Quella che avete tra le mani è una raccolta di dieci brevi racconti, impreziosita con pregiate illustrazioni in bianco e nero.
A prima vista sembrerebbe l’ennesima raccolta di storie, indirizzata al pubblico dei più piccoli. Ciò è in parte vero, ma Il ladro di sogni e altre storie è anche qualcosa di più. I bambini che leggeranno questi racconti, o che li ascolteranno grazie a chi glieli leggerà, magari prima di andare a dormire, scopriranno dieci mondi diversi, ricchi di personaggi bizzarri, e si intratterrano con dieci storie divertenti e insolite. Allo stesso tempo, anche gli adulti potranno godersi la spensieratezza delle avventure raccontate e la qualità dei disegni, ritrovando, celati tra le righe, temi e spunti di riflessione: il rispetto per l’ambiente, la forza dei legami familiari, la lotta contro i potenti, l’abbandono e l’adozione, l’arte del riciclo, il valore dell’amicizia e la lotta contro ogni forma di discriminazione sono solo alcuni degli argomenti che incontrerete sfogliando le pagine di questa raccolta.
Spero che questi racconti vi divertiranno e che ne amerete i personaggi, allo stesso modo in cui io mi sono emozionato e divertito a crearli e a descriverli.
Andate anche voi all’inseguimento dell’uccello dalle piume di fuoco, create qualcosa di nuovo con gli oggetti recuperati dalla spazzatura e mettete al sicuro i vostri desideri: c’è un ladro di sogni arrivato da poco in città.
E ricordatevi: non smettete mai di sognare!
Cagliari, 20 dicembre 2017
A tutti i bambinie agli adulti che combattonoper proteggere i loro dirittie che non si sono dimenticatidi essere stati anch’essi bambini
LA BAMBINA E L’ALBERO
Lisa era una bambina come tante. Sette anni, pelle olivastra e due grandi occhi neri sempre allegri. Amava correre scalza sull’erba, disegnare e cantare. Era arrivata da poco in quel paese ai piedi della montagna e non aveva ancora fatto amicizia con i bambini della sua età.
Era conosciuta da tutti come la figlia dell’apicoltore, poiché suo padre allevava le api e commerciava con bravura il miele da esse prodotto; Lisa non temeva quelle piccole creature alate ma aveva imparato a conoscerle e a rispettarle. Le osservava nelle loro casette lavorare ogni giorno, instancabili e obbedienti. Una sera sognò perfino di essere la loro ape regina: aveva una corona di fiori sul capo e, tra le zampe, teneva ben saldo uno scettro fatto col miglior miele mai prodotto. Andava fiera delle sue piccole ali e sorrideva a tutti i sudditi che, al suo passaggio, facevano acrobatici inchini.
Lisa e suo padre si erano trasferiti da poco più di un mese. I vicini si erano mostrati subito ospitali e avevano organizzato una festa in loro onore per farli sentire i benvenuti.
La casa dell’apicoltore si trovava a pochi passi da un enorme frutteto. Circondato com’era da alte siepi, risultava difficile scorgere quali piante e quali frutti crescessero in quei campi. Più di una volta la bambina aveva provato ad allungare il collo e a stare in punta di piedi, come fanno le ballerine, ma non era riuscita a vedere nulla.
Con il passare dei giorni la sua curiosità cresceva ogni momento di più. Per questo una mattina attese l’arrivo del contadino, il padrone di quei terreni, e lo seguì dietro al cancelletto bianco di legno. Quando lui si accorse della bambina alle sue spalle per poco non gli prese un colpo.
«Ehi, piccola, non farmi mai più uno scherzo del genere! Ho quasi ottant’anni e il mio cuore ammaccato sopporta con fatica gli spaventi» la rimproverò l’anziano dalla barba bianca e riccia, aggiustandosi sulla testa un cappello di paglia.
«Non volevo spaventarti. Sono solo curiosa» replicò la bambina.
«Curiosa? E di cosa? Non c’è nulla di così eccezionale in un frutteto. Sono solo alberi, frutta e tanto lavoro.»
«Sono giorni che mi chiedo cosa ci sia dietro le tue siepi e ho pensato che, forse, venendoti dietro avrei scoperto cosa nascondono quei cespugli così alti» continuò Lisa.
