In un futuro distopico ambientato tra il 2023 e il 2026, un gruppo di adulti lavora nella prestigiosa e futuristica New Town dei grattacieli a un progetto particolare: far incontrare l’amico ideale ai propri figli. Sono disposti a tutto pur di assicurare alla propria prole un futuro perfetto, ottimi compagni, case belle e quartieri green. A coordinare e dirigere la missione è Carlo Bellini, dell’Utility Famiglia, uomo astuto e determinato. Le sue proposte estreme rischieranno di trasformarlo in un dottor Frankenstein dell’educazione, ma la trottola di un bambino lo riporterà nel luogo dove è ancora possibile avere un’infanzia felice.
PROLOGO, 2026
Una grande porta gialla si apre dall’interno. Piccoli passi risuonano sul parquet, mentre l’inquadratura passa alle pareti bianco latte di una grande sala, illuminate da finestre grandissime e chiuse. Appesi ai muri si vedono disegni di bambini e tante lettere colorate disposte non in ordine alfabetico, né a formare parole.
Lara vi si sofferma come un soffio, poi, camminando all’indietro, passa a riprendere un gruppo di bambini e bambine, di ragazze e ragazzi, seduti in cerchio. Bellini è al centro, su uno sgabello ergonomico.
Una voce fuori campo declama: «Questa giornata è importante, si festeggia il terzo compleanno degli Amici della Nuova Umanità».
Bellini si alza e con un cenno delle braccia dice: «Ecco i nostri figli».
Lara si allontana in un piano sequenza all’indietro. Bellini si risiede.
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Prima parte
2023.
Il Nuovo Quartiere delle Tower
SALVA IL TUO AMBIENTE
L’invito arrivò con le credenziali migliori. Una lettera della Benessere del Comune, insieme a Fondazione Periplo e Puoi, lanciava un progetto per i cittadini delle Tower dal titolo: Salva il tuo ambiente, fai conoscere ai tuoi figli l’amico del cuore.
La carta era gialla e aveva un profumo di miele, l’annusai mentre entravo nell’ascensore. Il mittente era del nostro nuovo quartiere, ma c’era solo una sigla. Rimasi diffidente, ma non più del solito, mentre gravitavo fino al ventesimo piano del grattacielo Boscosensibile dove vivevo con la mia piccola famiglia. Poi cominciai a capire. Questo poteva essere un biglietto provvidenziale, ne avevo parlato con Giorgia proprio l’altro giorno; sì, la difficoltà dei nostri figli nel crearsi delle amicizie, qui nella Città Nuova appena inaugurata.
«No, non è questione di censo, ma di sentimenti, di talenti, interessi, valori, carattere, sì. La mia,» si era infervorata Giorgia «è una bimba che ha bisogno di stare con chi è al suo livello, sennò s’innervosisce». Era diverso tempo che si era creato questo problema tra noi mamme, ci chiedevamo spesso con chi far stare i bambini, quali amici scegliere per loro e dove portarli per evitare cattive compagnie. Non ci sembrava che tutto potesse essere garantito dalla scelta di una buona scuola. Forse questa lettera del Comune era una soluzione alle nostre preoccupazioni sulla socialità dei nostri figli?
L’ascensore arrivò al piano, dovevo lasciare veloce la spesa, e poi di nuovo giù a prendere Emma. Mia figlia aveva cinque anni e in effetti anch’io avrei voluto trovarle un gruppetto di amichette e amichetti, sicuro e sereno, di cui potermi fidare, che fosse adatto a lei. Chissà, il Puoi è in fondo un Ente molto serio, ha condotto tante campagne per la conservazione delle case storiche, dei monumenti antichi, ora avrà pensato che deve salvare l’infanzia come bene pubblico, di tutti. Dopo lo leggerò meglio, mi dissi allo specchio dell’ascensore, mentre in direzione ground floor mi tiravo le guance e le rughe attorno alla bocca.
La scuola di mia figlia era in una vecchia casa cantoniera, l’unico edificio rimasto basso tra le tante pareti verticali che tagliavano la luce del giorno. Gli altri genitori, come me del resto, erano molto contenti di questo spazio, lo consideravano un “dono”, pronunciando a bassa voce questa parola. E adesso anche questo servizio del Puoi poteva esserlo.
Mi allineai davanti all’ingresso.
«Ehi, Monica, hai sentito l’ultima?» mi chiesero e cominciai a seguire i fili dei discorsi che ogni volta dipanavamo prima dell’uscita dei bambini. Una lunga tela su cui noi madri disegnavamo realtà presenti e scenari futuri.
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