È una serata calda, l’estate ha fatto il suo ingresso con prepotenza non dando nemmeno il tempo di abituarsi al rapido aumento delle temperature. La primavera è stata solo un leggero soffio di vento che ha voltato pagina alle fredde ore invernali, lasciando carta bianca alle torride giornate estive.
Come ogni anno c’è sempre una festa da qualche parte per la fine dei corsi, stasera è in pieno centro, in via dei Tribunali, in un appartamento dove vivono quattro ragazzi fuori sede, amici di una compagna di studi della sorella di Flavio. Non mi lascio mai sfuggire una festa, ogni occasione è buona per stare tra la gente, bere e fare qualche tiro di buon fumo in compagnia, conoscere persone nuove e lasciare che il dovere passi il testimone al piacere, ma stasera sarei rimasto volentieri a casa, nella mia stanza con una margherita prosciutto e funghi e una birra ghiacciata a vedere un bel film in televisione. Una delle maggiori qualità di Flavio è quella della persuasione, riesce sempre a farmi fare quello che vuole, il suo potere di convincimento è quasi ipnotico, difficile dirgli di no.
“Non possiamo mancare, fidati e poi mi ringrazierai.” Queste sono state le sue ultime parole quando ci siamo sentiti nel pomeriggio. Quel fidati è bastato a farmi dire di sì, nonostante fossi perfettamente consapevole che sarebbe stata una serata come tante altre.
Tra le luci delle auto vedo in lontananza l’inconfondibile faro tondo, seguito dal tipico starnazzo del motore della vespa.
«Ciao Giacomo.»
«Ciao Flavio.»
«Salta su, andiamo» dice spostandosi un po’ più avanti per farmi spazio sul sellino.
Le strade sono fiumi di auto in fila bloccate nel traffico del venerdì sera, un caos che ci lasciamo scivolare addosso facilmente infilandoci in ogni spazio libero, e con l’aiuto di qualche piccola infrazione. Dopo aver chirurgicamente incatenato la forcella intorno al primo palo libero, ci immergiamo nella vita del centro, dove i palazzi raccontano la loro storia attraverso le voci delle centinaia di persone che animano la città.
Come poveri argonauti veniamo rapiti dal canto ammaliatore delle fritturine dietro le teche di vetro all’ingresso delle pizzerie che costeggiano il lungo decumano, ma non c’è nessun Orfeo a salvarci dai loro odori e dalla loro vista. Prima di salire ci prendiamo una busta piena di crocchè e paste cresciute, che gustiamo con avidità fino a sotto il palazzo. Sazi e soddisfatti percorriamo appesantiti la lunga scalinata di marmo che ci porta sulla soglia di una grande porta aperta, dove due ragazzi, con un bicchiere in una mano e una sigaretta nell’altra, sono poggiati ai lati opposti come guardiani di un accesso segreto. Facciamo un giro per la casa cercando nel buio qualche viso noto per scambiare le prime parole; Flavio lo perdo quasi subito, io continuo a camminare senza una meta fino all’ultima stanza in fondo al corridoio, dove si apre un’imponente terrazzo dal quale si vede un tappeto di tetti che accompagna lo sguardo fino ai limiti della città.
Gruppetti di persone sono sparsi un po’ ovunque, le luci soffuse delle candele poste lungo tutto il perimetro non mi aiutano a riconoscere qualcuno; prendo una delle tante Peroni all’interno di un secchio giallo pieno fino all’orlo di ghiaccio e mi dirigo solitario verso l’unico angolo libero. Da questa prospettiva noto una ragazza, poggiata sul parapetto, con lo sguardo al di là dei tetti e delle luci, guarda lontano, oltre l’orizzonte, assorta da chissà quali pensieri. Sembra estranea a tutto quello che la circonda e incontaminata dall’aria di festa che padroneggia la serata. Ha lunghi capelli rossi, una pelle chiarissima e un top bianco che lascia scoperte le spalle e il giro vita, un jeans scuro e un paio di converse verdi identiche alle mie. Sembra sola, forse è con un’amica che l’ha abbandonata per uno dei tanti bei tipi presenti alla festa, oppure il fidanzato è andato a prenderle qualcosa da bere, mentre lei guarda il panorama aspettando che arrivi avvolgendole il braccio intorno ai fianchi, e dandole un bacio sul collo.
Decido di darmi il tempo di un altro paio di sorsi prima di avvicinarmi, più la guardo e più mi convinco che ha qualcosa di diverso, qualcosa che mi attrae, qualcosa di chimico che va oltre la sottile superficie dell’aspetto fisico. Nel momento in cui prendo quel minimo di coraggio sufficiente per fare il primo passo, lei si gira ed entra in casa; la seguo cercando di non perderla di vista, ma camminare tra la folla è sempre più faticoso, a ogni passo la distanza che ci separa aumenta fino a quando non la vedo diventare una delle tante ombre che si perdono nel buio.