Il vecchio prese per mano la bambina e le fece fare un giro per quel terreno, che si estendeva per una cinquantina di ettari.
«I miei campi producono mele, pere, albicocche, angurie e meloni. Da questa parte, invece, zappiamo la terra per avere melanzane, patate e zucchine. E dimenticavo: anche pomodori» le disse.
Come era bello camminare per quelle terre e scoprire quei frutti ancora appesi ai rami degli alberi. L’anziano prese in braccio la piccola Lisa per permetterle di cogliere un’albicocca matura.
«Buona!» esclamò la bambina gustandola in pochi bocconi.
«La mia povera schiena!» protestò il vecchio posandola a terra. «L’ho sempre fatto coi miei figli, amavano essere presi a cavalcioni sulle mie spalle, ma ora devo rassegnarmi. Non ho più l’età…» le confidò, proseguendo il giro per i campi.
Camminando e camminando giunsero in una zona di terra trascurata: l’erba alta pareva non essere stata tagliata da anni e un muro basso di mattoni rossi consumati dal tempo divideva in modo netto quell’area dal resto delle piantagioni.
«Cosa c’è lì?» domandò incuriosita la bambina.
«Quella è la parte più antica del frutteto. Quando comprai i miei terreni mi dissero che, tanti e tanti anni prima, una strega fu bruciata viva proprio in quel punto e i suoi resti seppelliti sottoterra. Per cinquant’anni tutti si rifiutarono di comprare il terreno, temendo che la strega avesse lanciato qualche incantesimo per renderlo maledetto» rivelò il contadino.
«Una strega? E tu cosa hai fatto?» chiese Lisa, incapace di contenere il suo entusiasmo.
«Comprai il terreno e feci finta di nulla, ma tutte le voci in paese mi misero la pulce nell’orecchio. Mia moglie era terrorizzata dall’idea che la strega potesse avvelenare in qualche modo i nostri raccolti. Così feci costruire questo muro alle nostre spalle per non disturbare il suo sonno e permettermi di coltivare la terra senza i suoi capricci» raccontò l’uomo.
«E la strega… l’avete mai vista?»
«Ci teniamo alla larga da questa parte del frutteto. Una volta, quando erano piccoli, i miei gemelli entrarono in quel terreno abbandonato, mangiando delle pesche. Sentirono degli strani fruscii e scapparono a gambe levate. Il caso volle che un seme di pesca scivolò e attecchì, mise robuste radici e fiorì proprio in quel punto maledetto. Da allora io e gli altri in paese chiamiamo questa parte del mio frutteto col nome di Giardino Proibito e tu, bada bene, promettimi che non scavalcherai mai quel muro. Non vorrai disturbare il sonno di quella strega?»
«Ma si sentirà sola dopo tanti anni… vorrà qualcuno con cui parlare. Anche io qualche volta mi sento sola da quando la mamma è andata via…»
«Non pensare a queste cose, e non pensare alla strega. Tuttavia, se il mio frutteto ti piace tanto, puoi venirci quando vuoi. Ma non dimenticare di avvisare sempre tuo padre: non vorrei che ti cercasse per il resto del paese gridando il tuo nome come un pazzo!»
«Grazie signore. Ritornerò domani.»
«Un’ultima cosa, piccina.»
«Sì?»
«Troverai il cancelletto di legno aperto. Ma non andare mai oltre quel muretto di pietre rosse. Me lo prometti?»
«Lo prometto» disse la bambina, incrociando le dita dietro la schiena. Sapeva che non doveva dire bugie, ma la sua curiosità era stata accesa, e niente e nessuno sarebbe riuscito a trattenerla dal vedere coi propri occhi quali segreti celasse il Giardino Proibito.
Fece per andarsene quando l’anziano dalla barba bianca la richiamò per darle un cesto di profumate albicocche mature.
Passarono i giorni. Lisa tornò più volte al frutteto, gironzolando tra il melo e il pero, arrampicandosi sull’albero di albicocche e persino osservando un uomo senza capelli tirare fuori dieci patate dalla terra.
«Tu devi essere la piccola Lisa, dico bene?» chiese uno dei figli del contadino, ormai adulto.
