Dopo aver seguito il consiglio di una sua collega, Mery decide di approfittare di alcuni esami gratuiti messi a disposizione da Cassa Forense. Nonostante sappia bene che “chi cerca trova”, si ritrova catapultata in un “loop” di visite, esami e controlli che dureranno quasi un mese e che la faranno salire sulla famigerata “ruota del criceto”, tra paure e momenti esilaranti.
Per fortuna, a farle da supporto morale ci saranno le amiche di sempre, che la accompagneranno in questo viaggio a suon di notifiche dei vari gruppi WhatsApp, per darle una mano e ricordarle che il valore dell’amicizia è ciò che di più importante ci sia nella nostra vita.
Prologo
«Hai visto l’ultima convenzione di Cassa Forense?»
«No.»
«Mettono a disposizione un pacchetto di esami medici gratuiti.»
«Uhm, uhm.»
«Mi ascolti?»
«Zitta un attimo! Sono in curva con il deposito telematico di una conclusionale che mi scade oggi.»
«Tu sempre all’ultimo momento ti riduci. Ma come fai? Io non dormirei.»
«Infatti non dormo. Ecco fatto. Invio perfezionato, arrivata terza PEC. Che dicevi? Cosa fa Cassa Forense? Ci abbona la quarta rata dei contributi di settembre?»
«Seee, buonanotte! Ci “regala” degli esami clinici!»
«Ah! Che notiziona!»
«Cominciamo ad avere una certa…»
«Ma pensa per te! Se non sto male, perché devo andare a stuzzicare il cane che dorme? Chi cerca trova, non lo sai? Aperitivo?»
Mi chiamo Maria, per gli amici Mery (con la “e”), sono una avvocata di sessant’anni, simpatica, bella presenza, piena di interessi e di amici, soprattutto amiche, quelle che restano e ci sono sempre. Gli uomini vanno e vengono e non si trattengono. Ho io la calamita per i disadattati. Per strani intrecci del destino, vivo ormai da trentaquattro anni a Terni, la città dei miei genitori; la mia prima vita, invece, è trascorsa in riva al mare a Marina di Massa, alta Toscana, quasi Liguria. Il mare mi manca ancora come l’aria, appena posso fuggo e torno alle mie radici. Là ogni angolo di via mi è familiare, l’orizzonte si apre davanti ai miei occhi, lo sguardo si perde tra l’isola del Tino e la Palmaria, e dietro le Alpi Apuane mi proteggono le spalle. Sembra una culla la mia Marina. Il profumo del salmastro mi insegue in ogni angolo.
Non ho marito, compagni o figli. Il destino ha scelto questo per me. Non ho fratelli né sorelle. I miei genitori, ovvero i miei soldatini – come li chiamava la mia cara amica Cri (la vita con lei non è stata generosa: a trent’anni, un’emorragia celebrale le ha “complicato” l’esistenza, per usare un eufemismo) –, non ci sono più da anni. Raccontata così sembro la piccola fiammiferaia, ma fortunatamente la mia vita non è una tragedia greca, è piena di affetti e sto sempre in giro come i fiaschi rotti. Non è vero che i veri amici si contano sulla punta delle dita di una mano, dipende da quanto sei generoso, da quanto sei disposto a dare e, forse, anche da un pizzico di fortuna. A me non bastano le dita delle due mani. Il mio karma è l’amicizia, quella tutta al femminile.
