«Maestro, mi spiace, ma non abbiamo tempo per questo. Andiamocene,
prima che arrivino» si scusò grattandosi la capigliatura increspata.
Ad Astreed non piaceva essere irruente nei confronti del
suo vecchio precettore, ma il pericolo incombeva e non voleva fare
la fine dei suoi confratelli.
Con l’aiuto del suo bastone, Cardillic si alzò dalla sedia e si
diresse verso la libreria, osservando la stanza saccheggiata e perquisita
dalle guardie reali. Il pavimento era un cumulo di pergamene
strappate, pieno dei resti delle ampolle preparate nei mesi precedenti.
Energie e tempo sprecati.
Avrebbero potuto dedicarsi ad altro, se avessero saputo in
anticipo il trattamento che il regno avrebbe riservato loro. Un’espressione
grave si dipinse sul volto di Cardillic, segno evidente della
preoccupazione per ciò che il destino aveva in serbo per gli
unici due sottoposti che era riuscito a salvare dalle grinfie delle guardie. Cardillic
si chinò, reggendosi sul bastone, per cercare il suo prezioso libro tra
quelli accatastati sul pavimento, ai piedi della libreria, e finalmente
lo trovò. Con la mano scostò la polvere che copriva il titolo:
Le avventure di Biscel l’esploratore. Lo infilò nella sua borsa
e ne approfittò per inserire quanti più testi poteva, perché quella sarebbe stata
l’ultima occasione per prendere ciò che gli occorreva.
«Maestro, secondo voi perché tutto questo?» domandò Astreed,
osservandolo con i suoi occhi di ghiaccio che risaltavano sul volto
impolverato. A causa di tutto il trambusto non erano ancora riusciti
a parlarne, ma sia lui sia Dirnor erano pieni di interrogativi
e speravano di ottenere delle risposte dal Gran Maestro.
«Non lo so, figliolo, è una domanda che continuo a farmi e a cui
spero di dare una risposta al più presto» rispose
affannandosi, mentre continuava la sua ricerca.
«A me preoccupa più la sorte dei nostri confratelli» disse Dirnor
frustrato e spaventato. Camminava freneticamente avanti e indietro,
continuando a recuperare oggetti da portare con sé.
L’incantatore si arrestò per un istante e, con voce tremolante, domandò:
«Maestro, pensate che siano stati uccisi?».
Cardillic lo fissò a lungo con gli occhi grigi
traboccanti di una profonda tristezza.
Il suo allievo stava crollando: si era sempre contraddistinto per il
bell’aspetto decoroso e ordinato, ma ora i capelli
d’ebano erano cresciuti in modo scomposto. I suoi occhi
avevano assunto un’espressione vacua.
«Non sarebbe proficuo per il re non avere a disposizione
degli incantatori» confutò l’anziano maestro.
«Cosa pensate che abbiano intenzione di fare allora?» domandò
perplesso Astreed, mentre recuperava delle ampolle contenenti
sostanze fluorescenti, infilandole dentro la sua borsa.
«Siamo noi i bersagli. I nostri confratelli verranno intimoriti e
quando il re si renderà conto che non riuscirà a cavare un ragno dal
buco, lascerà che gli incantatori rimettano in piedi la corporazione,
ma non sarà più come prima.»
Per un’ultima volta il maestro si affacciò dalla finestra della torre
in cui aveva vissuto per oltre cinquant’anni. Aveva dedicato la sua
intera esistenza a proteggere il regno dalle insidie,
tramite la conoscenza e la pratica della magia. Non
riusciva a capire perché il re
avesse ignorato il messaggero che gli aveva inviato e perché gli
incantatori fossero stati accusati di tradimento.
Era la prima volta che una sua richiesta non veniva tenuta
in considerazione, l’atteggiamento che il re Wraster aveva avuto era del
tutto diverso dal solito. Erano buoni amici e il maestro
lo aveva visto salire al trono alla morte di suo padre.
Cardillic aveva sempre considerato la loro amicizia sincera e più
volte aveva avuto conferma del loro rapporto fraterno, ma qualcosa
era cambiato in quell’uomo. Sembrava quasi che i suoi interessi non
fossero più focalizzati interamente su Jaltar.
Rimase a fissare il palazzo reale, il vento battente
faceva svolazzare gli stendardi appesi alla balconata della camera del re. Sperò
di poter rivedere per l’ultima volta il suo caro amico e il
suo desiderio fu realizzato subito. Cardillic rimase impietrito. Wraster uscì
per affacciarsi al balcone, si voltò verso la torre e incrociò gli occhi
increduli del suo vecchio alleato. Gli rivolse un rapido
sguardo spavaldo e un ghigno di sfida. Tutto divenne più chiaro.
