«Ho notato qualcosa in te di completamente diverso dagli altri…» disse Marcello ricominciando a parlare dopo qualche minuto di silenzio, «una sensazione che mi ha fatto avvertire il desiderio di parlarti e conoscerti. Esistono diverse forme di adorazione ed io non ho voluto decodificare la mia adorazione per te, non ho voluto darle un nome. Se non dovesse essere amore, ho pensato, sarà qualcos’altro; in tal caso, mi dissi che sarebbe andato bene comunque» Marcello mentì, aveva decodificato molto bene quello che aveva provato per lei ma non voleva metterla in difficoltà.
«Voglio sapere tutto di te, Marcello!» esclamò Elena tergiversando.
Marcello le parlò di sé e del proprio lavoro, così lei cominciò a riempirlo di domande:
«Quindi sei un biologo! La scienza è sempre stata un chiodo fisso per mio padre. Il mondo scientifico lo conosco poco, ma mi ha sempre affascinato. Raccontami un po’ della tua professione, cosa ti piace della biologia? E perché i tumori?»
Marcello la guardò con attenzione; era la prima volta che qualcuno manifestava reale interesse riguardo alla sua passione e professione.
«In realtà è stata la biologia a scegliermi» rispose, «posso dire che è stata l’unica scelta che potessi fare. Ho sempre amato la natura. Mio padre, sin da quando ero piccolo, mi portava in giro per boschi, laghi e per mare. La scelta di studiare e approfondire i tumori, invece, è nata quando ho capito che esiste il Male; la consapevolezza dell’esistenza di quel Male ha segnato la mia vita e mi ha spinto a voler trovare un modo per estirparlo. So che la mia è una pretesa che può sembrare saccente, ma la mia intenzione è solo quella di fornire il mio piccolo contributo. Vorrei essere utile, lasciare qualcosa di importante agli altri. Vivo tutto questo come una missione. Compresi, nel tempo, che la ricerca oncologica passa inevitabilmente attraverso lo studio approfondito della biologia, e la cosa mi galvanizzò enormemente. Per tanto, spinto dal mio obiettivo e dalla passione che ho sempre nutrito per la natura, decisi di intraprendere quel corso di laurea. Scoprire la biologia è stata la mia benedizione! Tutti gli insegnamenti di mio padre prendevano forma e concretezza. Ho amato ogni singolo esame che ho sostenuto, la vita è divenuta per me una forma personale di religione. Per un periodo di tempo non ho pensato più ai tumori e all’oncologia, ma ero concentrato unicamente sulla natura, l’ecologia e l’evoluzionismo».
Elena era molto attenta a quello che Marcello diceva. Le sembrava di sentire parlare suo padre e si emozionò. Seguì, poco dopo, con altre domande:
«E perché poi hai deciso di studiare i tumori? Voglio dire, dal momento che hai scoperto realtà nuove durante i tuoi anni di studio, cosa ti ha spinto a continuare verso la tua intenzione iniziale e a non cambiare percorso?»
«L’amore che avverto nei confronti della vita…» rispose Marcello, «è per questo che sono rimasto fedele alla mia volontà originaria. La vita è troppo bella perché io possa accettare che vi sia un male del genere, contrario a lei e alla sua meraviglia… una male in grado di annientarla…»
Elena rifletté. Era profondo ciò che le aveva detto. Intuì che quel Male avesse un che di molto umano; era un male che – ai suoi occhi – andava ben oltre la volontà medica di sconfiggere il cancro. C’era qualcosa di piacevolmente contraddittorio nella sua discussione: Marcello voleva estirpare un Male che però era parte integrante della vita. Per quello che Elena ne sapeva, i tumori rappresenterebbero una sorta di errore biologico, di fallimento da parte delle cellule nel proteggere l’organismo; un errore naturale, in qualche modo, eppure lui li percepiva come contrari alla vita. In fin dei conti il Male fa parte della vita, ma lui non lo accettava. Elena non discuteva sul fine pratico del volere guarire persone malate di cancro – che rappresentava quanto di più nobile si potesse fare – ma si soffermò a riflettere sulla considerazione che Marcello aveva del Male. Il suo discorso rappresentava, in un certo senso, l’eterna contraddizione dell’umanità intenta a distruggere il Male, il quale però definisce la vita esattamente quanto il Bene; e in questa eterna lotta tra Bene e Male la vita si rigenera e si presenta al mondo con tutto il suo furore e vigoria. La vita lotta costantemente contro una parte di sé.
