In una cittadina dove cultura e tecnologia sembrano giunte a un’impasse, Pablo e Fortuna sono legati da sentimenti profondi, ma stentano a coronare il loro sogno d’amore. Lei è troppo razionale e indipendente, vuole vivere in piena libertà; lui non ha raggiunto la maturità necessaria per conciliare aspirazioni e doveri. Eternamente divisi, eppure mai davvero separati, i due abbracceranno un imprevedibile ciclo di morte e rinascita: antagonisti in una metropoli cyberpunk, psiconauti a cavallo tra mente e magia, freak con un passato da redimere… Per l’una significherà fare i conti coi propri fantasmi, per l’altro accettare la realtà voluta dal fato.
L’INIZIO DEL DISAMORE
Pablo ricordava soltanto una pianura vastissima, brulla e ondulata, con sporadiche colline che lambivano le nuvole.
Non gli era chiaro cosa facesse lì, ma doveva esserci un motivo importante.
Questa convinzione, la certezza d’aver avuto uno scopo, lo aiutò a identificare la fitta che lo colse trovandosi davanti il profilo conosciuto del borgo.
Frustrazione.
Man mano che s’approssimavano le prime stamberghe sparpagliate tra i viottoli sudici, l’onnipresente spettro delle mura cingeva l’orizzonte in un gelido abbraccio. Ancora oltre, ecco gli appuntiti edifici in pietra, le cupole, i pinnacoli altissimi e pericolanti che sembravano chiudersi su di lui come una mano deforme.
Il borgo, con i suoi miasmi e i profumi svenevoli e la fragranza di pane appena sfornato…
Il tanfo degli scarichi si mescolava all’aroma inebriante del cuoio conciato.
Tutto, tutto, tutto appariva terribilmente familiare.
Aveva cercato di uscirne, come altri in precedenza.
Via! Via da quelle case, da quelle mura, da quel nucleo purulento di routine e automatismi, dal teatro che metteva in scena le stesse identiche vicende – perché a nutrire gli abitanti erano principalmente le memorie: leggende tiepide e rimasticate, reliquie di una tradizione che si avvolgeva su se stessa, cannibalizzandosi nella speranza che ne germogliasse nuova vita.
Ci aveva provato. Nessuno s’era opposto. A nessuno importava.
E prima di poter distinguere il dorso delle colline, prima ancora di aver fiutato un odore differente, le gambe l’avevano ricondotto a casa.
Ipnosi? Magia? Scarso senso dell’orientamento?
Poteva interrogarsi sul perché, però la realtà restava una e una sola: quand’anche là fuori ci fosse stato un mondo da esplorare, lui non l’avrebbe mai visto.
Mentre rimuginava sulle scappatoie residue, gli sovvenne che in effetti, quel giorno, qualcosa di diverso c’era.
Dapprima faticò ad afferrare l’entità del cambiamento, ma l’intuito gli suggerì che non dipendeva da un particolare aggiuntivo.
Piuttosto, da una menomazione.
Pablo alzò la testa, strizzò le palpebre ed ebbe la conferma che l’edificio più alto del borgo, la torre che fino a ieri svettava in tutta la sua sinistra alterigia, mancava all’appello.
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Fortuna spalancò le imposte della locanda e guardò sorgere il sole.
Era così strano aprire il locale senza i suoi. Si sentiva quasi colpevole.
Forse perché i litigi mattutini avevano lasciato il posto a una quiete rarefatta, e lei si scopriva ad assaporare – per la prima volta – la bellezza del silenzio.
Forse perché, quando aveva intravisto i loro corpi che si tenevano per mano in quella buca minacciosa che chiamavano “il pozzo”, non aveva provato disperazione né disgusto. Solo rassegnazione, come se avesse letto l’ultima pagina di un romanzo dal finale prevedibile.
Del resto, il fatto che non fosse l’unica persona rimasta orfana nel giro di una notte l’aiutava a fare pace con l’idea: creava una sorta di complicità, la consapevolezza che dentro e fuori dal borgo non rimanesse un singolo adulto ancora in vita.
Ciò che la inquietava, semmai, erano le sparizioni.
Sapere che i tuoi avevano raggiunto l’Oltremondo metteva un punto alla questione, ma gli sventurati a cui erano scomparsi i parenti… come potevano dormire sereni?
«In piedi già di prima mattina!» esclamò Solana Costa scivolando attraverso l’ingresso.
Lei era una di quelli che ignoravano la sorte dei genitori, tuttavia non pareva preoccuparsene troppo. Se Fortuna la conosceva bene, non aveva an-cora accusato il colpo – e più albe trascorrevano senza che Lana affrontasse la realtà, peggio era.
