L'alternativa era il mare, ma le navi erano già più che affollate e nessun capitano si accontentava di meno di due corone per imbarcare un passeggero; un ammontare di monete che Astrid e i suoi amici non avevano mai visto tutto insieme e se Hugh e gli altri avevano abbastanza oggetti da vendere per mettere insieme i soldi necessari, con le sue quattro cianfrusaglie lei avrebbe potuto al massimo raccattare uno scellino. D'altra parte la giovane aveva una cosa su cui i suoi amici non potevano contare, un corpo che faceva voltare tutti i marinai del porto quando passava lungo le banchine e abbastanza spregiudicatezza da sapere come farlo fruttare.
Quando Igg era rientrato due giorni prima portando la notizia che la Signora delle onde aveva ancora posti per imbarcare passeggeri i quattro avevano dato fondo ai loro portamonete ed erano corsi a pagare l'acconto al capitano della nave, un vecchio lupo di mare del Clan dei Lupi grigi con due dita mancanti e il volto segnato da numerose cicatrici.
“Con questi – aveva chiarito l'uomo nel suo duro accento sudoccidentale intascandosi i sedici scellini – siete sulla lista dei passeggeri, salpiamo all'alba di dopodomani, venite con l'oro che manca a fare otto corone e salirete a bordo”.
I due giorni successivi erano stati un continuo rovistare nello scantinato per mettere insieme tutto quello che si poteva vendere e che avesse un minimo di valore, c'erano state trattative e anche una scazzottata che aveva lasciato a Igg un occhio livido, ma alla fine il computo delle monete arrivava a sei corone e nessuno degli oggetti venduti apparteneva ad Astrid, il che di fatto la lasciava a terra anche se gli altri tre insistevano a dire che le monete erano da dividere tra tutti.
Durak aveva architettato una serie di piani per racimolare le due corone mancanti, ognuno più fantasioso e irrealizzabile del precedente, ma alla fine Astrid aveva fatto, come era abituata ormai da anni, di testa sua.
Il giorno precedente, a metà pomeriggio, si era avvicinata alla Signora delle onde ed era rimasta ad osservare le attività dei marinai che imbarcavano le scorte di cibo e il carico di merci; aveva individuato quasi subito il nostromo, un uomo di circa trent'anni, non proprio di bell'aspetto, ma neppure così orribile a vedersi e, al termine del turno di lavoro quando le torce e i bracieri delle banchine iniziavano ad illuminare il crepuscolo, lo aveva seguito fino ad una locanda piuttosto malfamata nel vicino quartiere dei conciatori.
Aveva atteso pazientemente che si scolasse il terzo boccale di birra prima di avvicinarsi al suo tavolo e farsi spazio sulla panca, obbligando il marinaio seduto al suo fianco a spostarsi per permetterle di sedere, quindi aveva iniziato a sussurrargli parole dolci e oscene all'orecchio. Da lì al vicolo scuro tra la locanda e una conceria puzzolente erano passati meno di dieci minuti e molto meno era durato il nostromo, con un malcelato sollievo da parte di Astrid.
“Quando sarete pronti a salpare – aveva sussurrato la giovane all'orecchio dell'uomo mentre questo inarcava la schiena e la spingeva rozzamente contro il muro di pietra della conceria – io sarò sulla banchina per imbarcarmi. Tu ti occuperai di pagare le mie due corone al capitano e io mi occuperò di te tutte le notti durante la traversata, in modi che nemmeno ti immagini”.
Con questi presupposti la Signora delle onde aveva lasciato il porto di Allbach e rivolto la prua a settentrione, la splendida polena scolpita in foggia di una prosperosa donna a seno nudo spruzzata dalla schiuma delle onde e i marinai che imprecavano e cantavano canzoni oscene mentre spiegavano le vele e tendevano il sartiame.
I primi giorni di navigazione erano stati affascinanti, la brezza gonfiava le vele e la nave scivolava agile e veloce sulle onde mentre Astrid e i suoi amici passavano la maggior parte del tempo in coperta a fare congetture su ciò che li aspettava al termine del viaggio e anche le notti non erano poi così male; la giovane aveva scoperto che il nostromo reggeva l'alcol quanto un bambino di cinque anni e così, dopo un paio di notti che si sarebbero potute definire burrascose, aveva rimediato una fiaschetta di liquore dal baule di un altro dei passeggeri – peccato per lui se sperava di stapparla per festeggiare il buon fine della traversata – e ogni sera quando si infilava furtivamente nella cabina del nostromo, angusta e maleodorante, la prima cosa che faceva mentre lui la spogliava era versargli un abbondante cicchetto di liquore. In quel modo l'uomo crollava addormentato ben prima di arrivare a destinazione e lei se ne tornava silenziosa e quasi invisibile alla sua amaca nella stiva.
O almeno così credeva fino alla quinta notte quando, proprio mentre si avvolgeva nella coperta rattoppata e intrisa di odore di muffa, aveva sentito Hugh sussurrare nell'oscurità.
“Saremmo potuti partire con qualche carovana, sarebbero serviti meno soldi e non avresti dovuto infilarti nel letto di chissà chi tutte le notti”
“Voi siete gente di città – aveva risposto Astrid con un sorriso amaro – un viaggio di un mese nelle terre selvagge sarebbe stato una condanna a morte e non voglio aggiungere la morte di tre amici a tutto quello che già mi tiene sveglia di notte”.
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