Intanto il tempo scorreva inesorabile e, anche se avevo ricevuto apprezzamenti dai pochi a cui li avevo fatti leggere, rimandavo sempre il tentativo della pubblicazione: da un lato, per timore di un rifiuto che mi avrebbe gettato nello sconforto, dall’altro per una forma di gelosia e ritrosia che mi portava a considerarli come una mia cosa.
Partecipai a un concorso di Kataweb con due racconti e mi proposero di inserire il racconto Occhi, sottotitolo di Teresa, in un’antologia, ma ho poi rifiutato quando mi dissero che ne avrei perduto i diritti.
L’idea di inviare i racconti a qualche casa editrice – mondo allora a me completamente sconosciuto, scartando per ovvi motivi le grandi e quelle EAP –, senza trovare un modo che motivasse i racconti, introducendo anche alla loro lettura, non mi piaceva.
Non da poco il problema del titolo, cosa non facile per i racconti. Sono passata infatti dal banale Racconti per caso a Fazzoletti per un mio racconto breve a cui sono molto affezionata e che avevo pensato anche come prologo, ma non ero convinta e lo avevo trovato inadatto alle storie raccontate.
Poi, a seguito di un avvenimento veramente accaduto – seppure romanzato –, sul quale avevo sentito l’urgenza di scrivere subito qualcosa, è nata l’idea del prologo e dell’epilogo.
Restava da scegliere solo il titolo. Dopo vari tentativi, un giorno, nel relax della mia terrazza, ho ritenuto che proprio quel luogo potesse servire allo scopo, quella stessa terrazza da sempre luogo di incontro con amici e parenti più cari. È stato così che mi è balenato il titolo Le ragazze della terrazza, che sarebbe stata l’ambientazione del prologo e dell’epilogo.
Eppure, anche da quel momento in cui tutto sembrava ormai ultimato, sono trascorsi altri giorni, mesi e poi anni nell’inerzia, per una serie di avvenimenti dolorosi troppo ravvicinati e che mi hanno molto impegnata – di cui non è questo il luogo cartaceo per parlarne – e che mi hanno come congelata. Troppo ci sarebbe stato e ci sarebbe da scrivere, ma la mia penna era diventata muta.
L’evento gioioso della nascita della mia nipotina è arrivato al momento giusto a compensarmi di lutti ravvicinati e a distrarmi. Proprio io, che non mi ero potuta dedicare a tempo pieno alle mie figlie, godendone appieno l’infanzia per via di un lavoro impegnativo, mi sono immersa totalmente nel piacere di occuparmene e assaporare la gioia giorno dopo giorno dei suoi progressi e delle sue piccole conquiste, rendendomi però amaramente conto di aver perduto irrimediabilmente con le mie figlie qualcosa sia io che loro, alimentando sensi di colpa che mi avevano portato un po’ alla volta ad allontanarmi da tutto ciò che vivevo come egoistico piacere personale. In una sorta, quindi, di compensazione, ho cercato di essere una nonna migliore di quanto sia riuscita a esserlo come madre, ma non sono io che devo giudicare.
Resta il fatto che il mio principale piacere, dopo tanti dolori, è stato occuparmi di mia nipote Viola e ne sono tuttora felice, perché mi ha dato tantissimo.
Capitava, però, che nei momenti liberi ogni tanto rileggessi ciò che avevo scritto, apportavo qualche modifica e cercavo online qualche casa editrice, ma senza realmente crederci. La mia penna continuava a rimanere muta, limitandosi pigramente a scrivere qualche rara poesia e riflessione in momenti nostalgici e malinconici.
Nel frattempo, gli impegni sono via via diminuiti, prima la fine del lavoro, poi quelli assistenziali ai miei cari ormai scomparsi, compresi cari amici, ma anche conoscenti e amicizie sempre più annacquate, alcune per la distanza fisica, altre per interessi diversi o problemi personali; persino la nipotina stava crescendo e aveva sempre meno bisogno di me.
È stato allora che ho cominciato ad avvertire un vuoto, un’apatia sempre più grande e, alla domanda “Cosa avrei voluto fare come hobby”, non riuscivo a trovare tragicamente risposte, a parte la lettura che non ho mai abbandonato.
Sembrava che non mi piacesse più niente e non mi riconoscevo più; io, sempre così determinata, quasi testarda nel perseguire obiettivi, ora ero rassegnata a non fare niente che non fosse la cucina – unica attività creativa –, la palestra – che frequento non certo per piacere, ma per motivi di salute – e la camminata giornaliera.
Il retropensiero di cosa fare di questi racconti in qualche modo era sempre presente seppure inconsciamente e ogni tanto si affacciava prepotentemente, insieme al rammarico di lasciare alle mie figlie e nipote solamente una cartella sul PC e fogli sparsi stampati più volte. Non a caso, questo libro è dedicato a loro.
Poi, una mattina di fine inverno, mentre sistemavo le varie carte, è venuta fuori la stampa della casa editrice bookabook, che mi aveva colpito già qualche anno prima e per questo ne avevo fatto una copia. Così quella mattina, d’impulso e senza darmi tempo di pensare, ho mandato il manoscritto pressoché pronto da tempo, senza speranza alcuna, quasi sperando venisse rigettato perché sapevo che mi sarebbe aspettato altro lavoro che non ero più sicura di voler fare.
