«Anche oggi ti ho portato le tue adorate violette» sussurrò la sovrana, mentre osservava il corpo della figlia, là disteso da troppo tempo. Accarezzò con la mano il viso della fanciulla e continuò: «Hanno anche delle piccole sfumature di giallo, mi ricordano proprio i tuoi occhi. Quando vado a raccoglierli, penso sempre alle nostre passeggiate, alle tue parole e agli aneddoti sui tuoi amati fiori». Una lacrima le rigò il volto. «Mi aggrappo ai simboli che la natura ci dona, desiderando di poterti riavere con me. Il nostro popolo sta perdendo la fede… Dacci un segno, Ewencaal, anche effimero, ma che possa riaccendere la speranza di riaverti qui con noi. Aiutami, figliola.»
Le parole lasciarono il posto a un pianto sconsolato, poi si chinò sul corpo esile della figlia e l’abbracciò. Quando si slegò da lei per stropicciarsi gli occhi e asciugarsi le lacrime, vide le sue dita muoversi lentamente. Le prese la mano chiamandola per nome, ma niente. Era stato solo un piccolo movimento, quasi certamente involontario. Anteril, però, ebbe un’intuizione e stese il palmo della mano, avvicinandolo a quello di Ewencaal, l’indice dell’Oracolo scorse come a scrivere una parola, o almeno era ciò che la regina sperava stesse facendo. «Presto, accorrete!» urlò, attirando l’attenzione altrui per avere testimonianze dell’accaduto. Le due ancelle che si trovavano fuori dalla stanza entrarono e si avvicinarono per osservare.
«È un miracolo!» disse una delle due.
«Sembra anche a voi che voglia comunicare?» domandò Anteril.
«Sembrerebbe di sì. Sta… scrivendo?» chiese l’altra.
«Guardate anche voi.» Si concentrò ancora sul movimento della mano della figlia crucciando la fronte.
«J… a… l… t… a… r…?» provò a indovinare un’ancella, dopo aver esaminato attentamente il percorso che il dito dell’Oracolo stava delineando sul palmo della mano della regina.
Dopo che quella parola fu pronunciata, la mano di Ewencaal si arrestò, ricadendo nuovamente inerme sull’altare.
«Perché si è fermata? Cosa significa, vostra maestà?»
«Forse che è riuscita a recapitare il suo messaggio. Jaltar è il nome delle terre che abbiamo abbandonato… Dobbiamo avvertire mio marito e i consiglieri di questa nuova svolta» proseguì entusiasta. «Finalmente sta comunicando di nuovo con noi. Potete crederci?»
Anteril abbandonò la stanza correndo alla ricerca del consorte, attraversò il palazzo reale e uscì nel giardino. Sapeva dove trovarlo. Quando lo raggiunse, lui era chino, ma sentendo qualcuno arrivare alle sue spalle si voltò a guardare. Sua moglie si stava avvicinando di corsa, i capelli dorati le ondeggiavano ai lati della testa mentre si apprestava a raggiungerlo. Gli bastò rivedere quella scintilla di speranza illuminare nuovamente il blu degli occhi della sua sposa, per intuire che finalmente l’Oracolo aveva comunicato.
«Un messaggio!» annunciò euforica la regina. «Dobbiamo radunare i consiglieri» suggerì al re, il quale quasi non finì di ascoltare quelle parole, iniziando a incamminarsi verso la sala consigliare.
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