«Veramente non c’è più molto lavoro, ora che i vecchi clienti sono morti o…» borbottò Fortuna.
«… Svaniti nel nulla, lo so» concluse Solana, sorridendo gentile.
«Ma bisogna pur dare un senso alle giornate, no?» disse l’amica.
«Per forza» replicò Fortuna passando lo straccio sul bancone.
«A cosa devo la tua visita? Vuoi una birra?»
«No grazie, ho appena fatto colazione» rispose Solana con un gesto garbato della mano.
«Pensavo che, visto quel che è capitato l’altra notte, tu volessi venire all’assemblea cittadina.»
Fortuna lasciò cadere lo straccio.
«Certo che ci voglio venire, ma… l’hanno anticipata?»
«No, però intanto possiamo accaparrarci dei posti decenti e magari, lungo la strada, dare una seconda occhiata al famigerato pozzo.»
Fortuna la guardò brevemente: forse sperava ancora di scorgere qualche traccia dei Costa. Una mano, uno stivale, il lembo di un mantello…
La ragazza prese il cappotto e disse: «Andiamo».
La locanda degli Ugàro sorgeva a poche centinaia di metri dalla piazza centrale, perciò non ci volle molto prima che le amiche si imbattessero in flussi di folla sempre più consistenti; e tutti convergevano nella stessa direzione.
Era alienante ritrovarsi a camminare nello spiazzo dove sorgeva l’altissima torre, ora dominato da una desolazione che quasi faceva rimpiangere il colosso di un tempo.
Un curioso assembramento di persone vociava intorno al foro perfettamente circolare, dello stesso diametro della torre, che si era aperto nel terreno.
Facendosi largo tra mucchi di giovanotti dall’aria istupidita, alcuni – simili a novelli papà – mano nella mano coi fratellini, le ragazze sbirciarono un’altra volta nelle profondità dell’abisso.
A un certo punto, molto semplicemente, la pavimentazione finiva, le mattonelle abbracciavano le tenebre, e lo sguardo si perdeva come ipnotizzato dalla ripida verticalità di quella voragine.
«Non diventa meno strano con la luce del giorno» commentò Solana.
«No…» assentì Fortuna.
La liquida opalescenza dell’ossidiana che componeva la torre si era trasfigurata in un vuoto limpido, puro e perfetto, di cui era impossibile delineare i contorni. Il pozzo pareva fatto di buio, un cielo notturno senza stelle.
«Rammenti quand’eravamo bambine, e la torre sembrava più alta dell’infinito?» chiese Solana.
«Peccato che questo baratro una fine ce l’abbia» disse Fortuna.
A una distanza imprecisata, nella cavità, si distinguevano senza sforzo decine e decine di cadaveri, ammucchiati come giocattoli rotti. L’interno del pozzo non occultava i corpi, anzi, ne esaltava i lineamenti assorbendo il riverbero del sole.
Ora Fortuna non vedeva più né sua madre né suo padre. «Non ti sembra che siano un po’ calati?» domandò.
Solana la scrutò con fare interrogativo.
«I corpi. È come se ne mancasse una parte.»
L’amica la prese per mano. «I casi sono due: o hanno deciso di farsi una scampagnata, oppure ti serve un buon caffè. Vieni» aggiunse, guidandola lontano dalla folla.
lucilladb
Libro interessante e ben scritto, con un’ambientazione unica nel suo genere e una straordinaria cura dei dettagli. Un intreccio di suggestioni che parlano d’amore in modo del tutto inedito e su più livelli. Quello di Piero Gracis è il libro perfetto per perdersi nei meandri del mondo steampunk, alla ricerca di una risposta alle domande che l’autore instillerà sapientemente in chi si imbatterà in questa storia. Consigliatissimo!
Andrea Pretotto (proprietario verificato)
Un romanzo davvero incredibile: un po’ urban fantasy, umoristico, giallo (sì, non c’è solo la suspense di conoscere il finale delle storie, ma anche la possibilità di poterlo scegliere).. un vero capolavoro artistico!
Il libro è curato nei minimi particolari, con una ricchezza lessicale oggi introvabile in tante altre opere. C’è un grande coinvolgimento nelle storie: la narrazione scorre veloce, e l’autore instaura un dialogo continuo con il lettore.
Non stanca mai e anzi… accresce nel lettore un desiderio di apprendere sempre di più le favolose vicende dei personaggi.
Mi sono assicurato una copia personale, ma anche altre da regalare ad amici.
Complimenti a Piero per questo romanzo!