Cardillic in quel momento realizzò che era trascorso molto tempo
da quando aveva avuto udienza personale con il re e che, nell’ultimo
periodo, comunicavano sporadicamente e solo per iscritto.
Il momento dell’addio era finito, Wraster si era rivolto alle guardie, i suoi
gesti parlavano chiaro.
«Stanno arrivando! Il re sa che siamo qui» urlò Cardillic, mentre
dall’ingresso della torre ormai sentiva le guardie reali avvicinarsi
rapidamente verso di loro. I due ragazzi scattarono per allontanare
il Gran Maestro dalla finestra, Dirnor tirò fuori tre rametti
e li distribuì tra i presenti, poi si presero per mano
e iniziarono a pronunciare all’unisono una cantilena.
«Sento delle voci! Per di qua!» gridavano gli uomini armati. Lo
sferragliare delle armature era sempre più vicino. Un brusco calcio
buttò la porta a terra. Un istante prima, le tre figure erano
scomparse e i frammenti di legno che impugnavano erano
andati ad aggiungersi alle cianfrusaglie sparse sul pavimento.
Quattro uomini armati iniziarono a perlustrare la
stanza, ma trovarono solo impronte sul
terreno polveroso.
«Sono già scappati, quei traditori» disse una guardia, dopo il giro
di perlustrazione.
«Tu vai ad avvertire il re. Voi, con me a controllare la torre, non
possono essere andati troppo lontano» affermò con tono perentorio
il comandante.
I soldati iniziarono a sparpagliarsi in tutte le stanze finché, poco
dopo, non arrivò un messo che porse al primo in comando una missiva.
L’uomo la lesse e ordinò a tutte le guardie di uscire. Si soffermò
ancora un attimo, prendendo in mano una torcia. Dopo qualche
tempo, uscì e rimase con i suoi uomini a osservare la Torre
degli Incantatori svanire sotto le fiamme.
«Il re ha detto che così quei traditori non avranno più motivo di
tornare» disse austero il comandante ai soldati, mentre osservavano
l’edificio più temuto della capitale epurato dalle fiamme.
Cardillic fissava da un’altura, al di là delle mura del regno, quella che da
anni considerava la sua casa venir distrutta dalle fiamme. Rimase
a guardare finché le lingue di fuoco lasciarono il posto al fumo. La
speranza di un prossimo ritorno svanì, insieme all’amicizia
e all’affetto che aveva provato per il suo amico d’infanzia. La sua unica
preoccupazione era ora rivolta ai due giovani incantatori rimasti
con lui.
«Maestro, dobbiamo andare» disse Astreed con un filo di voce.
Cardillic non rispose, invocò silente l’aiuto della dea Aardhe, ma
in quel momento pareva che anche le divinità protettrici si fossero
dimenticate di loro. Si voltò verso l’allievo, gli rivolse uno sguardo
malinconico e iniziò a incamminarsi, appoggiando il peso del
gracile corpo al suo bastone e lasciandosi alle spalle il cuore di Jaltar.
L ’ ultima estate
«Se ci scopre, passeremo gli ultimi mesi che ci restano qui
in punizione!» disse con tono ansioso Vashy, agitando convulsamente le
gambe.
«Non ci scoprirà, non l’ha mai fatto!» rispose Derek strizzandole
l’occhio. «Dai, Shyren, fallo! Cosa aspetti?»
Shyren si guardò attorno, come per imprimere bene nella sua
mente gli oggetti della stanza in cui aveva trascorso i suoi giorni da
attendente apprendista: lo spazio era stretto, riusciva a malapena a
ospitare lo scrittoio del maestro, di fronte al quale erano posizionati
tre banchi più piccoli sui quali si trovava seduta insieme ai suoi
amici. Shyren concentrò l’attenzione sul signor Miggle e approfittò
del momento in cui quest’ultimo si appoggiò con fare annoiato
al tavolo per guardare fuori dalla finestra. Pronunciò sibilando la litania
e il corpo del maestro iniziò improvvisamente ad afflosciarsi. Prima
che cadesse a terra, Derek si catapultò prontamente a prenderlo per
adagiarlo, seduto composto, allo scrittoio.
«Sorprendente!» commentò Derek, ridendo rumorosamente e giocherellando
con gli arti inanimati del signor Miggle.
«Un gioco da ragazzi!» Shyren ridacchiò soddisfatta, arricciandosi
una ciocca dei capelli attorno all’indice.
«Adesso come faremo passare queste quattro ore? Potevamo
ascoltare gli insegnamenti del maestro, almeno per queste ultime
volte. Chissà quanto rimpiangeremo le sue lezioni tra qualche
tempo e chissà quanto…» Vashy non riuscì a concludere la frase che i
suoi occhi nocciola iniziarono a colmarsi di lacrime.