«Sì» rispose la bambina. Fu in quel momento che le tornarono in mente le parole dell’anziano: i suoi figli si erano addentrati nel Giardino Proibito. Pensò allora di chiedere al bambino diventato uomo qualcosa su quella storia.
«Tu e tuo fratello l’avete vista?»
«Chi?»
«La strega del Giardino Proibito» chiese Lisa, incapace di tenere a freno la lingua.
L’uomo si passò una mano sulla fronte, asciugandosi il sudore. Suo padre lo osservava, riparato da un pergolato, col suo cappello di paglia: «Non parlo mai di quella storia. Certe volte sono quasi convinto di averlo sognato. Ma è successo davvero; io e mio fratello, disubbidendo agli ordini di nostro padre, entrammo nel giardino. Fu a causa di una scommessa: sfidai il mio gemello a consumare la nostra merenda in quella terra proibita. Tutto intorno a noi era coperto di foglie, e ricordo bene che il cielo al tramonto quel giorno aveva uno strano colore. Udimmo un fruscio, poi un altro, e il vento sembrò trasformarsi in una risata di donna» raccontò il figlio del contadino.
«E cosa è successo dopo?» lo sollecitò Lisa con le orecchie bene aperte.
«Avevamo poco più della tua età. Scappammo via, spaventati. Nella corsa inciampai e lasciai cadere il cesto di pesche che avevamo portato per la merenda. Nostro padre si infuriò e ci fece giurare di non mettere mai più piede in quel luogo. Sono passati più di trentacinque anni da allora.»
«Ma io voglio vedere cosa c’è in quel giardino!» gli confidò la bambina.
«Non hai paura della strega? Le voci in paese dicono che fu bruciata viva.»
«Beh… ho un po’ di tremarella ma anche tanta curiosità di vedere il Giardino Proibito e…»
«Lisa, sapevo di trovarti qui. Dobbiamo andare a casa» la interruppe il padre, un uomo con le spalle larghe, la faccia incorniciata da una barbetta corta e con indosso ancora i guanti da lavoro.
«Buonasera signor Bartolomeo. La sua Lisa è proprio una bambina chiacchierona! Buona cena, e torna a trovarci Lisa!» disse l’uomo con un gran sorriso.«Ma lascia perdere quella storia» aggiunse poi sottovoce.
«A domani» disse la bambina passando davanti al vecchio barbuto, seduto su una panchina. L’anziano le fece un cenno con la mano.
Scese la sera e nel suo lettino Lisa non faceva altro che girarsi e rigirarsi. Voleva saperne di più su quella storia. Non aveva mai visto una strega e, nonostante un certo timore, sapeva di poter controllare le sue paure.
«Sono una bambina coraggiosa» si disse prima di addormentarsi.
Nel corso della mattina elaborò un piano: il giorno seguente sarebbe entrata nel frutteto molto presto, quando ancora il sole non era alto nel cielo e il contadino e i suoi figli dormivano.
Al calar della sera caricò la sveglia alle sei e si mise a dormire. Suo padre non sarebbe venuto a svegliarla prima delle otto e avrebbe avuto tutto il tempo per scoprire cosa c’era nascosto in quel giardino. Si sarebbe messa a gironzolare. Poi, lontano da tutti, avrebbe aspettato il momento giusto per oltrepassare il muro di mattoni rossi.
E così fece. La mattina la sveglia suonò e subito la mise sotto il cuscino, per non svegliare suo papà che dormiva nella stanza accanto con quel baccano. Si vestì e uscì di casa che ancora il sole doveva sorgere. Superò il cancelletto bianco e si guardò intorno; nessuno era lì a fare la guardia. Conosceva bene quei sentieri e si mosse con facilità nonostante la scarsa luce. Nel frattempo albeggiò e Lisa raggiunse il muro di mattoni rossi.
«Sei una bambina coraggiosa» si ripeté tre volte prima di trovare la forza per entrare nel Giardino Proibito.
A ogni passo sentiva il cuore esploderle nel petto, incapace di distinguere tra l’eccitazione del momento e la paura. Ai suoi piedi un tappeto di foglie arancioni gemeva a ogni suo passo. Quel terreno era abbandonato, e anche ora che il sole era sorto quello scenario appariva inquietante ai suoi occhi.
