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Le tre torri

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Nel 916 d.C. Berengario del Friuli diventa re d’Italia, non senza generare invidia e voglia di vendetta nei sovrani dei regni limitrofi. Guido da Spoleto, infatti, è pronto alla battaglia, ma non è l’unica minaccia. Tutti i più importanti signori del Nord Italia desiderano i regni di Carlo Il Grosso e ogni pretesto verrà usato per muovere guerra.
Le vicende che vedranno protagoniste le famiglie più nobili si svolgeranno tra il Garda, Mantova, Venezia e Verona, senza però evitare di coinvolgere Roma e il Papa.
E proprio quando le sfide più grandi sembrano essersi placate, un nuovo e straniero nemico dal confine rischia di mischiare nuovamente le carte in gioco, determinando alleanze pericolose quanto inaspettate…

PRIMA PARTE

LE NOZZE D’ORO

916 d.C.
Assaporò l’odore dell’erba bagnata. Respirò a pieni polmoni benedicendolo, socchiuse gli occhi e li riaprì alla vista dei suoi reparti. Erano in schiera da qualche ora, quando il sole ancora non si era affacciato sulla pianura. Per vederlo, i soldati si sarebbero dovuti voltare indietro, ma nessuno se ne curò. Molti avevano mangiato il loro piatto di zuppa d’avena per poi vomitarselo sui piedi, tra i ranghi. Gli scudi ovali erano in piedi, appoggiati a terra contro il fianco di ogni uomo. Le menti erano perse dietro alla coltre di nebbia che si stava diradando e l’immaginazione deviava la più fervida speranza di vittoria.

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Torri del Benaco, dicembre 915 d.C.
Niente avrebbe potuto allietare quel pomeriggio più dell’aria che soffiava dall’alto del lago, spingendo le onde schiumanti a infrangersi tra le insidie della roccia benacense. Il sole picchiava alto e bianco sulle teste degli artigiani, piccoli come insetti, che discorrevano per le strade gesticolando ed esponendo i meravigliosi vasi di vetro dipinti e le ceramiche, vere esplosioni di tinte azzurre, rosse, ocra. Colori accesi e così vivi che sembravano venire fuori dall’affresco.

Grida e schiamazzi attirarono la sua attenzione su un’altra contrada. I calafati stavano tirando le gondole da pesca in secca, raccogliendo le intrigate reti fiocine. Trasportata la gondola al cantiere, uno di questi fece portare un albero grosso e spesso, probabilmente un abete, poiché venne legato e innalzato al posto del palo precedente che fungeva da albero maestro. Le vele erano state strappate la notte prima, quando la burrasca era insorta innalzando i cavalloni d’acqua oltre la banchina, disegnando sulla pietra cerchi d’acqua, da cui il mattino seguente si poté indovinare fin dove il lago si era spinto.

I calafati non si fermarono alla riparazione dell’albero, ma pulirono le ordinate, il fasciame e gli scalmi sui quali erano appoggiati i remi. Martelli di legno e stoppa lavoravano per chiudere le fessure tra un asse e l’altra. Ecco arrivare, dall’altra riva, un imponente barcone: accostò al ponte di legno, dove quattro tronchi immersi nelle profondità, che spuntavano sei metri oltre il livello dell’acqua, impedivano allo scafo di fracassarsi sugli scogli. Le cime vennero lanciate e legate ad altrettanti paletti e tirate in modo da poter avvicinare una passerella. Centinaia di vasi di ceramica approdarono al porto, ricolmi dell’oro verde: olive provenienti dai più vasti e importanti terreni agricoli e dirette ai frantoi della città per essere torchiate.

«Principe, la sala è pronta e tutti attendono solo voi.»

Berengario I non volle far aspettare le centinaia di invitati e, riservandosi pochi istanti per godersi un lungo e profondo respiro d’aria salmastra, diede le spalle alla finestra della torre da cui stava scrutando la vista sotto i suoi piedi. Il padre aveva pensato a tutto.