Mancavano ormai poche lune alla fine della loro preparazione,
potevano godersi l’ultima estate che era appena iniziata, perché con
l’arrivo dell’autunno erano previste le partenze per le corporazioni,
nelle quali i giovani promettenti venivano addestrati per prestare
servizio al regno, per partecipare ai tornei o per lavorare
per le famiglie più ricche e, nei casi più fortunati, addirittura nella capitale.
I prescelti di quell’anno erano loro tre, che entravano nel sedicesimo
anno d’età e dunque erano considerati maturi per la società.
Ciò comportava la separazione dalla famiglia e dagli affetti
più cari, che avrebbero potuto visitare solo nei
giorni di libertà concessi dall’investitura.
Dopo l’investitura, le strade che i giovani avrebbero potuto
intraprendere erano diverse: i più abili riuscivano a entrare al servizio
della capitale, alcuni venivano accolti nelle corti
nobiliari, altri sceglievano di rimanere all’interno della corporazione per dedicarsi
all’addestramento delle nuove reclute. Un numero esiguo, invece,
decideva di tornare a casa per costruirsi una famiglia. Altri ancora
erano assoldati come mercenari e mandati in missione,
con cospicue ricompense per chi dimostrava il proprio valore,
ma non sempre questi facevano ritorno. Entrare a far parte di una corporazione
era l’unica possibilità, per i giovani dei villaggi
del regno, di garantirsi un futuro diverso da quello di una vita rurale.
Si guardarono tra loro con aria malinconica, da sempre
Vashy aveva il potere di riportare i suoi amici d’infanzia alla realtà. Shyren
balzò in piedi e si rivolse all’amica.
«Non devi essere triste! Un nuovo mondo ci aspetta lì fuori, al di
là di Harp.» Si interruppe per un istante, fantasticando
sul suo futuro. «Non mi fraintendere, mi mancherete tantissimo»
disse l’attendente incantatrice, facendo un lungo respiro
profondo. «Facciamoci
una promessa, vi va?» propose.
Vashy guardò la sua cara amica con gli occhi gonfi di lacrime,
mentre Derek la fissava con aria apparentemente quieta.
«Che genere di promessa vuoi farci fare?» chiese incuriosito il
giovane, incrociando le braccia nerborute in attesa di una risposta.
«Che appena ne avremo la possibilità, ci rincontreremo in un
luogo stabilito e ci godremo una giornata tutta per noi, aggiornandoci
sulle nostre nuove vite» proclamò solennemente Shyren.
«Ma come faremo a incontrarci?» chiese Vashy, singhiozzando
ritmicamente. Poi, senza attendere una risposta, continuò tutto
d’un fiato: «Ognuno di noi dovrà guadagnarsi con il tempo i giorni di
libertà concessi dalle corporazioni, saremo in città diverse e so per
certo che non ci metteranno a disposizione animali o servi
messaggeri ogni volta che ne avremo bisogno».
È sempre così fragile, pensò Shyren, preoccupata per quello che
avrebbe causato il cambiamento nella vita della sua migliore amica.
Lei e Derek erano entusiasti di partire per le corporazioni,
il desiderio di conoscere e di imparare li attraeva e attendevano con ansia
quel giorno. Al contrario, Vashy ne era terrorizzata e avrebbe
preferito rimanere a Harp ad aiutare il villaggio piuttosto
che avventurarsi verso l’ignoto con persone sconosciute.
«Ho trovato un manoscritto interessante in biblioteca» iniziò a
spiegare Shyren, con un tono di mistero, arricciandosi nuovamente
le punte dei capelli con l’indice. Rimase per un istante in silenzio
a fissare i suoi compagni, per tenerli un po’ sulle spine.
Le piaceva quando i suoi amici pendevano dalle sue labbra, curiosi di essere
messi al corrente di una nuova scoperta.
«Che diceva?» domandò Derek, mentre cercava di tranquillizzare
Vashy, standole accanto.
«Nel manoscritto sono descritti diversi incantesimi…» Iniziò a
trotterellare per la stanza e a gesticolare per rendere tutto
più teatrale. Si avvicinò a Vashy, che continuava ad asciugarsi le lacrime,
appoggiò le mani sul tavolo di fronte a lei per richiamare la sua attenzione.
«Ne ho trovato uno che fa al caso nostro» confidò maliziosamente
con un fil di voce, affascinando i due curiosi. Sapevano che cosa lei
era capace di tirar fuori dai vecchi libri della biblioteca.
«Di che si tratta?» chiese intrigato Derek.
«È un incantesimo molto semplice» chiarì Shyren, continuando
a parlare sottovoce, per mantenere l’atmosfera della rivelazione.
«Consiste nell’incantare tre pergamene e tre piume d’oca, che ci
permetteranno di comunicare tra di noi magicamente.
Basterà scrivere in testa alla pergamena “per Vashy” o “per Derek” e potremo
metterci in contatto senza l’ausilio di corvi messaggeri» spiegò.
