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Le cicatrici che nessuno vede

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Il detective Pietro Trevisani è sempre stato il migliore nel suo campo per la cura e l’attenzione con cui risolve i casi, ma di recente ha commesso un errore irreversibile, che lo tormenta e lo fa sprofondare nell’abisso dei suoi pensieri. È quindi costretto a cambiare aria: la destinazione è Todi, una piccola città nel cuore verde dell’Umbria. Pietro non sa ancora che di lì a breve dovrà indagare su una serie di efferati omicidi per risolvere, in una corsa contro il tempo, un puzzle criptico e oscuro fatto di strani simboli incisi sui corpi delle vittime.

Prologo

«Non si vede ancora nessuno, Pietro. Forse è meglio richiamare i nostri uomini.»

«No, arriverà sicuramente, deve concludere il suo affare a breve, altrimenti andrà tutto in malora.»

Eravamo rinchiusi in quella macchina da ore, nel freddo della notte, mentre i nostri colleghi erano là fuori, in attesa di catturare l’artefice del rapimento.

«Pietro, ci sono troppi agenti in borghese, il rapitore non è uno stupido, non si avvicinerà mai alla macchina per prendere la valigetta con i soldi del riscatto. La cosa puzza, richiamiamo tutti e continuiamo a sorvegliare da lontano.»

«Assolutamente no, dobbiamo farci trovare pronti quando arriverà. Se ci sfugge, sarà la fine per la moglie di Corsi.»

«Se restiamo fermi su questa posizione, allora sì che morirà! Pietro, questo non scherza! Ha già recapitato al marito un dito della moglie, se intuisce che siamo qui appostati per catturarlo gliela rimanda a pezzi.»

«È per questo che dobbiamo fermarlo subito! Sono io che prendo le decisioni qui e io dico che dobbiamo rimanere fedeli al piano prestabilito.»

Vidi l’agente ormai rassegnato e stanco di continuare a scontrarsi con un muro. Si riposizionò comodo sul sedile e tornò a guardare fuori per monitorare gli eventi. Avevo anni di esperienza in appostamenti, doveva fidarsi di me. E poi, se fossi riuscito a risolvere il caso, avrei finalmente riconquistato la fiducia di tutti, non potevo sbagliare.

Attendemmo un’altra ora. Le nostre esche erano sparse lungo la strada: alcuni seduti al pub, altri a fumare sulle panchine, altri ancora fingevano di amoreggiare in un vicolo, tutti in attesa che qualcuno si avvicinasse alla Mercedes per prendere i soldi.

La macchina del signor Corsi era parcheggiata lungo la strada come aveva richiesto il rapitore. Il proprietario l’aveva lasciata lì aperta e poi se ne era andato via, come gli avevamo ordinato. Due agenti l’avevano riportato in centrale, dove avrebbe atteso aggiornamenti da parte nostra.

D’un tratto, la radiolina, che era rimasta muta fino a quel momento, iniziò a gracchiare: «Detective, un uomo in tenuta sportiva si sta avvicinando, ha appena svoltato dal vicolo».

Aguzzai la vista per intercettarlo e riuscii a vederlo: indossava leggings neri e una maglietta termica giallo fosforescente. Il viso era coperto da un passamontagna che impediva di riconoscerlo, era una buona copertura.

«Tenetelo d’occhio, forse è il nostro uomo. Fatevi trovare pronti, ricevuto?»

«Ricevuto!»

L’uomo stava andando proprio in direzione della macchina. Avevo il cuore a mille. Posizionai una mano sul calcio della pistola e una sulla maniglia dello sportello, volevo essere io a catturarlo, volevo prendermi tutto il merito.

Si stava avvicinando. Cinque metri… tre metri… Intanto la mano stringeva sempre di più l’arma. Notai che tutti i miei colleghi erano in allerta. Un metro… Lo vidi oltrepassare il veicolo e la rabbia iniziò a bollire dentro di me: mi ero sbagliato.

«È solo un runner» gracchiò la radiolina. Nel tono della voce del collega sentii l’ennesima delusione.

Mentre guardavo l’uomo allontanarsi, notai che inciampò in un tombino, perse l’equilibrio e appoggiò una mano sull’asfalto per non cadere, poi riprese la sua andatura, sparendo poco dopo dietro una curva. Peccato, pensai, avrei potuto farmi una risata se ti fossi spiaccicato a terra.

«Ok, per stasera basta così» dissi accostando la radiolina alla bocca.» Il nostro uomo ha deciso di non farsi vedere per questa notte, rientriamo in centrale e facciamo rapporto.»

«Forse l’ha già uccisa, e noi siamo qui a perdere tempo.»

«Non credo, lui ha bisogno dei soldi e finché non li ottiene, l’ostaggio gli serve vivo. Tu torna in centrale con questa macchina, io prendo quella di Corsi.»

«Ok, Pietro, ma il commissario non sarà felice di com’è andata.»

Lo guardai, non risposi e scesi dall’auto. L’aria fredda della notte iniziò subito a pizzicarmi le guance, la rabbia che avevo provato fino a poco prima si trasformò in delusione quando vidi i miei colleghi guardarmi con disprezzo. Era l’ennesima delusione che gli procuravo, mi sentivo come dentro a un pozzo, ogni volta che pensavo di poterne uscire, invece, precipitavo ancora più in basso.

Ignorai tutti e mi avvicinai alla macchina. Mentre camminavo, notai qualcosa sul tombino nel quale l’uomo era inciampato, così oltrepassai anche io l’auto e mi avvicinai per capire cosa fosse: un pezzo di carta giaceva a terra ben ripiegato. Sbarrai subito gli occhi, sentii i muscoli tirarsi per la tensione, mi chinai per raccoglierlo e lo spiegai lentamente.

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Commenti

  1. Maddalena Gimignani

    Ho avuto la fortuna di poter essere la prima a poter leggere questo romanzo e ne sono rimasta stupefatta, ogni capitolo ti lascia con la voglia di leggerne un altro, lo consiglio a tutti gli amanti del genere (e non)!

  2. Un libro coinvolgente, che tiene con il fiato sospeso! La grande descrizione dei personaggi ti da la possibilità di immaginarli sia nel loro aspetto fisico che nel lato del carattere. Anche i luoghi sono descritti in modo molto dettagliato e questo offre la possibilità di crearsi una piantina mentale dei luoghi in cui si svolgono le vicende. Consiglio la lettura di questo libro per tutti gli appassionati del genere!

  3. (proprietario verificato)

    Un libro che una volta preso in mano non riesci a smettere di leggere! Consigliato

  4. (proprietario verificato)

    Ottimo libro!! Molto coinvolgente…

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Marina Giontella
È nata a Todi nel 1993. È cresciuta a Camerata (PG) e attualmente vive nella sua città natale, dove lavora come commessa in un forno-pasticceria. Ama immergersi nel silenzio della natura e viaggiare per scoprire il mondo. Si è appassionata alla scrittura grazie a Stephen King.
“Le cicatrici che nessuno vede” è il suo primo romanzo.
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