Girò oltre la siepe e si ritrovò davanti un immenso e alto albero, un pesco i cui rami si erano intrecciati in un modo talmente strano da sembrare un groviglio di lunghe braccia, mani e dita ossute.
La bambina fece un grande respiro e guardò l’orologio che si era portata dietro: aveva ancora un’ora prima di essere scoperta. Si avvicinò all’albero e gli girò tutto intorno. Con suo immenso stupore la pianta celava una faccia di donna, come se qualcuno avesse scolpito sul legno due grandi occhi, un naso e una bocca.
Quel volto inaspettato parlò: «E tu chi sei?» domandò l’albero-donna con una certa fatica. Chissà per quanti anni la sua lingua era rimasta ferma.
«Io sono Lisa» rispose la fanciulla, con la voce ferma.
«Non hai paura di me?»
«Perché, dovrei?» replicò Lisa avvicinandosi all’albero.
«Non viene mai nessuno qui. Da molto, molto tempo…»
«Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere vedere una faccia nuova e parlare con qualcuno.»
«In paese circolano strane voci su di me…»
«La mamma diceva di non ascoltare mai i pettegolezzi ma di andare fino in fondo alle cose. Sono venuta di nascosto per scoprire la verità. Non sei così spaventosa come ti descrivono.»
L’albero-donna accennò un sorriso, muovendo le sue alte frasche. Fu in quel momento che la bambina vide che tra i rami si nascondevano tante succose pesche mature.
«Sei un bellissimo pesco» le disse.
«Un vecchio albero che produce ancora frutti che nessuno ha mai colto, e dove persino gli uccelli temono di posarsi.»
«Sono sicura che i tuoi frutti sono buoni.»La bambina e l’albero Il ladro di sogni e altre storie 23
«Dicevano tante cose su di me. Che ero una donna strana, di poche parole, e mi chiamavano strega. E ho ragione di credere che lo pensino ancora.»
In quel momento accadde qualcosa di strano: Lisa abbracciò l’albero. O meglio, provò a stringerlo, ma le sue braccia erano troppo piccole per riuscirci.
«Non mi sembri una strega. O, se lo sei, di certo non sei una strega cattiva. Mi piacerebbe restare qui a parlare con te ma ora devo proprio andare. Tornerò a trovarti, promesso» giurò la bambina. Prima di andare tagliò un fiore di ibisco e lo mise ai piedi dell’albero.
Lisa tornò a casa e si mise a letto. Suo padre la svegliò una decina di minuti dopo, con la colazione pronta sul tavolo.
La mattina seguente la figlia dell’apicoltore mise di nuovo la sveglia e, quando un timido sole apparve in cielo, si incamminò verso il Giardino Proibito. Superò il muro di mattoni rossi e raggiunse l’albero-donna. Lisa si sedette tra le foglie, parlando alla faccia scolpita.
«Che piacere, sei tornata!» esclamò l’albero.
«Buongiorno,» rispose la fanciulla «te lo avevo promesso, no?»
«Vieni più vicina» propose l’albero, abbassando uno dei suoi rami per permettere alla bambina di salirci sopra.
«Tieniti forte» continuò, sollevandola verso gli altri rami fino a farla sedere su un robusto tronco.
Da quella posizione Lisa poteva ammirare l’intero frutteto. L’estate era alle porte e gocce di rugiada brillavano nei campi verdi. La bambina e l’albero continuarono a parlare per circa un’ora. Poi Lisa chiese di poter assaggiare una pesca.
«E se fossi davvero malvagia?» la mise in guardia l’albero-donna.
«Anche dal male nascono i fiori. L’ho letto in un libro a scuola» replicò l’ingenua Lisa, avvicinandosi a uno dei tanti frutti maturi e staccandolo con decisione.
«Sei una bambina coraggiosa» disse l’albero.
La fanciulla levò con le dita la buccia leggermente pelosa, sfumata di un rosso intenso, del frutto. La polpa era gialla e soda. Invitata da quell’aspetto chiuse gli occhi e l’addentò. Il sapore zuccherino la inebriò.
«Lisa, ti senti bene?» chiese preoccupato l’albero.
«Sì. Non è per niente cattiva» sentenziò la figlia dell’apicoltore, prendendo un’altra pesca vellutata.