«Ma come farò a rispondere, se sul foglio c’è già scritto un messaggio?» obiettò Vashy.
«Quando deciderete di farlo, al tocco della vostra piuma sulla
pergamena il foglio tornerà bianco. Potrete scrivere il messaggio che si
cancellerà non appena apporrete la vostra firma, in attesa del prossimo» concluse.
«E se ci fossero due messaggi?» chiese ancora Vashy.
«In quel caso attendete qualche secondo, prima di scrivere il vostro.
Nel caso ci fossero due messaggi, il primo scomparirà al primo tocco
di pergamena per lasciare il posto al secondo» concluse Shyren.
«Visto, Vashy? Ha già pensato a tutto!» Derek si alzò di scatto e
la prese in braccio, con un movimento così fulmineo che quasi la
spaventò. «Sei geniale come sempre, strega!» disse entusiasta della
notizia.
«Mi soffocherai prima che riesca a terminare il mio incantesimo,
Der. E non chiamarmi strega! Lo sai che m’infastidisce, io sono una
figlia della natura» disse con orgoglio Shyren, lanciando uno
sguardo all’amica in lacrime. «Vashy, mi liberi dal bestione?» chiese con
una smorfia, cercando di divincolarsi dalla stretta dell’amico.
«Dai, vediamo se ci riuscite due contro uno!» le sfidò.
Vashy si asciugò le lacrime e si arrampicò sulle spalle del ragazzo
provando a fargli perdere l’equilibrio, ma la sua mossa fu inutile.
Da bambini tutti e tre giocavano sempre alla lotta. Di solito Derek
non aveva la meglio, essendo in minoranza, ma in quel momento Vashy
si rese conto del fatto che ormai era diventato un uomo. Mentre
lei si faceva distrarre da questi pensieri, Derek si accasciò,
appoggiò Shyren sul pavimento e la bloccò con una mano, mentre con il
braccio libero avvolse Vashy, mettendola accanto all’amica. Le due
ragazze si trovarono a terra sdraiate, l’una di fianco all’altra, con
Derek sopra di loro che le immobilizzava, finalmente trionfante.
«Questa volta ho vinto io, sono finiti i vostri soprusi!» Rise divertito.
«E adesso chiedete al sommo Derek perdono per le vostre cattiverie
passate» continuò canzonandole. Era una formula che le due
giovani usavano spesso da piccole, per prendersi gioco di lui, e che
ora si era ritorta contro di loro.
«Sommo Derek, perdona i nostri soprusi» dissero frettolosamente
le due amiche in coro, stando al gioco, e il ragazzo le liberò
contrariato. Si aspettava più resistenza dalle due, ma qualcosa sembrava
averle infastidite.
«State bene?» Toccò la fronte delle ragazze, sentendole fresche
come la brezza mattutina. «Non volevo farvi male, mi dispiace.»
«Non è niente, Der» disse Shyren, alzandosi con un balzo fulmineo.
Solo in quel momento si rese conto di quanto fosse imbarazzata
per la situazione. Derek la osservava con aria interrogativa
e, vedendo Vashy ancora stesa sul pavimento, la prese come una
bambola e la sollevò, scrutandola attentamente con le sue iridi blu
notte per accertarsi di non averle rotto qualcosa, ma la sua amica
impacciata avvampò ancora di più e girò di scatto il volto dall’altra
parte.
«Sto bene, non ho nulla, Derek» dichiarò agitata.
Le due ragazze si guardarono a disagio, poi Shyren decise di
indirizzare l’attenzione su qualcos’altro e iniziò a riportare alla mente i
momenti condivisi insieme. Le ore restanti trascorsero nel ricordo
del passato: i giochi d’infanzia, le estati al lago, gli scherzi
al panettiere, la morte della madre di Shyren. Immersi nella nostalgia della
fanciullezza, il tempo era volato, quando a un certo punto Shyren
esordì: «L’incantesimo sta per terminare!».
Tutti e tre si sedettero ai loro posti, attendendo il risveglio
del maestro, che aprì gli occhi, osservò la clessidra sulla sua scrivania e,
guardandosi attorno stranito, si rese conto che era ormai giunto il
tempo di concludere il castigo dei giovani. Si alzò in piedi.
«Bene, la punizione di oggi è terminata. Spero vi sia
servita!» pronunciò con severità Gregh Miggle. «Sarà l’ultima per
voi, mascalzoncelli, ma ricordatevi che, nei luoghi dell’addestramento,
rimpiangerete questi castighi. Ora andate» li congedò. I tre amici si
guardarono con complicità e si diressero verso l’uscita.
Era una splendida giornata estiva, il sole era alto nel cielo limpido
e il canto degli uccelli si alternava con il frinire delle cicale. Harp
era in fiore e il profumo dell’estate metteva di buon umore.
