A ognuno di questi schemi corrisponde una rete neurale che si attiva e si rinforza ogni qualvolta mettiamo in atto uno di essi. Ad esempio, quando ti alzi al mattino non fai sempre le stesse cose seguendo lo stesso ordine? Andando al lavoro, non prendi sempre la stessa strada? In palestra, non scegli sempre gli stessi corsi o esercizi? E quando fai la spesa, non acquisti sempre gli stessi prodotti? Quando ti relazioni con i tuoi familiari, partner o amici, non ti trovi spesso imbrigliato nei soliti vecchi meccanismi? Non ti capita di reagire in maniera automatica, veloce, senza riflettere? O di sentire che le stesse ferite tornano a pulsare?
Ecco allora che davanti a tutte queste abitudini si staglia il concetto di pensiero consapevole.
Partendo dai nostri schemi abituali possiamo diventare sempre più consapevoli del nostro agire e magari, perché no, cambiarlo. Non si può però cambiare qualcosa che non si conosce, pertanto il primo passo deve essere quello di prendere consapevolezza dei propri pensieri, delle proprie emozioni e dei propri comportamenti.
Cosa c’è di più intrigante che diventare finalmente coscienti di se stessi?
IL PRIVILEGIO DI UNA VITA È ESSERE CHI TU SEI.
Joseph Cambpell
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LE IMPOSIZIONI ESTERNE
Le nostre abitudini nascono tanto dalle esperienze di vita quanto dalle imposizioni che riceviamo fin da piccoli da genitori, nonni, insegnanti e, in generale, a livello socioculturale e religioso. Crescendo ci viene insegnato che alcuni comportamenti e atteggiamenti sono più desiderabili e auspicabili di altri, e così iniziamo a modellarci per assecondare gli standard che ci vengono richiesti: essere un bravo figlio che consola la mamma e le fa compagnia quando è triste, oppure scegliere di fare danza classica anziché giocare a basket perché questo si addice di più a una bambina.
Ecco che inizia a formarsi una serie di abitudini che raramente contestiamo. Proviamo perfino un senso di conforto, e pensiamo: sono simile agli altri, non mi sento diverso e questo mi rassicura. Tutti tendiamo agli stessi standard e quasi nessuno vuole discostarsene.
Ciò che negli anni spesso mi ha colpito è sentire quanto le persone dicano di essere impegnate, di non avere tempo, come se facessero a gara per dimostrare chi ha meno tempo per rilassarsi. Cosa temiamo che succeda se ammettiamo di avere tempo per noi, per riposare o per fare le cose che ci piacciono? Immagino sia la paura di essere giudicati pigri o magari di non avere successo, perché nell’immaginario collettivo si è “di successo” se si lavora fino a tardi e nel weekend.
Questi sono solo degli esempi, persone diverse possono aderire a modelli diversi in base al contesto in cui crescono. I miei modelli di donna cresciuta in Italia negli anni ‘80 e ‘90 saranno molto diversi da quelli di un uomo ebreo ortodosso di cinquant’anni, o da quelli di una giovane donna americana o libanese. La sfida di ognuno di noi è capire quali sono i modelli che ci sono stati imposti e a cui abbiamo aderito inconsapevolmente. Quali sono le scelte che abbiamo compiuto per accontentare gli altri o per essere simili a loro?
Ognuna di queste scelte, alimentata dalla paura, porta a un distacco dal sé più autentico, dai reali desideri di ognuno di noi. Dietro la facciata “perfetta” da mostrare agli altri si cela un senso di perenne insoddisfazione e spesso di ansia, perché non stiamo onorando il nostro “vero sé”. Portiamo avanti le stesse abitudini senza nemmeno rendercene conto.
La società ci spinge verso una identità stabile e duratura, ma esiste un’alternativa?
CAMBIARE IL MODO IN CUI FAI LE COSE DI ROUTINE CONSENTE A UNA PERSONA NUOVA DI CRESCERE DENTRO DI TE.
Paulo Coelho
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PERSONALITÀ VS NARRATIVA DI SÉ
La nostra personalità è formata dalla combinazione di una componente innata e determinata dall’eredità genetica, ovvero il temperamento, e dalle esperienze ambientali (relazioni, educazione, eventi, contesto) che viviamo nei primi anni della nostra infanzia. Pertanto, il concetto di personalità viene spesso interpretato come monolitico, fisso e immutabile.
Oggi una scienza chiamata epigenetica ci dice che persino l’espressione dei nostri geni, dati immutabili per antonomasia, può invece essere modificata, e la loro attività modellata. Infatti, il nostro codice genetico è plastico: la nostra esperienza, ciò che facciamo, vediamo, sentiamo, mangiamo, persino quello che pensiamo, scatena cambiamenti genetici, che a loro volta modificano i percorsi neuronali e dunque i nostri schemi condizionati.
Lo stesso vale per la personalità: studi recenti mostrano che essa può cambiare, se scegliamo consapevolmente di farlo. Se veramente lo desideriamo, siamo in grado di cambiare l’impatto che vecchie esperienze hanno avuto su di noi.
D’altronde, se guardiamo all’etimologia della parola “personalità”, essa deriva dal greco prósōpon e indica sia il volto dell’individuo sia la maschera dell’attore e il personaggio rappresentato. Le maschere e i ruoli che interpretiamo possono ovviamente cambiare, e allora cade il concetto di personalità come una sorta di premonizione di come ci comporteremo, di ciò che ci piacerà o meno, di come ci sentiremo o di quali decisioni prenderemo.
Possiamo quindi sostituirla con il concetto di narrativa: ognuno di noi può vedere se stesso e le proprie esperienze all’interno di una storia, di un racconto che, con grande fluidità, può cambiare e trasformarsi di giorno in giorno, con colpi di scena inaspettati e con ambientazioni o personaggi nuovi.