L’albero-donna giocava e parlava con lei, e il tempo trascorse veloce.
Tornò altre tre volte a far visita alla strega del Giardino Proibito. Lisa amava correre tra le foglie e si divertiva a essere sollevata da quei possenti rami, tra cui poteva gustare i frutti succosi e zuccherini. Ma non si accorse che alcuni occhietti curiosi avevano cominciato a seguirla.
Un pomeriggio, tutto sembrava andare come al solito, tra risate e confidenze. Lisa, seduta sopra un ramo con le gambe distese e la schiena appoggiata al tronco, chiacchierava serena con la donna-albero quando all’improvviso una figura uscì da un cespuglio.
«È un albero maledetto. Cosa credi di fare?» disse una voce. Era Jacob, un bambino che abitava lì vicino e che, incuriosito, aveva seguito Lisa. Per lo spavento l’albero scrollò i rami e la fanciulla precipitò a terra ferendosi un ginocchio.
«Vedi, è maledetto, ti ha fatto anche cadere! Ti sei fatta male?» le chiese.
«È solo un graffio» rispose Lisa alzandosi velocemente in piedi.
«Non dovresti essere qui, e neanche io dovrei. È una strega, e le streghe mangiano i bambini. I grandi sapranno cosa fare» urlò Jacob, prima di voltarsi e correre a perdifiato verso il cancelletto bianco.
«Quel fifone di Jacob! Lo inseguirò!» decretò Lisa. Ma, proprio quando fu per corrergli dietro, si rese conto che le sue gambe erano diventate improvvisamente molli e si ritrovò nuovamente accasciata sull’erba.
«Hai un ginocchio che sanguina. Non credo che sia una buona idea mettersi a correre.»
«Non conosci Jacob. Non è capace di tenere un segreto.»
«Ti fa male?» chiese l’albero, curvando uno dei suoi lunghi rami verso la piccola e aiutandola a rialzarsi.
«Non è niente. Se solo Jacob non ti avesse spaventata tutto questo non sarebbe successo. Devo parlare con lui e fargli promettere che manterrà il nostro segreto» replicò la bambina.
Nel cielo le nuvole si tinsero di un arancio intenso. Il sole stava iniziando a tramontare, cedendo il suo regno alla luna.
«Sarà meglio che vada anche tu,» disse l’albero-donna con una punta di tristezza «sai bene che non ti faranno più tornare a giocare con me.»
«Staremo a vedere» rispose Lisa.
La bambina si mise sulle tracce di Jacob. Trascorse così all’incirca mezz‘ora ma ogni suo tentativo fu inutile. Non trovandolo, tornò a casa e chiuse la porta alle sue spalle.
Seduto all’ingresso trovò ad attenderla il padre, che la interrogò sull’accaduto. I genitori di Jacob, disperati, vedendo il loro figlio così spaventato, avevano bussato alla sua porta e lui non aveva potuto fare altro che rispondere che se ne sarebbe occupato con fermezza.
«Cosa sei andata a fare nel Giardino Proibito? Ti avevano messo in guardia e consigliato di stare lontana da quel posto!»
«Ma papà sono tutte bugie. Quella strega… l’albero… lei è brava, non farebbe del male a nessuno…»
«Piccola, come puoi dire questo? Il tuo ginocchio sanguina! Fammi andare a prendere un cerotto.»
«Sto bene. È stata tutta colpa di Jacob. Ha fatto spaventare l’albero e io sono caduta da uno dei suoi rami.»
«Sarà meglio che tu stia buona per un po’. Lascia che siano i grandi a decidere cosa fare» sentenziò l’apicoltore.
Passarono così due lunghissimi giorni. Lisa fu costretta a stare a casa, chiusa nella sua stanza. Era impaziente di sapere. Voleva conoscere. L’albero-donna stava bene? Cosa avrebbero fatto i grandi?