«Andiamo a fare un bagno al lago?» chiese Derek. Dopo aver
riesumato i vecchi ricordi, aveva una gran voglia di tornare a farsi un
tuffo come quando erano più piccoli.
«Ci sto!» acconsentì Shyren, con lo stesso entusiasmo di Derek.
«Be’, non saprei» disse invece Vashy.
«Dai, Vash, non fare la guastafeste! Ci vediamo tra mezz’ora al
lago!» sancì Derek, correndo verso casa per recuperare il necessario.
«Accidenti, non perde tempo! Allora, ci vieni?» domandò Shyren.
Vashy non rispondeva, volgendo lo sguardo altrove, per
non incrociare quello della sua amica.
«Sarà una delle ultime nuotate insieme, che c’è che non va?» le
chiese.
«Mi vergogno» confessò con un fil di voce.
«Di cosa?»
«Di Derek.» Vashy arrossì.
«Di Der? Per quale ragione?» domandò stupita Shyren.
«Be’, lui è un uomo ormai e noi siamo donne. Il nostro corpo non
è più come un tempo, ma Shyren… non dovremmo comportarci da
adulte?» disse arrossendo per l’imbarazzo, un sentimento che le
aveva appena insegnato a riconoscere sua sorella maggiore.
Per la prima volta Shyren prese coscienza di non essere più una
bambina e proprio questa consapevolezza la motivò di più.
Si specchiò negli occhi nocciola di Vashy e le sorrise.
«Non finché saremo qui al villaggio, dove tutti ci conoscono
e possiamo muoverci in libertà. Faremo le adulte quando
andremo in addestramento, d’accordo?»
«Hai ragione, però…» continuò tentennando, mentre le affiorarono
alla mente i racconti sui ragazzi che sua sorella le propinava
tutte le sere prima di addormentarsi. Quelle storielle avevano
iniziato a compromettere la purezza dei suoi pensieri e si rese conto
che Shyren, non avendo una sorella più grande, era estranea a certi
discorsi. Si domandò se fosse il caso di intaccare l’innocenza
dell’amica. Avrebbero avuto tutto il tempo di perderla dopo la partenza,
in fondo era la loro ultima estate.
«Niente però, dai, tra mezz’ora lì!» Le diede un bacio sulla guancia
e trotterellò di corsa a prendere l’occorrente.
Vashy arrivò a casa, salutò frettolosamente la madre, salì le scale
che portavano nella sua stanza e iniziò a cercare una sacca
in cui infilare tutto il necessario per andare al lago. Si spogliò dei suoi abiti
e si mise la tunica da bagno al posto della biancheria. Accidenti, si è
rimpicciolita, pensò. Dopo aver ultimato i preparativi, corse giù per
le scale.
«Ciao mamma» urlò.
«Ciao, tesoro. Come mai tutta questa fretta?»
«Vado a fare una nuotata al lago con Shyren e Derek.»
«Torna per l’ora di cena, mi raccomando.»
Almeno sua madre evitava gli sciocchi commenti di sua sorella,
pensò. Continuava a trattarla come una bambina e l’adorava per
questo.
«Va bene mamma, ciao!» E corse verso il lago.
Quando giunse al punto di ritrovo, Derek era già in acqua a
sguazzare e si accorse subito del suo arrivo.
«Forza, Vashy! Vieni! L’acqua è magnifica» disse entusiasta,
sbracciandosi e invitando l’amica a entrare. Vashy iniziò a
spogliarsi in fretta e furia, si raccolse i boccoli nocciola
con un legaccio, appoggiò i vestiti su un masso e si avviò verso il lago. Mentre
cercava di entrare coraggiosamente in acqua, che in fondo non era
così magnifica come l’aveva appena definita l’amico, ma ghiacciata
al punto da regalare quella spiacevole sensazione di spilli conficcati
nelle gambe a ogni passo, si accorse che Derek era immobilizzato a
fissarla divertito.
«Che hai da guardare?» domandò infastidita.
«Niente» rispose irrequieto l’amico, passandosi la mano bagnata
sui capelli corvini, mentre a stento tratteneva l’impulso
irrefrenabile di fare il suo famoso turbine d’acqua. Vashy ricordò che era
passato un anno dall’ultima volta che avevano fatto una nuotata
tutti insieme e il suo fisico aveva assunto le forme di una ragazza di
sedici anni, non era più la bambina che Derek ricordava. Gli occhi
dell’amico puntati addosso e l’acqua ghiacciata rasentavano la tortura perfetta.
«Che c’è?» chiese irritata.
«Sei diversa» constatò Derek.
«Diversa in che senso?» Mise alla prova il suo amico, sperando di
sottoporlo allo stesso imbarazzo che stava subendo lei. I racconti di
sua sorella maggiore sulle fantasie degli uomini l’avevano abbastanza turbata.