In questo modo diventiamo padroni della storia che stiamo vivendo e di cui siamo protagonisti: possiamo uscire dai processi inconsci, automatici, e scegliere consapevolmente la trama della nostra esistenza, anziché rimanere imbrigliati in una personalità immutabile. Vediamo come.
SE DIVENTERAI QUELLO PER CUI SEI STATO CREATO INCENDIERAI IL MONDO.
Caterina da Siena
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IL COPIONE
Se scegliamo di abbracciare il concetto di narrativa, sarà utile raccogliere la nostra storia all’interno di un copione. Questo è un esercizio che spesso uso nelle mie sedute di psicoterapia. Se tu fossi un personaggio di un libro, di una fiaba, di un film, di uno spettacolo teatrale, oppure un personaggio della mitologia, quale ti rappresenterebbe meglio, chi saresti? Qual è la storia che più si avvicina alla tua? Partendo dal concetto di consapevolezza di sé, la prima cosa da fare è chiedersi qual è il personaggio che abbiamo interpretato fino a ora; gli archetipi, i miti e le fiabe ne facilitano l’identificazione.
Anni fa, quando iniziai a riflettere sul mio copione, mi resi conto di interpretare molto spesso il ruolo della vittima e mi identificai con la piccola fiammiferaia, la bambina che cerca di vendere fiammiferi per guadagnare qualcosa, ma viene trattata male dalla gente e muore di freddo. Mi resi conto di essermi sempre sentita vittima degli eventi o degli altri; di essermi sentita perennemente giudicata, criticata, osteggiata. Ero pervasa da un forte senso di impotenza e da una grande sofferenza: passavo le giornate a lamentarmi, senza però concedermi mai di sentire tristezza (tra qualche paragrafo capirai perché). Distorcevo le situazioni pur di poter interpretare quel ruolo che, paradossalmente, mi era tanto caro.
Il punto sta proprio qui: anche se spesso i ruoli che scegliamo sono scomodi, essi diventano la nostra zona di comfort, ciò che conosciamo e a cui siamo abituati, per questo non è facile separarcene.
A prescindere dal ruolo, se mettiamo il pilota automatico e rimaniamo governati dalla mente inconscia per il 95% del tempo, il nostro copione non cambierà mai.
Durante una seduta, una donna che spesso dimenticava di prendersi cura di se stessa mi confessò che aveva speso la sua vita a prodigarsi per la sua famiglia, senza mai ricevere gratitudine. Al contrario, riceveva sempre più pretese di aiuto e incombenze da parte loro. Mi disse che il suo copione era quello di Sisifo. Sisifo, secondo la mitologia greca, fu condannato a un’eterna fatica: trasportare sopra una montagna un masso che inesorabilmente ricadeva giù appena toccata la cima. Una metafora che si associava perfettamente a questa donna ormai esausta che continuava a portare sulle spalle i fardelli altrui senza mai darsi tregua. Un amico, invece, mi disse di sentirsi Ercole: forte, coraggioso e sempre pronto a proteggere i suoi cari, anche a costo di rinnegare le proprie paure.
ESERCIZIO PER TRASFORMARTI
Per conoscere il tuo copione può essere utile scrivere la caratterizzazione del tuo personaggio: ti invito cioè a farne uno schizzo come se fosse il protagonista di uno spettacolo teatrale (se vuoi, puoi metterti nei panni di un amico, o di qualcuno che ti conosce intimamente, empaticamente, meglio di chiunque altro), e ti suggerisco di scriverlo in terza persona, iniziando con “Sempronio è…”. Pensare a come ti vedono gli altri, a cosa dicono di te, può essere molto utile per tratteggiare il tuo copione.
In questo modo si delineerà la descrizione del ruolo che hai sempre interpretato: la narrativa che ha caratterizzato la tua vita fino a questo momento. Cosa ne deduciamo? Identificare il ruolo che stai interpretando, spesso inconsapevolmente, è il primo passo per comprendere se è davvero questo che desideri. Rileggi ciò che hai scritto, magari più volte, giorno dopo giorno: come ti senti ad andare in scena e ripetere questo copione quotidianamente? Magari ne vorresti avere uno diverso? Cosa vorresti cambiare o lasciare andare? Cosa, invece, desideri di nuovo? Il tuo personaggio rispecchia chi sei veramente? O tratteggiandolo ti sei accorto di portare una maschera? Ti invito a porti tutte queste domande e a tenere un diario per scrivere le risposte.
Si apre ora lo spazio per un immaginario diverso, un’ideazione completamente nuova e finora sconosciuta che, grazie alla consapevolezza e attraverso la fantasia, può spaziare e sconfinare in nuovi, eccitanti territori.
Iniziamo ad avvicinarci a un sé più autentico, spoglio dei condizionamenti ricevuti e degli schemi appresi. Iniziamo a lasciare andare ciò che non ci serve, ciò che non vogliamo, per avvicinarci a ciò che realmente desideriamo. Possiamo sentirne il fremito: finalmente le energie sono incanalate verso un’espressione più autentica del proprio sé, e ciò che ne deriva è un senso di libertà e di leggerezza.
Ed è così che scegliamo una narrativa nuova e diversa.
Leonardo Ravera (proprietario verificato)
L’arte di riscrivere la propria storia è un libro sincero, Francesca Moresi non si nasconde dietro le sue competenze e i suoi studi ma ha il coraggio di iniziare parlando di sé. E’ un libro leggero, sorridente, pieno di consigli pratici e arricchito da una serie di aforismi e citazioni illuminanti ed ironici. Una lettura molto stimolante, che consiglio a tutti.