. Le piaceva l’ordine, le metteva tranquillità, la sua vita era stata già fin troppo incasinata e l’ordine le dava la sicurezza di riuscire a controllare qualcosa. Era sola al mondo, lo era sempre stata, ma questo non la spaventava per nulla, non amava le persone, odiava socializzare con la gente e si rendeva conto di essere, a tratti, anche abbastanza antipatica, ma le persone, nel suo mondo, l’avevano sempre o ferita o ignorata, così, ad un certo punto della sua vita aveva deciso di lasciare fuori chiunque, di chiudere il proprio cuore ad ogni possibilità di affetto. Aveva un unico amico, Luca, con il quale aveva vissuto un’intera vita, ogni sofferenza, ogni mancanza ed ogni conquista, lui era quel fratello mai avuto, era l’unica famiglia che aveva, con lui poteva essere sé stessa nonostante i suoi tanti difetti. Lui era l’unico al mondo che l’aveva vista piangere. Luca si era trasferito con il fidanzato in Francia qualche mese prima e non lo vedeva dal giorno della sua partenza. Le mancava immensamente. Pensava a Luca mentre sistemava
le opere, a come l’avrebbe presa in giro per la sua precisione. Un rumore la fece trasalire dai suoi pensieri, era la porta di entrata che si apriva. Si affrettò per capire chi fosse entrato e si ritrovò di fronte il signor Marlon in persona “Buongiorno Beatrice” disse lui con quella voce profonda e grave, era un uomo imponente, sulla sessantina, capelli bianchi ed occhi di un azzurro cielo, Bea aveva pensato, guardandolo, che da giovane era stato sicuramente un bellissimo ragazzo. “B b buongiorno signor Marlon” balbettò e si sentì subito una sciocca a non riuscire a controllare le sue emozioni, “vedo che sei già all’opera, benissimo, la vecchia responsabile aveva deciso già da un po’ di abbandonarmi e lo stato della galleria lo dimostra, ma sono sicurissimo che saprai fare un ottimo lavoro, so riconoscere un vincente al primo sguardo, ricordatelo!”. Doveva essere diventata rossa perché sentì un calore assurdo sulle guance.

“La ringrazio signor Marlon, per ora sto catalogando ogni opera, in modo da avere maggior controllo e semplificare le vendite. Farò del mio meglio per convincerla di aver fatto la giusta scelta.”.

“Perfetto. Allora ti auguro buon lavoro” e mentre lei pronunciava un debole e timido grazie l’uomo stava già uscendo dalla porta.

Era così felice per le parole che le aveva appena detto il signor Marlon, ma si sentiva comunque una cretina per la sua insicurezza. Ancora non ci credeva che un uomo come il signor Marlon potesse credere in lei, nessuno lo aveva mai fatto, nemmeno lei in fondo.

Parlando con quella ragazza il signor Marlon prese una decisione, così, uscito dalla galleria si diresse direttamente a casa. “Maria, mi chiami mio figlio Andreas e gli dica che lo aspetto nel mio studio” disse alla domestica appena entrato in casa, “si signore” rispose lei.

Si accomodò sulla poltrona di pelle del suo ufficio, aprì il pc ed iniziò a leggere e rispondere a qualche e-mail. Era passata poco meno di un’ora quando bussarono alla porta “avanti”, disse lui,

“eccomi papà, Maria ha detto che mi cercavi”

“e ti sembra il caso di presentarti un’ora dopo avertelo chiesto? Cos’avevi di così importante da fare, sicuramente non studiare giusto?”

“finalmente, mi mancava la dose quotidiana di fiducia di mio padre nei miei confronti, iniziavo ad essere triste! Avevo altro da fare, come puoi pretendere che corra da te ogni volta che mi chiami, se tutte le volte lo fai solo per lamentarti di me, della mia carriera universitaria e di quanto sia inutile la mia vita?” disse Andreas già infuriato.

“Come puoi pretendere che abbia fiducia e sia fiero di te quando non c’è nulla che tu faccia per farmi ricredere? Ho parlato col rettore e sei indietro con gli esami, non hai un lavoro ed ogni sera esci con quegli squinternati e viziati dei tuoi amici a bere e fumare marjuana?” rispose il padre. Andreas stava già per accendersi quando il padre gli disse “ti ho trovato un lavoro, inizi domani, in galleria”

“Cosa?? Ma tu sei impazzito? Hai deciso per me e pensi che ti dica di sì? Ma come ti viene in mente?”, Andreas stava urlando, aveva il viso paonazzo dalla rabbia e se non fosse stato suo padre, probabilmente, gli avrebbe messo le mani addosso… la voglia era davvero tanta!

Il padre senza nemmeno scomporsi rispose “domani alle 9 inizi. Troverai Beatrice, la nuova responsabile. È proprio quella che ti serve, precisa, con la testa sulle spalle. Sono certo che ti farà bene. Ora vai e sappi che questa sera voglio cenare con voi, non accetto scuse.”.