«Devo dirti, Elena, che il mio percorso di studi per molto tempo mi ha cambiato la percezione sugli altri, in un certo senso mi ha allontanato dalle persone» continuò Marcello. «Quando studi l’evoluzione della vita cade drasticamente il tuo costitutivo antropocentrismo; non si è abituati a vedere il mondo in una prospettiva evoluzionistica. Tutto ruota sempre intorno a noi – gli Uomini – e ogni cosa è sublimata alla nostra volontà. Quando capisci che sei parte di quel tutto, che altro non sei che un tassello che costituisce la vita su questo pianeta, ecco che, all’improvviso, non ti riconosci più, non sai più chi sei veramente. Le convinzioni su te stesso decadono e con loro tutte quelle che credevi di avere sugli altri. Per un certo periodo di tempo, quando osservavo le persone, altro non vedevo che scimmie bipedi che girovagavano per le strade; in qualche modo le avevo disumanizzate. Era una visione estrema, che derivava dalle mie nuove consapevolezze prima ignorate; un estremismo forse doveroso che mi ha permesso di comprendere l’origine di tutto e le nostre radici profonde. Ho impiegato del tempo a capire che l’umanità non è che la realizzazione della nostra storia naturale; non è in contrapposizione con essa, né tantomeno annullata dalla realtà animale che ci appartiene. Si tende spesso a vedere l’Uomo o solo in una prospettiva naturalistica – come feci io in quegli anni – o solo come un essere spirituale in totale antitesi con la natura. Questa contraddizione ho capito essere non solo qualcosa da non combattere – bensì da rivendicare – ma anche la verità più intima che ci identifica. La nostra animalità non annulla la grandezza dell’umanità e la sua unicità, ma al contempo non è pensabile dimenticare da dove veniamo e cosa c’era all’origine. La nostra primitività evolutiva non può essere negata o ignorata perché vive in noi ogni istante. Nessuna delle due realtà annulla l’altra. Lo compresi nel profondo e, in quel momento, le mie scimmie bipedi si erano evolute nella mia mente. Prima che questa consapevolezza si affacciò in me, avvertivo, tuttavia, una continua tensione emotiva. Mi sentivo come entrato in una dimensione nella quale non trovavo nessuno in grado di comprendermi».
«Il pendolo della tua vita stava oscillando…» affermò Elena.
«Il pendolo della mia vita? Cosa intendi?» le domandò Marcello incuriosito.
«Intendo che la vita si identifica quando vedi gli estremi che la definiscono» rispose lei. «I tuoi studi ti hanno fornito consapevolezze forti, sono stati l’eco di una rivelazione che ti ha portato a perderti in una nuova dimensione. È naturale che le tue prospettive siano cambiate, come tu hai sostenuto “era un estremismo obbligato”, sono d’accordo con te. La tua vita è più profonda adesso e in qualche modo il tuo pendolo si è fermato al centro».
Marcello non aveva mai riflettuto in questi termini, mai aveva pensato alla propria vita come un pendolo in oscillazione. Questo concetto – questa oscillazione del pendolo – gli ricordò Jung, psicoanalista e allievo di Freud, il quale sosteneva che un Uomo la cui vita fosse esternata e vissuta secondo un particolare estremo della realtà, sarebbe propenso – in una certa misura – a tendere verso quello opposto; in qualche modo ne sarebbe attratto, o quantomeno curioso nel vedere cosa c’è dall’altra parte, cercando di comprenderne la natura nascosta. L’estremismo, in quest’ottica, esisterebbe nell’Uomo per essere superato, e l’unico modo per farlo sarebbe quello di accogliere l’altra estremità, guardarla negli occhi, farci i conti, e – laddove tale estremità fosse desiderosa di essere espressa – avere il coraggio di darle voce e spazio vitale. Che sia questa, in qualche modo, la via maestra in grado di permettere all’Uomo di osservare una realtà complessa e viverne in armonia?
«Quando hai capito che non siamo solo scimmie bipedi? C’è stata forse un’occasione che ti ha spinto verso questa nuova rivelazione?» domandò nuovamente Elena.
Marcello esitò per un istante, era stato toccato un tasto delicato per lui. La guardò in silenzio e poi le rispose:
«Ho ritrovato l’Umanità quando conobbi l’amore. In quel momento compresi che stava emergendo in me qualcosa che non poteva essere capito. Non c’era nulla che potesse spiegare l’amore, nessun metodo, nessuna razionale teoria. L’amore è tutto fuorché razionale, è estraneo alla nostra mente che non è in grado di decodificarlo, ma allo stesso tempo è quanto di più umano e familiare possa esistere. L’amore è ciò che definisce l’umanità. Non so spiegarti, ma ogni cosa che imparavo a conoscere – scientifica o umanistica che fosse – mi riconduceva sempre lì, all’amore, come se in esso fosse riposto il senso profondo di ogni cosa. Credo che in quel momento, quando percepii in me l’amore, il pendolo si fermò al centro».
Elena conosceva bene quelle sensazioni, Carlotta le aveva insegnato tutto amandola dal primo giorno. Le parole di Marcello avevano spiegato quello che lei già pensava, ma in modo completamente diverso.
Si era fatta notte fonda, l’aria sembrava essersi fatta più densa e i due si sentivano di nuovo in una dimensione di assenza dal mondo.
«Adesso tocca a te, Elena» continuò poco dopo Marcello con un tono di voce decisamente più rilassato. «Ti ho riempito la mente abbastanza per questa sera riguardo alla mia vita. Vorrei sapere qualcosa di te, non mi hai ancora detto che lavoro fai!»
«Voglio parlartene domani. Desidero essere davanti al mare quando ti parlerò di me; davanti a lui sono più a mio agio» disse Elena, piuttosto sollevata nel constatare che Marcello non la conoscesse professionalmente. Di fatto era un’estranea ai suoi occhi e ciò la rasserenò; avrebbe potuto partire da zero con lui, in totale autenticità e senza condizionamenti di alcun genere. Terminata la conversazione, i due si alzarono dal tavolo del bar per incamminarsi verso la porta e si salutarono come due vecchi amici che si conoscono da una vita.
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