Eppure, è così. Siamo programmati per essere organismi efficienti, per risparmiare energia che potrebbe servirci in futuro davanti a un potenziale pericolo o per prendere una decisione importante. Il nostro cervello rende automatico ciò che facciamo abitualmente, per risparmiare tempo ed energia.
E per fare ciò raccoglie dati e informazioni fin da quando siamo piccoli; crea schemi e programmi abituali, che poi usiamo per affrontare situazioni quotidiane. A ognuno di questi schemi corrisponde una rete neurale che si attiva e si rinforza ogni qualvolta mettiamo in atto uno di essi.
Ad esempio, quando ti alzi al mattino, non fai sempre le stesse cose seguendo lo stesso ordine? Andando al lavoro, non prendi sempre la stessa strada? In palestra, non scegli sempre gli stessi corsi o esercizi? E quando fai la spesa, non acquisti sempre gli stessi prodotti? Quando ti relazioni con i tuoi familiari, partner o amici, non ti trovi spesso imbrigliato nei soliti vecchi meccanismi? Non ti capita di reagire in maniera automatica, veloce, senza riflettere? O di sentire che le stesse ferite tornano a pulsare?
Ecco allora che davanti a tutte queste abitudini si staglia il concetto di pensiero consapevole.
Partendo dai nostri schemi abituali possiamo diventare sempre più consapevoli del nostro agire e magari, perché no, cambiarlo. Non si può però cambiare qualcosa che non si conosce, pertanto il primo passo deve essere quello di prendere consapevolezza dei propri pensieri, delle proprie emozioni e dei propri comportamenti.
Cosa c’è di più intrigante che diventare finalmente coscienti di se stessi?
IL PRIVILEGIO DI UNA VITA È ESSERE CHI TU SEI.
Joseph Campbell
2. LE IMPOSIZIONI ESTERNE
Le nostre abitudini nascono tanto dalle esperienze di vita quanto dalle imposizioni che riceviamo fin da piccoli da genitori, nonni, insegnanti e, in generale, a livello socioculturale e religioso. Crescendo ci viene insegnato che alcuni comportamenti e atteggiamenti sono più desiderabili e auspicabili di altri, e così iniziamo a modellarci per assecondare gli standard che ci vengono richiesti: essere un bravo figlio che consola la mamma e le fa compagnia quando è triste, oppure scegliere di fare danza classica anziché giocare a basket perché questo si addice di più a una bambina.
Ecco che inizia a formarsi una serie di abitudini che raramente contestiamo. Proviamo perfino un senso di conforto e pensiamo: sono simile agli altri, non mi sento diverso e questo mi rassicura. Tutti tendiamo agli stessi standard e quasi nessuno vuole discostarsene.
Ciò che negli anni spesso mi ha colpito è sentire quanto le persone dicano di essere impegnate, di non avere tempo, come se facessero a gara per dimostrare chi ha meno tempo per rilassarsi. Cosa temiamo che succeda se ammettiamo di avere tempo per noi, per riposare o per fare le cose che ci piacciono? Immagino sia la paura di essere giudicati pigri o non di successo, perché nell’immaginario collettivo si è “di successo” se si lavora fino a tardi e nel weekend.
Leonardo Ravera (proprietario verificato)
L’arte di riscrivere la propria storia è un libro sincero, Francesca Moresi non si nasconde dietro le sue competenze e i suoi studi ma ha il coraggio di iniziare parlando di sé. E’ un libro leggero, sorridente, pieno di consigli pratici e arricchito da una serie di aforismi e citazioni illuminanti ed ironici. Una lettura molto stimolante, che consiglio a tutti.