La sera tutti gli adulti si riunirono per decidere il destino di quella pianta. Non poteva stare lì a non fare nulla. Legò delle lenzuola alle federe, le fissò alla spalliera del letto e si calò dalla finestra. Arrivò nei pressi dei Giardino Proibito e quel che vide la spaventò: i grandi avevano deciso di abbattere l’albero-donna. Era stata accusata di aver ferito la piccola Lisa e tutti erano dell’idea che fosse necessario porre fine a quella storia una volta per tutte. Con quella legna avrebbero riscaldato le loro case per l’inverno, e nessun bambino o bambina si sarebbe fatto ammaliare ancora una volta da quella strega.
Lisa vide una grande ascia pronta per essere afferrata, la lama scintillava nel chiarore della luna. Non poteva permettere una cosa del genere. Era una strega buona, ed era una sua amica. Doveva fare qualcosa. Ma cosa avrebbe potuto fare lei, da sola, senza l’aiuto di nessuno? In quel momento la folla era tutta intorno all’albero, in attesa di infliggere il primo colpo.
Lisa tornò a casa, prese un barattolo di vetro con il coperchio in latta e si avvicinò alla casetta delle api. Quelle api con cui suo padre lavorava. Quelle api che aveva imparato a rispettare.
«Aiutatemi, per favore!» le supplicò.
Una dopo l’altra le api, liberate dalla loro casa, entrarono nel barattolo. Prima una, poi due, poi dieci, poi cento. Lisa mise il coperchio di latta, lasciando un piccolo spiraglio per far respirare le api, e corse verso l’albero stregato con tutta la forza che aveva nelle gambe. In breve raggiunse il Giardino Proibito e rimase incredula nel vedere la follia che aveva consumato quella gente. Un primo colpo era stato inferto proprio su un fianco dell’albero. L’ascia era rimasta incastrata e l’uomo che aveva vibrato quel colpo tentava invano di recuperarla.
«Lasciatela stare. Andate via!» urlò Lisa, aprendo il barattolo e facendo uscire prima un’ape, poi due, poi dieci, poi cento. Quello sciame si abbatté su quegli uomini e donne che, disperati, corsero via, alla ricerca di qualche medicamento per alleviare le loro sofferenze.
«Nessuno ti farà più del male. Lo prometto» disse Lisa abbracciando l’albero-donna.
«Torneranno. Lo sai?» sospirò la strega.
«Non ti lascerò più sola.»
Lisa trascorse l’intera mattina in compagnia dell’albero. Tentò invano di levare l’ascia. Ma era solo una bambina, e nulla avrebbe smosso quell’affare.
«È doloroso?» chiese la bambina all’albero.
«Sì. Ma posso sopportarlo» rispose la strega.
Lisa udì dei passi. Era suo padre.
«Bambina mia! Che cosa ti sei messa in testa di fare?»
«Voglio proteggere quest’albero. Non diventerà legna per i nostri camini.»
«Non essere sciocca. I grandi hanno già deciso…»
«I grandi non sanno nulla. Papà, quest’albero è una strega buona. Io voglio proteggerla, lo farò con le tue api e con il tuo aiuto.»
«Finiremo per essere cacciati!» protestò l’apicoltore.
«Non accadrà» replicò Lisa.
In quel momento gli adulti del villaggio tornarono con seghetti, tronchesine, accette e persino fiammiferi.
«Qui si mette male» strillò l’albero-donna, facendo scomparire il suo volto tra le foglie e costruendo una barriera con le sue radici.
«Avete visto? La strega ha rapito Lisa! Dobbiamo abbattere quel demonio!» urlava la folla.
Spaventato per il destino di sua figlia, l’apicoltore corse a casa, afferrò tre casette di api e ritornò al Giardino Proibito. Vedendo che i grandi stavano per sferrare l’attacco finale esclamò: «Lasciate stare ogni cosa. O verrete punti dalle mie api!».
La folla terrorizzata iniziò a correre da una parte all’altra, lasciando quel terreno e non facendovi mai più ritorno.
Passarono i giorni, i mesi e gli anni. Anche il contadino col cappello di paglia, infine, fu costretto a cedere: negli anni Lisa divenne la guardiana di quella pianta, fece seminare tutto intorno dei fiori bianchi e parlò con gli abitanti del paese facendo cambiare loro idea.
«Spesso quel che non conosciamo ci spaventa» diceva. Crebbe e divenne donna, poi madre di un bellissimo bambino a cui diede il nome di Giorgio. Portò il suo neonato davanti all’albero-donna che lo cullò con le sue radici.
