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Le ombre perdute

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Nella cittadina di Erewhon, le persone cominciano a perdere le loro ombre. Distratte dai cellulari e dalla frenesia quotidiana, corrono da una parte all’altra senza più osservare il mondo attorno a loro, e nessuno sembra accorgersi di ciò che sta accadendo. Nel frattempo, delle creature malvagie si impadroniscono delle ombre di due adulti, servendosi di loro per distruggere le ombre degli altri. Solo cinque ragazzi si rendono conto di ciò che sta accadendo e così, con le loro ombre dalla forma di un pesce, una lepre, un cigno, un orso e un camaleonte dovranno unire le proprie forze per fermare quelle creature prima che sia troppo tardi.

Prologo

Erano passati ormai molti mesi, ma finalmente il giorno era arrivato. Aveva scelto un posto isolato, vicino alla sua casa in montagna e aveva iniziato a disporre le pietre.

Per prima quella rivolta verso il nord. Le altre tre erano state posizionate verso gli altri punti cardinali.

Con l’aiuto di una vecchia corda, aveva tracciato un segno a terra. Prese il suo calderone pieno d’acqua e qualche minuto prima dell’alba iniziò a recitare strani versi che il freddo dell’aria rendeva particolarmente gelidi.

«Sebbene il mondo sprofondi nel sonno, noi non soffriamo. Sebbene il vento abbia smesso di soffiare, noi non ci tormentiamo. Sebbene la neve cada incessante e intensa, noi non ci affliggiamo. Tutto questo sta per finire, per questo non ci preoccupiamo.»

Perfetto! Il Cerchio era stato creato.

Armida era al centro e si preparava a invocare la Dea Madre.

La sua amica Folia la guardava con apprensione a qualche metro di distanza.

Era il 21 novembre e il sole stava per nascere.

Capitolo 1

Lunedì 21 novembre

Elizabeth si svegliò di soprassalto, aveva appena avuto un incubo e si sentiva frastornata e spaventata allo stesso tempo.

Si mise a sedere sul letto per riprendersi un po’, ma si accorse che qualcosa non andava: la piccola abat-jour sul comodino, infatti, emetteva la sua fievole luce.

Possibile che si fosse addormentata con la vecchia lampada di sua madre accesa? Non le era mai capitato!

Al suo fianco, Michael ronfava come non mai. Negli ultimi tempi si stancava sempre di più, stava diventando vecchio e la sera, dopo un’intera giornata trascorsa a lavorare nella fattoria, crollava come un macigno e iniziava a russare ritmicamente per tutta la notte.

Ormai si era abituata e, anzi, senza quella cadenza regolare difficilmente riusciva a prendere sonno.

Controllò il filo della corrente della lampada per vedere se toccandolo la luce si sarebbe spenta: magari c’era un contatto e quello poteva aver causato la sua accensione durante la notte.

E proprio in quell’istante, ricordò tutto!

Nel suo sogno si era alzata dal letto per andare a bere e aveva acceso l’abat-jour per evitare di inciampare sul gatto che sempre più spesso riposava sotto il suo letto.

Appena la luce aveva illuminato la sua piccola parte di camera, era successa una cosa strana. Una macchia nera si era mossa sulla parete oscurando tutte le fotografie dei suoi due figli che teneva in bella vista sopra il comò.

Per un brevissimo momento aveva visto uno strano volto con due occhi che la osservavano proprio davanti a sé, sulla parete. Ricordava molto bene la paura che aveva provato: le era sembrata la sua coscienza o comunque una parte di sé molto oscura, malvagia e buia, ma pur sempre parte di lei.

Un attimo dopo, quella era sparita sul soffitto e si era dissolta dall’altra parte della stanza.

Rimase seduta parecchi minuti a osservare la parete. Un incubo così reale non le era mai capitato e, anche se razionalmente sapeva che si era trattato solamente di un brutto sogno, non riusciva a togliersi quella sensazione di malessere che aveva addosso.

La luce che entrò dalla finestra la distrasse e la fece rinsavire. Erano quasi le sei del mattino, doveva preparare la colazione per il suo Michael e, più tardi, iniziare a cucinare l’arrosto.

La sera prima aveva nevicato, ma era stata una spruzzata leggera e già quasi nulla rimaneva in strada, il vero inverno doveva ancora arrivare. Finalmente riuscì ad alzarsi dal letto per raggiungere il bagno.

Per tutta la mattina dimenticò il brutto sogno e l’inquietante sensazione che aveva avuto appena alzata, fino al ritorno di suo marito per il pranzo, quando la loro vita cambiò per sempre.

Capitolo 2

«Jack!»

Aprì un occhio, sperando di aver sentito male.

«Jack!»

«Oh, mamma mia» disse lui. Ora era proprio in un mare di guai!

La mamma continuava a urlare e lui la sentiva benissimo gridare il suo nome.

Come aveva fatto a riaddormentarsi?

La vecchia sveglia lo aveva tradito di nuovo. Fino a venti minuti prima, infatti, era con gli occhi aperti, ancora sotto le coperte, ma sveglissimo! Poi il caldo dentro, il freddo solamente immaginato fuori, un occhio si era richiuso, il secondo subito dopo, la seconda sveglia aveva fatto cilecca, il cuscino morbidoso e…

«Jack! Se salgo su e sei ancora a letto, questa volta le prendi!» urlò sua madre più arrabbiata che mai.

Un secondo dopo era già seduto sul letto, la coperta a terra e, mentre cercava di togliersi la maglia del pigiama, accese la luce a forma di Stormtrooper di Star Wars che teneva sul comodino.

Pensò immediatamente di stare sognando di nuovo, anzi, doveva essere per forza un incubo! Dalla sua scrivania, opposta al suo letto all’interno della piccola cameretta, iniziarono a volare per aria tutti i fogli e i disegni che aveva realizzato negli ultimi giorni e di cui andava molto fiero. Intravide un movimento veloce alla base dell’armadio, come una macchia scura impazzita che si nascose dietro il cesto dei panni sporchi. Subito dopo la rivide sopra la scrivania e tutti i pennarelli, pennelli e inchiostri caddero a terra spargendo colore ovunque.

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Marco Pucci
Marco Pucci, docente di Progettazione Multimediale presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo, ha scritto “Le ombre perdute” con l’intento di trasmettere il messaggio che “le storie ci insegnano a vedere oltre i confini della realtà”. L’obiettivo è quello di stimolare le nuove generazioni a esplorare mondi fantastici e a coltivare la loro immaginazione.
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