Andreas non sapeva cosa dire, non era stato nemmeno in grado di ribattere; la sua vita era sempre stata così, il padre aveva sempre deciso ogni cosa per lui ed i suoi tre fratelli, aveva scelto per loro la scuola, l’università e, quando erano piccoli, aveva scelto persino le loro amicizie. Sognava di scappare, di vivere lontano da quella casa e dal padre, in una casa di campagna. Avrebbe tanto voluto dirgli che di quella galleria d’arte non gliene fregava proprio nulla, come, anni prima, avrebbe voluto dirgli che la facoltà di economia non era adatta a lui, che avrebbe voluto frequentare lettere, che amava inventare e scrivere storie, ma quel coraggio lui non lo aveva mai avuto e sapeva che il padre aveva già scritto il futuro di ognuno di loro, senza possibilità di scelta, senza possibilità di parola.

Infuriato con sé stesso salì in camera sua pensando già al domani, alla vecchia responsabile che si sarebbe dovuto sorbire ed alla noia di quella galleria d’arte “ma chi la capisce l’arte? A chi interessa di un sudicio quadro con qualche schizzo?” avrebbe voluto mandare al diavolo il padre ed andarsene, ma non ne aveva mai avuto il coraggio e questo lo innervosì ancora di più, perché si sentì un inutile codardo.

Come deciso dal padre, mangiarono tutti assieme quella sera, Andreas, sua sorella maggiore Isabel, ed i gemelli, Samuel ed Edoardo. La madre di Andreas aveva deciso di scappare da quella casa e da quel matrimonio soffocante ed autoritario qualche anno prima, lasciando i quattro figli soli, con un padre troppo duro ed arrabbiato per concedergli anche solo un minimo accenno di affetto, si era fatta risentire qualche volta, li aveva contattati tramite social, ma nulla di più. Ad Andreas mancava molto, specialmente in quei momenti di rabbia, nei quali avrebbe tanto voluto fare come lei ed andarsene lasciandosi tutto alle spalle, ma non ne aveva mai avuto il coraggio.

Durante la cena il padre aveva finto di interessarsi delle loro vite e dei loro interessi, Andreas era ancora troppo furioso con lui per rivolgergli la parola. Al termine della cena, senza nemmeno salutare uscì di casa, voleva bere qualcosa di forte e passare una serata leggera.

“Hey vichingo” esordì Pietro quando vide Andreas. Era diventato il “vichingo” ai tempi del liceo, quando aveva iniziato a svilupparsi, lo chiamavano così per via del suo aspetto, alto un metro e novanta, spalle larghe, capelli biondi, lunghi, raccolti in una coda, barba fintamente incolta e gli occhi del colore del ghiaccio. Pietro era uno di quegli amici che il padre non sopportava, ma era forte, divertente e conosceva ogni locale e buttafuori della città, quindi, soprattutto quella sera, Andreas ne aveva davvero bisogno!

“Come butta amico? Cosa vuoi fare stasera?”

“Stasera ho deciso che ho voglia di sballarmi! Fanculo a mio padre, fanculo alla sua università di merda e fanculo a quella galleria del cazzo!” urlò Andreas battendo con un pugno sull’auto.

“E se ti dicessi che ti porto in un posto speciale, pieno di alcol e belle ragazze disponibili?” lo stuzzicò Pietro, “beh, dico che ho l’amico più cazzuto e fantastico del mondo!” ribatté Andreas.

Pietro aveva deciso di portarlo in un locale un po’ fuori dal centro del quale Andreas non conosceva nemmeno l’esistenza, per loro era già pronto un privé con champagne e stuzzichini. Presto li raggiunsero gli altri del gruppo, in tutto erano circa una decina, tra ragazzi e ragazze, tutti figli di uomini d’affari, ricchi e viziati. Girava anche della coca, ma a lui aveva sempre fatto schifo quella roba, amava godersi i momenti e preferiva sballarsi bevendo alcolici.

“Un uccellino mi ha detto che qualcuno ha voglia di divertirsi stasera” si sentì bisbigliare nell’orecchio, era Carmen, un’amica di letto di Andreas, una ragazza rossa di capelli, bella, con addosso un vestito nero striminzito che non lasciava spazio all’immaginazione. Si trovavano spesso per fare sesso e quella sera era ciò di cui Andreas aveva davvero bisogno.

“Ciao bellissima, l’uccellino ti ha detto il vero, beviamo ancora qualcosa e poi andiamo da qualche parte?” disse Andreas

“tutto per il mio vichingo”.

Carmen era pazza di lui, ma aveva capito che non c’era altra possibilità con lui se non quella di fare del gran, buon sesso ogni tanto.