Passarono gli anni e l’opinione dei grandi cambiò. Nessuno più nel paese ai piedi della montagna guardò al Giardino Proibito con terrore, e quel lembo di terra divenne un punto di incontro, balli e canti per tutta la comunità.
Giunta alla soglia dei cent’anni e ormai vecchia, Lisa abbracciò nuovamente quella pianta. L’aveva protetta ed era stata una voce di cambiamento. Così la strinse forte, un’ultima volta, proprio come aveva fatto durante il loro primo incontro, quando Lisa era ancora una bambina.
L’amore per quella pianta fu tramandato nei racconti delle generazioni a seguire e ancora oggi non c’è nessuno in paese che, addentando una pesca, non pensi alla storia della bambina e dell’albero-donna.
Donatella (proprietario verificato)
Ho iniziato a leggere alcuni racconti, un racconto tira l’altro! Sono stata subito ammaliata dalla bellezza dei personaggi e dei loro mondi e coinvolta da una scrittura limpida, che dà forma a storie fantastiche ricche di temi significativi. Atmosfere divertenti e delicate, illustrazioni raffinate e suggestive. Un libro per grandi e piccini, da tenere sul comodino, adottare come libro di testo nelle scuole e diffondere in tanti altri posti. Complimenti all’autore! Auguro che questi racconti facciano visita a svariati luoghi, attraversino il tempo e raggiungano innumerevoli persone.
robertasalsi67 (proprietario verificato)
Il libro è educativo, facile da leggere con le sue tante storie anche su i mezzi pubblici. Compratelo non ve ne pentirete. Viva la fantasia e la lettura
Fabio Cruccu (proprietario verificato)
Sognatori! Ad Aprile 2018 il libro è stato pubblicato e prosegue il suo tour promozionale nelle scuole, centri di aggregazione, librerie, biblioteche e fiere.
Fabio Cruccu (proprietario verificato)
GRAZIE A TUTTI, al team bookabook e ai lettori-sostenitori! E’ stata una esperienza incredibile, alle volte stressante ma molto appagante. Vedere tante facce nuove, raccontare come un’idea si trasforma in un progetto editoriale e, ora, in un libro vero e proprio mi riempie di gioia. Ora non resta che aspettare qualche mese per avere tra le mani IL LADRO DI SOGNI E ALTRE STORIE!
Cristina (proprietario verificato)
Ho apprezzato la prima storia e ho deciso di supportarti nel progetto. In bocca al lupo!
Giampaolo (proprietario verificato)
Ho appena sostenuto la campagna!
Paola (proprietario verificato)
Prenotato!! …ora non resta che attendere!
Francesca (proprietario verificato)
Sono stata alla presentazione del libro, e ti devo fare i miei complimenti, ma non solo per le storie in sè, ma per il fatto che hai iniziato questo tipo di progetto, scrivendo libri, che non è da tutti! Poi, i racconti sono molto interessanti, divertenti e istruttivi allo stesso tempo. Ho scaricato il file, e con calma mi leggerò per bene i racconti. Bravo e continua così 😉
Chiara (proprietario verificato)
Sono stata alla presentazione! E’ stato un piacere scoprire le tue storie.
Non vedo l’ora di leggerlo stampato!
Carlo (proprietario verificato)
Racconti splendidi per adulti e bambini. Belle storie e disegni! Complimentoni!
Carla (proprietario verificato)
Ho letto in anteprima i racconti ai miei figli: sono scritti molto bene, lineari, ed emanano una dolcezza “d’altri tempi”.
Elisabetta (proprietario verificato)
E’ il regalo perfetto per i miei nipotini! Bellissimi disegni!
Simone Barrago (proprietario verificato)
Non vedo l’ora di sfogliare questo libro, leggere le storie e fantasticare tra le illustrazioni. Ho avuto modo di leggere “La panchina” di Fabio Cruccu, e sono rimasto estasiato. Sicuramente anche questi racconti saranno meravigliosamente affascinanti.
Antonello (proprietario verificato)
L’ho pre-ordinato senza esitazione! Ho avuto il piacere di leggere altri racconti di Fabio Cruccu e sono certo che questo progetto meriti di essere conosciuto. In bocca al lupo!