Continuo a cercarla, vado avanti e indietro più volte, chiedo anche ai due ragazzi all’ingresso se l’hanno vista uscire, ma sono talmente fatti che non l’avrebbero notata nemmeno se fosse passata nuda. Sparita, come un miraggio nel deserto. Ritorno fuori al terrazzo, prendo un’altra birra e mi poggio nello stesso punto dove si trovava lei, lanciando lo sguardo lontano, oltre il buio della notte.
«Cercavi me?»
Mi giro di scatto e la vedo lì che mi guarda con i suoi occhi verdi e profondi.
«Ciao» dico.
«Ciao, ho avuto la sensazione che mi stessi seguendo.»
«Sì, cioè no, non ti stavo seguendo, volevo solo dirti una cosa.»
«Quindi mi stavi seguendo!»
«Sì, ti stavo seguendo.» Colpito e affondato.
«E cosa volevi dirmi?»
«Abbiamo le stesse scarpe.»
Abbassiamo contemporaneamente la testa e fissiamo i piedi aspettando chissà cosa debba succedere.
«Effettivamente è strano, credevo di essere l’unica a portarle.» Il sottile sarcasmo delle sue parole rende più difficile trovare qualcosa di intelligente da dire. Continua a guardarmi poggiandosi sul parapetto aspettando la mia prossima mossa, gli attimi di silenzio rendono la scena leggermente imbarazzante e io mi concentro cercando una frase sensata per iniziare a chiacchierare.
«Anche tu alla festa?» Nel momento del bisogno i neuroni hanno sempre altro da fare.
«Caspita, l’hai notato, speravo che nessuno se ne accorgesse.» Non finisce la frase che incomincia a ridere portandosi la mano sulle labbra. «Scusa, non volevo prenderti in giro» dice provando a ritornare falsamente seria.
«Figurati, ti ho seguita per tutta casa chiedendoti se fossi anche tu alla festa, cosa mi dovrei aspettare?»
«Sei simpatico, come ti chiami?»
«Giacomo.»
«Piacere di conoscerti, Giacomo, io sono Eva.»
Giuseppe Troncone (proprietario verificato)
Una storia che ti entra dentro, pagina dopo pagina, non ti rendi conto che sono passate ore e che comunque vuoi andare avanti. La torre delle emozioni mi ha regalato un tuffo nei ricordi adolescenziali, una prospettiva nuova e sopratutto una gran bella storia.
Carmela Auriemma
Il romanzo scritto da Armando Mauro ci permette di fare un viaggio, un percorso non scontato che parte da Giacomo ma continua dentro di noi. Troppo presi dai mille impegni e dai ritmi incalzanti di una vita apparentemente “piena” ci dimentichiamo l’essenziale, in una società che ci vuole “molto social” e distanti quello che conta è riuscire ad emozionarsi ancora ma non è così scontato farlo. In un mondo sempre più finto il vero lusso sono le emozioni.
Consiglio a tutti di leggere questo libro e di iniziare il viaggio.
Carmen Buchicchio (proprietario verificato)
Può non essere semplice esprimere a parole e scrivere di concetti come le emozioni, gli stati d’animo, i sentimenti, i sogni…anzi per i più risulta difficile se non impossibile.
Armando Mauro invece vi è riuscito e devo ringraziarlo per questo bellissimo viaggio che mi ha permesso di fare leggendo il suo romanzo. Troppo spesso la vita corre troppo veloce per soffermarci a capire il vero valore che le emozioni dovrebbero e devono avere nelle nostre vite… ma, grazie a questa lettura, che ahimè scorre troppo velocemente, per qualche ora possiamo fantasticare su quello che sarebbe potuto essere o potrebbe essere se veramente seguissimo i nostri sogni e le nostre emozioni.
Carla Corona (proprietario verificato)
Un viaggio onirico ad occhi aperti, dove realtà e sogno si legano dal filo conduttore dell’emozioni.
Emozioni che travolgono il lettore, grazie ad una scrittura egregia e fluida dell’autore.
Vivamente consigliato.
Riccardo Capobianco (proprietario verificato)
Un tuffo nel passato, inebriati dal profumo della nostalgia, un sogno immaginifico e suggestivo, trasportati in una vorticosa girandola di emozioni dove il coup de theatre, rectius, i coups de théâtre, si susseguono in un percorso onirico che colpisce dritto al cuore.
Melania Raillo (proprietario verificato)
Questo romanzo non è solo un libro, è uno scrigno del tempo, la perfetta custodia di parole morbide e genuine, una raccolta di illustrazioni dalle pennellate arancioni e bluette.
