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Le distanze della solitudine

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Zeta è un luogo dimenticato dal tempo, dove regna sovrana una silenziosa solitudine. Eppure sembra risvegliarsi all’arrivo in stazione di sei viandanti dalle vite spezzate: una ragazzina imprigionata dalle mura di una fortezza che lei stessa ha edificato, un uomo che riversa i propri sentimenti su una tastiera illuminata dal chiarore della luna, un’attrice di talento che non riesce più a sostenere lo sguardo del suo riflesso allo specchio, un artificiere di sentimenti incapace di disinnescare i propri, una malata terminale con gli occhi puntati sull’orizzonte e un uomo divenuto idea celato da una maschera di numeri. Possono i ricordi insegnare loro che la propria solitudine non è poi così distante da quella di chi siede accanto? E possono farlo prima che il treno raggiunga il Capolinea?

FERMATA 1

Il treno giunse fischiando alla sua ultima fermata.

Una minuscola stazione, un solo lampione rotto che un tempo illuminava un vaso di fiori appassiti posato su di una panchina scolorita. Era notte, profonda, ma quel luogo desolato rinveniva la propria resilienza in un cielo terso ammantato di stelle. Un profumo antico aleggiava tra le fronde dei pioppi, carezzava le verdi foglie per posarsi su di una campanella arrugginita che non sapeva più suonare. Usignoli abilmente nascosti a qualsiasi sguardo curioso intonavano in coro accordi ben conosciuti da ogni angolo di mura, pavimento e vetrata della vecchia stazione.

La vita si stava risvegliando in quello scorcio di solitudine silenziosa chiamata stazione di Zeta.

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Quasi nessuno abitava più nel limitrofo paesino sperduto: solo case vuote e poche vecchie anime a osservare la sabbia alzata dal vento sulla strada, mentre il tempo rubava loro un altro ricordo ancora. C’era la sabbia ma non il mare a Zeta. Tanta stanchezza ma altrettanta voglia di resistere. Una pace malinconica, interrotta solo dal rumore dell’attrito del vecchio vapore sulle rotaie.

Pochi occhi, avvolti da profondi solchi, si radunarono in attesa di scorgere quei coraggiosi stranieri, tanto valorosi da spingersi sino a quei dimenticati confini. Si trattava di un lungo viaggio, quello per Zeta, a prescindere dal luogo di partenza, e solo due potevano essere i motivi per intraprendere una simile avventura: curiosità, o desiderio d’invecchiare soli. “Sfortuna o condanna”, per dirlo con le parole degli abitanti di Zeta.

Scoccarono le ventuno e trentatré, mai un minuto di ritardo per il vecchio vapore, quando si aprirono rumorosamente gli sportelloni come gigantesche bocche dal fetido alito di stantio e ferro bruciato. Un fitto brusio si mescolò alla brezza serale quando i primi passeggeri fecero stancamente capolino fuori dalla carrozza. Un rituale al quale il guardiano della stazione era solito assistere in disparte.

Alcune ombre chiassose se ne stavano là, sul marciapiede rialzato limitrofo all’ingresso, poggiate con tutto il peso sul corrimano e con le teste sporte verso quegli stranieri folli. Un branco infiacchito di vecchie iene incartapecorite.

«Ah. Hai visto quel giovanotto tutto muscoli con quel ridicolo berretto?»

«Che io sia dannato se resiste tre giorni.»

«Tre giorni? Lo diamo in pasto al vecchio Sigmund e vedrete come correrà a prendere il treno per il capolinea, non ci penserà un attimo.»

«Sei proprio uno stronzo, Bill» irruppe una vecchia signora di tutto punto vestita. Sfoggiava l’abito delle grandi occasioni. «Non capita spesso di ricevere stranieri così affascinanti. Questa volta ho intenzione di giocarmi bene le mie carte.» Si inumidì le labbra rugose ben sottolineate da un rossetto blu cobalto.

