Il mare osserva, è testimone silenzioso di gioie e di dolori e, quando meno te lo aspetti, restituisce il pezzo mancante di un puzzle che può rivelare una triste verità. Come il caso di persona scomparsa che segue Nico, introverso e scorbutico giornalista, insieme alla fotografa Teresa. Ma non è solo la risoluzione del caso che li spinge a indagare: lui vuole dimostrare alla sua famiglia di valere qualcosa, lei ha un dolore troppo forte da dover esorcizzare, e forse salvare una vita potrà darle la pace che cerca. Dalla grigia e fredda Benevento ai trabocchi sulle coste molisane, questa strana coppia di detective improvvisati cercherà la verità, quella verità agrodolce, che fa soffrire ma che dà pace all’anima. Come il mare d’inverno.
CAPITOLO 1
Lunedì 2 febbraio
«Che palle!»
La mia flebile voce da oltretomba, di sicuro profumata di sostanza organica in decomposizione, rompe il silenzio della camera. «Ci risiamo. Ricomincia la giostra…»
Ore 7:25 di un altro anonimo e depresso lunedì mattina. Fisso per un attimo l’orario rosso lampeggiante dopo aver silenziato per quasi mezz’ora la sveglia. A lato, sul comodino, cinque lattine da mezzo litro di birra Strong Ale da nove gradi all’ombra. Mi trascino letteralmente fuori dal letto e senza nemmeno aprire gli occhi mi ritrovo davanti al lavello del bagno. In uno stato di semicoscienza accendo la lucetta dello specchio e con uno sforzo energetico sovraumano apro gli occhi, che vengono trafitti da quel freddo bagliore led. Un’ombra si materializza davanti a me, man mano sempre meno spettrale.
«Cazzo, Nico, siamo in forma oggi, eh?!»
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L’unico momento in cui riesco davvero a guardarmi in faccia senza mentirmi è quando faccio la barba. In quell’attimo non esistono maschere che reggono, convenzioni al servizio di quella che gli altri chiamano società civile. Proprio allora, quando il mio volto mi fissa incredulo, come stentasse a credere di appartenermi, provo l’impellente bisogno di dirlo di nuovo, una vera esigenza esistenziale.
«Che palle!» Stavolta meno roco, più di petto, quasi urlato. Riflettendoci, un’espressione capace in così pochi caratteri di riassumere uno stato d’animo maturato in trentacinque anni di sbatti- menti vari. Lì, anche se solo per un istante, la mia mente si apre e il dono della Verità mi pervade. E capisco. Capisco il senso di tutto. Il mistero della vita, la misera nullità umana persa nell’infinito del cosmo, l’infondata percezione dello scorrere del tempo… già, tutto scorre, panta rei! Almeno fino alle 7:28.
Perché ogni santa mattina, festivi compresi, alle 7:28 il cane della vicina inizia ad abbaiare. E non c’è filosofia che regga. Abbaia di continuo, come se qualcuno gli avesse dato un calcio ben assestato nei coglioni, cosa che farei volentieri io. Odio i vicini, e lamentarmi del loro cane darebbe il via alle ostilità. Non ho alcuna intenzione di intraprendere una guerra di trincea tra le mura della mia dolce casetta, unico angolo sereno che mi rimane. Una duty free area in cui valgono, nell’ordine, le mie leggi, le leggi della fisica, le leggi della fame.
Con quella sveglia stonata che mi riporta alla realtà, tutti i pensieri si bloccano e riprendono il loro naturale e semplice corso. Inizio finalmente a farmi la barba, anche perché, l’unica cosa che scorre a vuoto è l’acqua calda, tanto da avere già un corteo di ambientalisti in sit-in sotto casa. Avverto improvvisamente la consapevolezza di essere come sempre in ritardo, cosa che inizia ad arrecarmi un fastidioso prurito su tutto il corpo. Da quel momento mi vedo allo specchio ma non riesco più a guardarmi davvero, sono solo io con il sapone da barba sul viso, incapace di andare oltre. Non scorgo nessun segnale extrasensoriale, se tralasciamo il giramento di maroni innescato dal latrato del cane. Continuo a fissarmi.
«Buongiorno Nico, il mondo ti aspetta!»
Roberto Paglialonga (proprietario verificato)
Per gli amanti del giallo nostrano un libro da non perdere. La trama scorre, e corre, veloce, tra dialoghi fulminanti, riflessioni introspettive senza sconti verso se stessi e la pervicace ricerca della verità. Una ricerca che avvinghia il lettore fino alla fine, tuffandolo nella trama senza possibilità di respiro. I caratteri dei protagonisti, Nico e Teresa, diversi eppure accomunati da uno strano – ma comprensibile – desiderio di riscatto, sono meticolosamente delineati. L’acume e l’ironia sono il piatto forte di questo libro e della penna di Giuseppe Sorda. Assieme ai colori e agli odori dal sapore tipico delle coste (e della terra) del sud. Chi è alla ricerca di una storia nella quale coinvolgersi e, talvolta – ciascuno per suo conto -, riconoscersi, non deve fare altro che accomodarsi e iniziare a leggere. E a perdersi, per poi risalire, come un navigato detective. O come qualsiasi uomo in cerca della soluzione a un mistero, che spesso è quello della vita.