«Non saprei. Prima non avevi così paura dell’acqua» le spiegò con
semplicità. Vashy lo fulminò con lo sguardo.
«Dai, sbrigati!» Derek iniziò a schizzarla, sperando di accelerare
l’ingresso nel lago.
«Lo sai che odio gli schizzi!» Vashy scattò in avanti e si precipitò
verso l’amico, rispondendo all’attacco e puntando al volto.
Il tempo tornò indietro a quando erano bambini e potevano
giocare tutto il giorno, a quando sua sorella la ignorava e non la rendeva
partecipe di certi discorsi, a quando le preoccupazioni e il tempo
della partenza erano problemi che riguardavano solo i grandi. La
battaglia fu interrotta dall’arrivo di Shyren.
«Brava Vashy, ricordagli chi comanda!» la incitava. «Qualcuno
deve pagarla per l’impudenza di prima!» E dopo essersi spogliata, li
raggiunse correndo.
È diventata una donna, pensò Vashy, osservando la sua amica
d’infanzia che si precipitava a partecipare alla battaglia acquatica.
Shyren entrò in acqua e si avventò sull’amico. Dopo cinque minuti
di colluttazione, Derek ebbe nuovamente la meglio, esibendosi con
il suo numero preferito: il mulinello d’acqua. Arpionò le due ragazze
e le immobilizzò, tenendole strette sul torace.
«Mi mancherete, prepotenti.» Sorrise guardando le due amiche.
«Anche a me mancherete» risposero in coro le ragazze e rimasero
così per un istante, finché non sentirono il suono della campana posta centro del villaggio.
«La campana?» domandò Derek, allentando la presa sulle ragazze.
«Sono decenni che la campana non suona. Presto, vestiamoci,
dobbiamo raggiungere in fretta la piazza» ordinò Vashy, mentre si
affrettava per raggiungere la riva del lago e riprendere i suoi vestiti.
I due compagni la seguirono senza proferir parola, si asciugarono e
si vestirono in fretta e furia, per raggiungere di corsa il centro del
villaggio. Appena arrivarono nella piazza centrale, trovarono una
folla accalcata attorno al banditore, ansiosa di scoprire
quale notizia il messo stesse consegnando. Il villaggio aveva vissuto per molti
anni in serenità e il suono della campana non era di certo un buon
segnale. «È presagio di sventura» ripetevano delle donne anziane
con preoccupazione.
«Non promette nulla di buono» disse con tono fermo un uomo davanti a loro.
«Che la protezione della dea Behandel scenda su di noi» pregò
un’anziana, seguita da altri abitanti che prontamente ripeterono la
sua invocazione.
Non appena i tre riuscirono ad aprirsi un varco tra la folla, videro
emergere, al di là della calca, su un piccolo piedistallo, un uomo tozzo
con uno strano abito verde, ornato da svariati emblemi dei più diversi
colori. Riconobbero gli stemmi di rappresentanza delle corporazioni
studiate nei libri di storia. L’uomo si schiarì la voce e
srotolò una pergamena, prese un corno e lo suonò. Il silenzio scese tra la folla.
«In nome del re Wraster, unico sovrano e protettore di Jaltar,
annuncio che, quest’anno, la partenza per le corporazioni sarà
anticipata di sei mesi. Il suddetto decreto è attivo da subito e i villaggi che
non adempiranno ai propri doveri saranno messi sotto processo,
con l’accusa di tradimento, per stesso ordine del re.»
«Ma i ragazzi non hanno ancora finito la preparazione teorica!»
protestò furioso il maestro Miggle, facendosi largo tra la gente.
«Non possono partire senza terminare la fase finale del percorso.»
«L’addestramento sarà completato all’interno della corporazione,
secondo quanto decretato dal re» ribatté il messaggero. «Il re
Wraster ha comandato di informarvi che Jaltar necessita di giovani
addestrati al più presto. Tra due giorni passerà la carovana
per portare gli apprendisti alle corporazioni designate.» Finito il discorso,
l’uomo scese dal piedistallo e si diresse verso l’uscita del villaggio,
lasciando dietro di sé un mormorio di disappunto.
«Non… non capisco» disse spaventata Vashy.
«Tanto meglio, non vedo l’ora di combattere con altre reclute» disse entusiasta Derek.
«Perché tutta questa fretta nel reclutamento? C’è qualcosa
di strano, qualcosa che non vogliono dirci, ma rimanendo
qui non possiamo che fare supposizioni» analizzava Shyren, a bassa voce, ma il suo
flusso di pensieri fu interrotto dal brusco intervento del maestro.
«Per fortuna vi ho trovati!» disse il signor Miggle. «Venite con
me.» Si aprì la strada attraverso la folla.