Aveva bevuto talmente tanti bicchieri di champagne da averne perso il conto ed ora aveva iniziato con la tequila. Prese la mano di Carmen ed andarono nella sua auto. Fecero sesso. Lei lo voleva e lui doveva scrollarsi di dosso quella giornata infernale. Non era un ragazzo che amava parlare con la gente e dopo il sesso ancora meno. Odiava che Carmen gli accarezzasse i folti capelli dorati ma lui era troppo ubriaco per dirle qualcosa. Rimasero in macchina insieme per un bel po’, in silenzio, poi Andreas si addormentò.

Si risvegliò a causa delle urla del buttafuori che stava cacciando un ragazzo ubriaco dal locale. Erano già spuntate le prime luci del mattino “cazzo che ore sono?” si disse mentre guardava l’orologio. Erano le sei ed era rimasto tutta la notte in macchina a dormire e di lì a poche ore doveva essere alla galleria. Mise in moto la macchina e corse verso casa. Si fece una doccia al volo, dopo aver bevuto due caffè. Alle 8.50 era già pronto per uscire, come se nulla fosse successo la sera prima.

Alle nove in punto era di fronte alla galleria, ci mise qualche minuto a decidersi ad entrare, avrebbe voluto girare i tacchi ed andarsene senza nemmeno pensarci, ma, come il solito, non ne trovò il coraggio.

All’interno della galleria le luci erano accese, probabilmente la super responsabile che il padre aveva trovato era già al lavoro. Entrò e vide una ragazza esile, con gli occhi enormi e scuri come la notte ed i capelli castani raccolti in una coda alta. Era molto bella. Aveva un paio di jeans a pinocchietto che le facevano risaltare i fianchi, delle scarpe di tela ed una maglietta non troppo attillata che non riusciva, comunque, a nascondere un seno alto e prosperoso… Andreas non poté non notarlo.

“Buongiorno, posso esserle utile?” disse Bea, non si aspettava nessun cliente e veder entrare quel ragazzone l’aveva, per un attimo, spiazzata,

“sono Beatrice e mi occupo della galleria, come posso aiutarla?”.

Andreas non credeva ai suoi occhi e alle sue orecchie, quella ragazza era la responsabile che suo padre aveva assunto?

“Ciao sono Andreas Marlon, mio padre mi ha chiesto di venire a darti una mano, ha detto che c’è molto lavoro da fare qui… dai dimmi cosa posso fare!”.

Bea era frastornata ed infastidita. Le era sembrato che il signor Marlon fosse entusiasta di lei ed ora si trovava il figlio tra i piedi a farle da balia, perché? Aveva forse detto o fatto qualcosa di sbagliato il giorno prima?

“Piacere di conoscerti Andreas, io sono Beatrice, ma preferisco Bea, sono contenta che tu sia qui. Ieri ho diviso le varie opere per autore, oggi vorrei segnare i prezzi sul catalogo ed appenderne qualcun’altra, potresti prendere quelle sul retro e segnare autore e prezzo su di un foglio, in modo da agevolarmi il lavoro, che dici?”.

 

2023-09-15

Evento

Piazza Onu, Valera di Varedo
Piccola rettifica sulla mia presenza alla risottata: mi sono resa conto di aver scritto “domenica”… scusatemi tutti! Vi aspetto questo venerdì, alle 19.00, in piazza dell’Onu alla Valera di Varedo.
2023-09-17

Evento

Piazzale Onu Valera di Varedo
Sarò presente alla risottata organizzata dall’Avis che si terrà questa domenica presso il piazzale dell’Onu della Valera di Varedo!!!
Vi aspetto numerosi
2023-09-05

Aggiornamento

Siamo al 33% in soli 3 giorni!!!! dai dai dai che il traguardo è sempre più vicino
2023-09-03

Aggiornamento

Abbiamo già raggiunto il 20%!!! Grazie a tutto il sostegno che mi state dimostrando!

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Tatiana Marinelli
39 anni, sposata e con 4 figli. Infermiera. Dedica parte della sua vita alla cura degli altri, senza dimenticarsi delle sue passioni, leggere e scrivere; scrive durante le notti insonni, nei momenti di pausa tra un turno e l’altro, ed ogni volta ne ha occasione. Decide di pubblicare il suo primo libro qualche anno dopo la morte della madre, un momento sofferto e significativo per lei, dove ogni cosa viene messa in dubbio e dove il desiderio di stravolgere la sua vita prende il sopravvento. Dopo la morte della madre inizia a chiedersi quale libro la sua cara avrebbe amato, quale storia avrebbe divorato in poco tempo, è così che nasce “La Ragazza Del Bosco”… scrive di desiderio, di sogni e di amore profondo, sperando che, chiunque, leggendo i suoi libri, possa vivere quelle storie, quegli amori e quella passione narrate all’interno di quelle parole.
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