La sala era addobbata di un freddo color blu, come lo sfondo della casata familiare dove posavano le tre torri e il manto finemente dipinto che raffigurava l’acqua del Garda. Per l’occasione, la nobile famiglia della sposa aveva fatto sostituire i vetri dei dodici finestroni con mosaici che ritraevano gli apostoli Paolo e Pietro a braccia aperte, avvolti in un mantello scarlatto: quando la luce filtrava da esse, l’atmosfera si tinteggiava dei colori dell’opera. Un regalo più che apprezzato, specialmente da Berengario, acceso paladino dell’arte veronese. Al centro del salone i tavoli erano disposti a semicerchio, già opportunamente apparecchiati con tovaglie di lino rosa e azzurre, centrotavola di quarzo grezzo, bianco e acquamarina.

Il banchetto si sarebbe consumato solo a seguito delle nozze, ma la madre, scaltra oltre ogni misura, decise di servire comunque vino ma con moderazione, per evitare incidenti durante la celebrazione. Lo fece accompagnare con tartine di pasta e uvetta, ceci, uva da tavola, pasticcio di mele e datteri asiatici. Non mancava mai di scambiare qualche parola con la servitù e di dare il benvenuto agli ospiti più illustri. Era come recitare una parte. Non che non le piacesse, o che serbasse per gli ospiti qualche tipo di rancore. Al contrario, sentiva di svolgere il proprio dovere nell’intrattenere conversazioni, perché quella era la parte della donna politica. E lei era esattamente questo: una donna che amava giocare con la politica e sapeva di avere i mezzi per farlo. Era sempre stata astuta e non si era fatta mettere i piedi in testa neanche dal marito e dal suo carattere autoritario.

Osservandola mentre sorrideva a un uomo alto, dal cappello piumato e il mantello che strisciava a terra, Berengario si chiese se anche la sua futura moglie si sarebbe rivelata una donna forte e capace di tutto per mantenere il potere. Sperò di sì.

«Principe.»

Non lo era davvero, ma la carica di marchese del Friuli del padre e l’intreccio di parentela della madre con Luigi il Pio, re della Francia, lo avevano marchiato con quel soprannome.

Francesco IV Tanella prostrò il capo, Berengario si voltò destandosi dai suoi pensieri e lo abbracciò, baciandogli la guancia.

«Mio caro, carissimo amico. Non potrò mai ringraziarti tanto per essere venuto in questo giorno così speciale.»

«Non mi sarei perso questa festa per niente al mondo. Ho spronato i cavalli della carrozza fino a farli sbavare, ma ne è valsa la pena. Tua madre avrà fatto preparare da mangiare per tutto un esercito e chissà quali incantevoli danzatrici avrà assunto.»

«Tante quante sono gli uomini che si sta preparando a intortare» disse Berengario, sorridendo e accompagnando la battuta con una lieve pacca sulla spalla di Francesco, il quale rise di gusto.

«Dovresti considerarti molto fortunato. Presto sarai re e gli alleati sono un bene prezioso. Non rifiutarne mai nessuno, a costo di pagarli con oro e molte terre.»

«Mi basti tu, Francesco. Sei il più valido alleato, amico e fratellastro che potrei mai desiderare.»

«Così, però, mi lusinghi! Oppure hai già alzato troppo la coppa del vino?» disse scherzando Francesco.

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Brian Verona
nasce il 13 marzo 1996. Intraprende gli studi superiori di Agricoltura e Sviluppo rurale per poi prendere parte, nel 2016, al primo corso di scrittura creativa presso la scuola Comics di Reggio Emilia. Nel 2021 frequenta il terzo livello di scrittura creativa, componendo diversi manoscritti, e nel 2023 ottiene la certificazione di competenze in Storia Medievale presso il progetto UniTreEdu.
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