I tre apprendisti lo seguirono senza fiatare, trovandosi poco dopo
nell’abitazione del maestro. Più che una casa sembrava un
reliquiario, ogni oggetto era posizionato con cura maniacale
e non c’era presenza di polvere o sporcizia. Poco prima di iniziare la sua carriera
Gregh Miggle aveva perso la moglie, una delle migliori guaritrici
che il regno avesse mai avuto.
Tutti avevano ancora un buon ricordo della donna, grazie
alla quale un violento morbo era stato combattuto dagli abitanti di Jaltar e
molte vite erano state salvate.
Vashy ambiva proprio a diventare come lei. Sua madre le raccontava
spesso storie di guarigioni sorprendenti: uomini, ormai dati per
morti, visti rinascere dopo i trattamenti curativi di Miranje. Svariate
volte avrebbe voluto chiedere al suo maestro di poter leggere i
rimedi ideati dalla moglie, ma non aveva mai avuto il coraggio di farlo.
Attraversarono l’ingresso e Miggle li condusse in cucina,
facendoli sedere attorno al tavolo. Si fermò a osservarli
con i suoi miopi occhietti castani e fece un profondo respiro prima di proferir parola.
«Questo sarà il nostro ultimo incontro come maestro e allievi»
esordì. «Questa faccenda ha un non so che di misterioso e
non promette nulla di buono. Ormai siete pronti, ma vorrei comunque darvi
questi.» Aprì l’anta della credenza e prese un recipiente di legno, sul
quale era intarsiata la figura di un piccolo cerbiatto, poi tirò fuori da
un cassetto una tenaglia di metallo, con la quale aprì il contenitore.
Usò l’attrezzo per far uscire, una alla volta, tre pietre colorate che
appoggiò sul tavolo.
«Ecco, prendete.» Ne avvicinò una a testa, con l’ausilio
dello strumento metallico. «Quella rossa al ragazzo.» Appena la pietra toccò
la mano di Derek iniziò a illuminarsi di rosso. «Quella viola a Shyren
e quella blu a Vashy.» I giovani presero le pietre e continuarono a
osservare gli artefatti luminescenti, mentre il maestro
proseguiva nella spiegazione. Appena erano state estratte dal contenitore,
Shyren aveva percepito un piccolo flusso magico provenire da esse.
«Un mio amico, figlio della natura, mi doveva un favore. Sono tre
pietre localizzatrici, legate l’una all’altra, servono per farvi sapere
che siete vicini. Le pietre sono collegate al primo che le tocca e, se il
possessore muore, la luminescenza muore con esso» spiegò in tono
asciutto. «All’interno di ogni pietra ci sono due fiammelle
che corrispondono all’essenza delle altre due. So quanto siete uniti voi tre,
volevo farvi un regalo prima di dirvi addio. Anche se non
avevo previsto di consegnarvelo oggi.» E, detto questo, si sedette. Tutti e tre
osservavano ammaliati le due fiammelle che si nascondevano
all’interno del proprio artefatto luminoso.
«Grazie, signor Miggle» disse Derek, mentre giocherellava con la
sua pietra magica, ipnotizzato dalle due luci danzanti
che apparivano al centro. «Ma come faccio a sapere qual è Vashy e qual è Shyren,
maestro?»
«Non potrai, Derek, è un piccolo difetto di questo artefatto.
Purtroppo, non ho potuto chiedere di meglio. Le fiammelle si muovono
continuamente all’interno della pietra, potrai solo constatare
la vicinanza e la lontananza delle tue amiche in base all’intensità della
luminescenza.»
«È già tantissimo, maestro, vi ringrazio infinitamente» disse
Shyren sorridendo esaltata e Vashy annuì.
L’uomo guardò Vashy, poi si alzò. «Un’ultima cosa e vi lascio
andare, attendete qui.» Abbandonò la stanza e si diresse al piano superiore.
«Fantastico, non avrei mai pensato che il maestro ci avrebbe fatto
un regalo d’addio» disse entusiasta Shyren, guardando incantata la
sua pietra. «Sarà meglio custodirla in un luogo sicuro.»
«La guarderò tutte le mattine» promise Vashy. «Questa faccenda
mi preoccupa! Promettetemi che rimarremo in costante contatto,
per chiarire il motivo di questa partenza inaspettata. Nelle
corporazioni saranno certamente più aggiornati di noi» aggiunse
l’apprendista guaritrice. Il maestro comparve alle sue spalle e s’introdusse
nel discorso: «Proprio come dici tu, Vashy, sarebbe l’ideale
se poteste tenervi in contatto e aggiornarvi costantemente…» disse severo,
tenendo in mano un vecchio manoscritto. «Questo, però, non è possibile…» concluse sconsolato.