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La ruota inizia a girare. Estate 2023
Venerdì 7 luglio
Dopo pranzo, buttata sul divano di casa, sto aspettando Renata, collega di Cassino, conosciuta durante i congressi dell’avvocatura in giro per l’Italia. È una ganza: divorziata, due figli, corre come una matta tra casa, studio e cane, e non vuole arrendersi a una vita piatta, sacrificata sull’altare del dovere. Come me, sta arrivando alla conclusione che gli uomini sono più un impiccio che un aiuto. Ci siamo annusate e riconosciute subito come anime affini, durante un convegno a Pescara qualche anno fa, anche se lei, per mesi, ha continuato a sbagliare il mio nome chiamandomi Luciana. Ora è in arrivo, dopo aver discusso un processo in cui difende una donna oggetto di maltrattamenti in famiglia. Stasera c’è il concerto di Bob Dylan a Perugia, abbiamo acquistato i biglietti sei mesi fa. Con Renata, appena c’è uno spettacolo che ci piace, ci organizziamo e partiamo.
Mentre attendo, ripenso a quello che mi ha detto l’altro ieri Giovanna, la collega di studio, a proposito di una convenzione di Cassa Forense: un pacchetto salute messo a disposizione gratuitamente. C’è una app: cerco, la trovo, la scarico. Mi arrovello a cercare di capire quali siano gli accertamenti gratuiti e quali quelli a pagamento. Non capisco. Sbuffo. L’istinto è quello di lanciare il telefono e mettermi a sonnecchiare. Poi, come un flash, penso a Sonia, una architetta di Palermo che ho conosciuto una trentina di anni fa grazie a un’amica comune. Quante ne abbiamo combinate insieme. Una su tutte: un Ferragosto in una villa vista Tellaro, piena di soggetti appartenenti all’alta società milanese. Li abbiamo fatti ubriacare tutti a forza di tequila bum bum e alle quattro del mattino eravamo in mare completamente vestiti. Non volevano più mandarci via. Ci credo! Abbiamo a tutti regalato una botta di vita!
Cosa dicevo? Ah, sì, Sonia. Era un po’ che non la sentivo, così qualche settimana fa le ho telefonato.
«Sonia, ma che combini? Sei sparita!»
«Maria mia, non puoi capire cosa mi è successo! Stavo per morire!»
«Ma che dici? Sei impazzita?»
«Ti ricordi Melissa, quella mia amica morta all’improvviso nel sonno questo inverno?»
«Sì, certo, un infarto, mi pare…»
«Brava, lei. Be’, ho cominciato a sognarla. Insistentemente. Mi diceva di andare dal medico, subito! Una volta, due, tre, alla fine ho capitolato. Per fartela breve, dopo due settimane ero al San Raffaele a Milano. Coronarie ostruite al settanta per cento. Non avevo alcun disturbo. Stavo per lasciarci le penne!»
Silenzio.
Pensieri si affastellano nel cervello. Ho il colesterolo alto, prendo le statine. Dalla parte del mio babbo sono tutti morti per malattie coronariche, anche lui, quella mattina di venti anni fa. Babbo, te ne sei andato in poche ore. Emorragia massiva al cervelletto. Ricordo ancora la tua mano protesa verso di me, mentre eri a terra nel bagno di casa. Gli occhi spalancati, pieni di terrore. Non riuscivi più a parlare. Io sdraiata per terra, stringevo la tua mano. La baciavo e la accarezzavo.
«Babbo, ti prego, non mi lasciare. Non sono ancora pronta.»
Ma non si è mai pronti per la morte di un genitore. Non sarà mai il momento giusto. A nessuna età. Questo ho scoperto sulla mia pelle.
Mi scuoto, quel ricordo ancora mi toglie il fiato. Respiro profondamente. Asciugo le lacrime. Devo fare dei controlli. Riprendo la app salute di Cassa Forense, smanetto e trovo che tra gli esami gratuiti c’è l’ecocolordoppler ai tronchi sovraortici. Bene. Clicco, prenoto e, già che ci sono, seleziono pure una bella RX al torace. Si vedrà con i raggi se ho qualcosa al cuore, no? Credo. Spero. Boh. L’appuntamento mi viene dato dal centro medico convenzionato per il diciotto luglio, ore quindici e trenta. Sono orgogliosa di me.
Suona il citofono. Renata è arrivata: Umbria Jazz ci attende.
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