«Bill sarà anche stronzo ma tu sei una gran troia, Jeanette» si intromise con voce tonante Sigmund, il fabbro del paese. Un nerboruto ometto di ottantasei anni, il più basso, decisamente basso, dello sparuto gruppo rumoroso. Spalle larghe avvolte da un vecchio cappotto mimetico stropicciato e una pancia prominente portata con la dignità d’un re. «Quel rammollito scapperebbe dalla mia officina dopo mezz’ora e in lacrime, gridando aiuto alla mammina.»

«Potrei essere la sua mammina quando vuole. E quante volte vuole.» Il rossetto si stava disfacendo ai lati della bocca lussuriosa.

2023-10-26

Aggiornamento

A metà del nostro cammino abbiamo raggiunto la prima importantissima tappa per rendere questo libro realtà. Che dire... grazie a tutti per la stima e fiducia dimostrata! Non vedo l'ora di farlo arrivare nelle vostre case e ricevere le tutte le impressioni e critiche che vorrete condividere. Sono commosso dalla vostra partecipazione e adesso a lavoro per raggiungere il prossimo obiettivo. Mai fermarsi...e, come sempre, AD MAIORA! Vi abbraccio tutti
2023-08-29

Aggiornamento

50 volte GRAZIE!
In sole 48 ore di campagna siamo già arrivati a superare la metà del nostro percorso, un risultato tanto inaspettato quanto commuovente per il sottoscritto.
Grazie a tutti per il supporto e la fiducia, già tanti i commenti positivi delle prime letture curiose.
Avanti così verso l'obiettivo!

Ad maiora!
2023-08-26

Aggiornamento

80 Copie vendute nelle prime 24 ore! Un successo insperato per questo inizio di campagna. Siamo già al 40% dell'obiettivo principale, grazie a tutti i sostenitori, siete già davvero tanti! Ho ricevuto tanta stima, entusiasmo e provato un'immensa commozione. Avanti tutta verso la metà! Ad Maiora!

Commenti

  1. Giulia N

    (proprietario verificato)

    Consigliatissimo.
    Ogni personaggio cattura e coinvolge, ne senti la solitudine e la malinconia. Un libro poetico, enigmatico, con vari piani di lettura e tanti spunti di riflessione.

  2. Ida Cecchii

    (proprietario verificato)

    Romanzo dalla trama enigmatica, in certi momenti malinconica, scritto con stile narrativo comunicativo e coinvolgente arricchito da alcune scene fuori dal reale.
    I personaggi sono tanti ma gli intrecci insoliti delle loto storie, attraverso una serie di emozioni, suggestioni, paure, rabbie, cioè con una gamma infinita di reazioni “umane” legano la mente del lettore conquistando.
    La solitudine è il “punto di inizio e di arrivo” e in ogni persona si cela sempre qualcosa di misterioso.

  3. (proprietario verificato)

    La lettura di questo romanzo mi ha permesso di soffermarmi a riflettere che nella nostra società sempre di più gli esseri umani vivano le loro esistenze come monadi disconnesse.
    Spesso la sofferenza e il dolore sono tenuti nascosti e vissuti privatamente, causando ancora più dolore e senso di alienazione.
    I personaggi prendono vita nel romanzo e ci portano nel loro mondo interiore, ognuno con il proprio trauma, la propria sofferenza, i sogni e le speranze.
    Ci prendono per mano e ci conducono ad una riflessione personale.
    Mi sono affezionata alla piccola Zoe che quasi mi sembra di averla conosciuta realmente.
    Consiglio questo libro a chiunque voglia intraprendere un viaggio dentro se stesso e verso l’altro, a chi pensa che la comprensione e la connessione con le esperienze e le problematiche della condizione umana di fronte alla sofferenza ci permetta di accorciare le distanze emotive e di uscire dal senso di isolamento.
    A chi spera o crede nella redenzione e nelle seconde possibilità.

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Daniele Landi
Nasce a Borgo San Lorenzo nel 1984. Laureando anziano alla facoltà di Psicologia con indirizzo clinico, grazie a una passione innata per la poesia partecipa a numerosi concorsi letterari, trovando riscontri positivi. Consegue il diploma da libraio presso l’associazione Librai in corso e un master da operatore Mindfulness. Insomma… un moderno Cyrano, “che fu tutto e lo fu invano”. “Le distanze della solitudine” è il suo romanzo d’esordio.
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