Inaspettatamente, invece, il dattiloscritto è stato ritenuto idoneo.
Mirella Pieroni (proprietario verificato)
Riporto la recensione di Nerogroviglio
“Ed eccoci qua a parlare di un libro di un’autrice italiana che spero di poter leggere ancora.
“Le ragazze della terrazza” di Mirella Pieroni è una raccolta di racconti che cattura l’attenzione fin dalle prime pagine per la sua capacità di far riflettere e suscitare emozioni profonde.
Ogni storia, pur nella sua brevità di lettura, riesce a descrivere situazioni di vita quotidiana, ma con una lente che ne evidenzia le sfumature più sottili, quelle che spesso sfuggono allo sguardo distratto.
I racconti presenti nel libro sono davvero belli, delicati e mai banali, intrecciati da un comune denominatore: il raccontare i sentimenti umani dal punto di vista femminile.
La scrittura di Mirella Pieroni è semplice ma incisiva, capace di entrare nel vivo delle emozioni e far emozionare il lettore.
Ogni racconto è una finestra su mondi diversi, ma tutti accomunati da una profonda umanità, tutta al femminile, che non lascia affatto indifferenti.
Questi racconti, davvero, non si limitano a intrattenere, ma ci portano a riflettere, facendo scivolare il lettore in una sorta di intima introspezione.
È proprio questo il grande pregio del libro: non solo racconta storie, ma stimola un dialogo interiore che dura ben oltre la lettura. Un’opera che, pur nelle sue dimensioni contenute, ha la capacità di lasciare il segno.”
Katia Coppola
Di solito non leggo questo tipo di romanzo ma mi sono imbattuta in questa lettura e devo dire che mi è piaciuta.
È un racconto nuovo e originale. Il romanzo è una raccolta di pensieri che affliggono le diverse donne protagoniste di questo libro.
Tutte sono accomunate dal dolore e dalla sofferenza ma anche dalla voglia di rivalsa e forza d’animo.
Questo racconto ci porta nella mente delle donne, di tutte quelle che giorno dopo giorno nella quotidianità si trovano ad affrontare molte sfide e a volte la vita le mette a dura prova.
Le lettura e piacevole e scorrevole, ho apprezzato molto l’introspezione dei personaggi. Consiglio questo romanzo soprattutto alle persone a cui piacciono i mini racconti autoconclusivi.
Complimenti a Mirella Pieroni per questa pubblicazione
manuele zambardi (proprietario verificato)
Milena, la protagonista di questo libro invita le sue amiche sulla sua terrazza, un posto quieto e isolato per poter stare tranquille in relax. Cerca di ritagliarsi un momento di svago, mentre invece le sue amiche, conoscendo i suoi problemi, si arrogano il diritto di darle dei consigli. La cosa la infastidisce a tal punto che si inventa un provvidenziale mal di testa per avere la scusa di allontanarle e poter rimanere da sola. Nella sua mente matura un pensiero, il voler esprimere su carta ciò che le donne generalmente devono affrontare nel corso della vita.
Ognuna delle sue amiche ha affrontato diversi problemi e de-cide di raccontarne le vicende ovviamente cambiandone i no-mi.
Pian piano Milena srotola le vite delle sue protagoniste e ci spiega il tappeto di chiodi sopra il quale sono costrette a vive-re, a volte per scelta di cuore e a volte per obbligo.
Milena diretta dalla sapiente penna dell’autrice si inerpica co-sì nelle storie spesso di sofferenza, ma che danno valore a quel pensiero che ipotizza che da un seme di dolore può na-scere il fiore della gioia. Così a volte con grazia e delicatezza suggerisce alle donne come potrebbero reagire nei momenti di maggiore sconforto.
Ho apprezzato questi racconti che con delicatezza raggiungo-no stadi profondi dell’animo femminile, posti in cui spesso nemmeno le donne stesse osano addentrarsi.
Un meraviglioso viaggio fatto in punta di piedi.
Emanuela Tamburini (proprietario verificato)
Ho letto questo primo libro dell’autrice e l’ho trovato coinvolgente. Un caleidoscopio di personaggi femminili, le cui storie avvincenti introducono il lettore in un universo di emozioni e sentimenti. La lettura dei racconti è scorrevole, mentre le tematiche trattate inducono alla pausa e alla riflessione.
Luisa Zancanella (proprietario verificato)
Il libro parla della sofferenza, di abbandono, di rimorsi, ripensamenti, senso del dovere, d’amore e di bisogno d’amore. Accanto a racconti conclusi ne troviamo altri lasciati sospesi, come se la scrittrice invitasse il lettore stesso a trovarne il senso, a tracciarne l’epilogo. Tuttavia non mancano qua e là episodi ironici, surreali o atmosfere da romanzo giallo in cui l’autrice entra ed esce, modifica, ci ripensa, ci consola.
Luisa Zancanella