Leggerlo in poche ore è inevitabile, un po’ come bere per togliersi la sete, una sete di sogni e avventure che io personalmente avevo dimenticato di avere.
L’autore, con la sua penna, è stato capace di ristorare la mia anima mettendomi in contatto con la parte più vera di me; dopo poche pagine ha fatto cadere la cinta muraria di difesa, riservandomi fino alla fine, un posto da spettatrice sulla torre delle emozioni.
Il consiglio mio vivissimo è quello di lasciarsi trasportare da questa storia, viaggiare assieme ai protagonisti in dimensioni nuove ed inesplorate, e attraverso il cuore del racconto, così superlativamente scritto da Armando Mauro, capire qual è la propria personale torre.
alfonso.cusano (proprietario verificato)
Nella vita di ognuno di noi c’è “una torre delle emozioni”. Un caposaldo della nostra esistenza. Quella di Giacomo, il protagonista del romanzo di Armando Mauro, è in una quinta dimensione. Una “quinta dimensione ben nascosta all’interno delle altre ed è talmente piccola che pure avendola davanti agli occhi non riusciamo a vederla”. Ma succede a volte che “ in un giorno come gli altri che capitano cose che modificano il tuo destino”, così per Giacomo che deve cercare la sua Eva. Il suo diventa il nostro percorso nell’ anima alla ricerca di quella torre che solo noi possiamo vedere. Una ricerca incessante del luogo dove tutto è originato e che nascondiamo o che non vediamo per le sovrastrutture che abbiamo costruito nella mente nel corso del tempo. Il romanzo di Armando Mauro ci pone davanti a un bivio: uno è un viaggio alla ricerca di noi stessi, l’altro è l’oblio.
Gianluca Conti (proprietario verificato)
La maggior parte delle persone che ho conosciuto ricorda il periodo dell’adolescenza con nostalgia, felicità e forse un po’di imbarazzo, probabilmente perché è quel periodo della vita in cui tutte le emozioni esplodono incontrollate: l’amore, l’amicizia, le delusioni, la voglia e la motivazione di raggiungere i propri obiettivi, ma anche tutte le “ragazzate” che caratterizzano quei momenti. Poi si cresce con l’esperienza, si tracciano delle strade e quei tumulti restano solo nei nostri ricordi; tuttavia alcune persone continuano a portare con sé intatti quei sentimenti, a viverli cogliendone le sfumature come se fosse ogni volta la prima volta.
Accade che qualcuno riesca a non farsi sopraffare dalla routine e decida di condividere la storia, di fissare con le parole quei momenti come “un’ancora della vita ben piantata sul fondo”, provando a farci rivivere quelle emozioni.
A farlo ci è riuscito magistralmente Armando Mauro scrivendo il romanzo “La torre delle emozioni”, aggiungendo ad un racconto scorrevole, avvincente, “beverino”, un tocco di fantasia (o forse no…?)
Se vi ho incuriosito e magari state cercando la “storia” di questa estate, vi suggerisco di preordinare il libro sulla piattaforma di crowfunding bookabok.it, al seguente link
La maggior parte delle persone che ho conosciuto ricorda il periodo dell’adolescenza con nostalgia, felicità e forse un po’di imbarazzo, probabilmente perché è quel periodo della vita in cui tutte le emozioni esplodono incontrollate: l’amore, l’amicizia, le delusioni, la voglia e la motivazione di raggiungere i propri obiettivi, ma anche tutte le “ragazzate” che caratterizzano quei momenti. Poi si cresce con l’esperienza, si tracciano delle strade e quei tumulti restano solo nei nostri ricordi; tuttavia alcune persone continuano a portare con sé intatti quei sentimenti, a viverli cogliendone le sfumature come se fosse ogni volta la prima volta.
Accade che qualcuno riesca a non farsi sopraffare dalla routine e decida di condividere la storia, di fissare con le parole quei momenti come “un’ancora della vita ben piantata sul fondo”, provando a farci rivivere quelle emozioni.
A farlo ci è riuscito magistralmente Armando Mauro scrivendo il romanzo “La torre delle emozioni”, aggiungendo ad un racconto scorrevole, avvincente, “beverino”, un tocco di fantasia (o forse no…?)
Se questo commento vi ha incuriosito e magari state cercando la “storia” di questa estate, siete nel posto giusto
Alfredo Liguori (proprietario verificato)
Ho acquistato e letto (anzi divorato) la bozza non editata.
Devo dire che è un libro che si lascia leggere agevolmente, portando il lettore ad immaginare costantemente tutte le scene es i momenti descritti in maniera abile e sopraffina dall’autore.
Un viaggio emozionante e sincero, davvero complimenti.