«Be’, maestro…» esordì imbarazzata Shyren. «Ho già pensato a
come fare.» Gli spiegò del suo incantesimo, delle pergamene
incantate e della piuma d’oca. Il signor Miggle ascoltò attento e stupefatto
e si complimentò con l’attendente figlia della natura per la
sua brillante idea. Si domandò se avesse sottovalutato le capacità della sua
allieva. Aveva sempre saputo che Shyren era una ragazza promettente,
che giorno dopo giorno non mancava di stupirlo con qualche
brillante trovata e fino all’ultimo non si era mai smentita, ma
rimase comunque sorpreso da quella trovata ingegnosa.
«Hai già pensato a tutto a quanto pare» disse orgoglioso. Porse il
manoscritto a Vashy. «Ecco, prendi. Questo è il libro di mia moglie.
So che non hai mai avuto il coraggio di chiedermelo. Per i tempi a
venire avremo bisogno di guaritrici ben preparate.»
«Maestro, non posso accettare» rispose Vashy in imbarazzo rifiutando il tomo.
«Se lo offro a te, è perché penso che tu sia meritevole e che un
giorno potresti diventare abile come Miranje. Lei avrebbe voluto che i
suoi rimedi fossero diffusi e usati per salvare i bisognosi» replicò
Miggle, poi ripose il libro nelle mani di Vashy, la guardò negli occhi
e le disse: «Rendi onore alla memoria di mia moglie».
Vashy assentì fiera, accettando il dono.
«Ora andate a prepararvi, rimanete con le vostre famiglie. Derek,
cerca di non essere troppo impulsivo e ascolta sempre gli ordini che
ti vengono impartiti, un buon combattente deve dimostrare di avere
disciplina» si raccomandò il signor Miggle.
«Lo terrò a mente, maestro» garantì il ragazzo.
«Shyren, finisci quell’incantesimo e non mostrare subito tutte le
tue capacità alla corporazione, molte si servono da subito dei
giovani con doti innate come le tue per affidar loro compiti fin troppo
pericolosi. Non devi andare in missione finché il tuo addestramento
non sarà compiuto, nonostante la tua curiosità.» Fece una breve
pausa osservandola intensamente, prima di domandarle: «Intesi?».
«Farò del mio meglio, maestro» promise la figlia della natura.
«E tu, Vashy, credi in te stessa e rendi onore a questo libro.»
«Lo farò» affermò con orgoglio la ragazza, stringendosi il volume
al petto. Nonostante la partenza prematura le avesse tolto ogni
sorta di ottimismo, il regalo appena ricevuto aveva risollevato il suo
animo e ora aveva voglia di mettersi alla prova studiando gli scritti
di Miranje.
I tre si alzarono e il maestro li accompagnò all’uscita, promettendo
loro di andare a salutarli al momento della partenza.
I giovani si diressero a casa.
mauro.piccoli87 (proprietario verificato)
Davvero un ottimo libro! Mi ha appassionato fin dalle prime pagine e l’hype cresce di capitolo in capitolo. I personaggi sono ben caratterizzati come lo è il mondo di Jaltar.
Non mancano colpi di scena che tengono sulle spine il lettore.
Consigliato per chiunque si voglia avvicinare al mondo fantasy, ma anche per quei lettori più navigati del genere, che troveranno sicuramente piacevole la lettura.
Aspetto con ansia il secondo capitolo e perché no, magari un terzo, un quarto e un quinto.
Diana Azzolini (proprietario verificato)
Libro avvincente e scorrevole!
Mi sono appassionata subito alle vicende dei tre protagonisti e non vedo l’ora di leggere il seguito.
È un libro che consiglio molto in quanto la scrittrice è stata in grado di creare un mondo nuovo e misterioso che porta il lettore ad avere voglia di scoprire capitolo dopo capitolo.
È una lettura che non delude e non annoia mai!
makikka_mari (proprietario verificato)
Ho letto il libro quasi tutto in un fiato… Mi ha coinvolto subito, perché la curiosità di capire cosa succedeva dopo era molta. Una lettura molto piacevole, i dialoghi curati e coinvolgenti. La storia di tre amici, diversi tra loro, con la descrizione di ognuno di loro, delle loro corporazioni, delle nuove amicizie e perché no, anche di nuovi amori, mi piace moltissimo. Ognuno con una sua capacità, armi incantesimi, erbe medicinali, tutti ben descritti. Non vedo l’ora di scoprire nel secondo libro cosa succederà ai tre giovani amici.
Gianmarco
Bel libro. Scritto bene e dettagliato, consigliato sia a ragazzi che ad adulti in cerca di avventura. Una scrittrice che seguirò sicuramente anche nelle pubblicazioni future, con questo primo volume è riuscita a gettare le basi per i racconti futuri e ad invogliare il lettore a tornare a Jaltar.
Andrea
Scritto molto bene, avvincente e scorrevole. I personaggi sono ben caratterizzati ed intrecciati. Un inizio di saga decisamente promettente!