L’aveva mandata a Sobby Hill con la speranza di smuoverla dal torpore in cui era precipitata.
Lento, inserisce il jack delle cuffie nell’uscita apposita del registratore, preme play e abbandona la testa all’indietro, lasciandosi trasportare.
La voce di Mia, insicura, inizia a parlare.
Capitolo 2
Fogmoor, Irlanda – Gennaio 2021
Guardo fuori dal finestrino. Ogni cosa intorno a me è cupa e la pioggia rimbalza copiosa sul tetto dell’auto. Non riesco a ricordare una pioggia così intensa e un freddo così pungente prima. Forse oggi il cielo riflette il mio stato d’animo, forse anche le nuvole, come me, hanno troppi pensieri e, stracolme, non hanno retto il peso, abbandonandosi alla liberazione della pioggia. In lontananza, la mia mente ovattata percepisce la radio che silenziosa risuona all’interno dell’abitacolo. Il tassista prova a instaurare una conversazione con me più volte, ne sono certa. Ma non ha avuto successo. Una canzone mi raggiunge da lontano, destando la mia mente dal torpore. Come un carillon, suona delicata trasportandomi nei meandri dei miei ricordi. Dove l’ho sentita l’ultima volta? Perché la conosco? Forse mi ricorda mamma.
Lo scenario fuori dall’auto è ora diverso. Superiamo il paese di Fogmoor diretti a Sobby Hill. Ho letto che la dimora si trova su un’isola, appena fuori dal gruppo di case, in cima alla collina, ed è collegata alla terra ferma solo da una breve strada che attraversa il mare, la stessa che stiamo percorrendo ora. L’impressione è che, allontanandomi dal centro abitato, io stia entrando in una nuova, claustrofobica, dimensione. L’unica via d’accesso – o di fuga – è una strada che ad ogni alta marea scompare, inghiottita dall’acqua e che sembra voler inghiottire anche me da un momento all’altro.
L’auto prosegue su per l’isola percorrendo una lunga salita fatta di curve. Mi ricorda un serpente che, silenzioso, si inerpica su per un sentiero, quasi a volersi nascondere. Ci fermiamo di fronte ad un grosso cancello in ferro battuto. La pioggia incessante continua a picchiare con forza sulle nostre teste. Una figura con indosso una mantella nera si avvicina ed in fretta ci apre il cancello, che l’auto veloce sorpassa. Mentre la ghiaia, scricchiolando, si abbandona al nostro passaggio raggiungiamo l’ingresso della dimora.
«Eccoci signorina, benvenuta a Sobby Hill. Sono dieci euro grazie»
Senza proferire parola, estraggo il compenso per l’uomo. Risistemo il borsellino all’interno del bagaglio ed afferro la maniglia della portiera. Prima di uscire dall’auto rivolgo un ultimo fugace sguardo allo specchietto retrovisore. Gli occhi dell’uomo mi osservano curiosi.
Sento freddo.
Esco velocemente, senza dire nulla e l’auto si allontana sulla ghiaia scricchiolante.
Di fronte a me Sobby Hill mi scruta severa.
Un tuono esplode alle mie spalle facendomi balzare il cuore in gola esortandomi ad entrare.
~
Din don, premo il campanello sulla scrivania in legno nella hall. Il luogo appare deserto. In lontananza avverto dei passi.
Una bionda signora si affaccia da una stanza, appena dietro al bancone: «Buon pomeriggio cara, posso esserti d’aiuto?»
«Salve, ho prenotato una stanza.»
La signora mi sorride e si avvicina al registro degli ospiti. «Certo, il tuo nome?»
«Mia De Angelis. Ho prenotato online dal vostro sito. Le chiederei anche, nel caso si rendesse necessario, se fosse possibile prolungare il soggiorno.»
«Nessun problema. Ho solo bisogno di un documento per segnarti a registro», mi sorride, «per il saldo possiamo sistemarci quando ripartirai.»
La signora sembra gentile e, dopo aver segnato il mio nome ed afferrato le chiavi dalla bacheca alle sue spalle mi fa cenno di seguirla.
Sto al passo, o almeno ci provo. «Io sono Misty ed aiuto la padrona della struttura a gestirla. Di qualunque cosa avrai bisogno puoi chiedere a me, sarò lieta di aiutarti.» Percorriamo gli interni di Sobby Hill. «Questa è la sala da pranzo e più in là», mi fa cenno con il dito indicando un grosso salone, «trovi la stanza in cui gli ospiti si ritrovano.» Un lungo divano rosso la fa da padrone, intorno a lui un paio di poltrone. Davanti un imponente caminetto. Al lato grandi scaffali pieni di libri. «Puoi leggere ogni volume presente su quella grande libreria, giocare a carte o rilassarti davanti al camino se preferisci. Sai, in questo periodo dell’anno fa piuttosto freddo qui a Sobby Hill. Penso che apprezzerai il focolare del caminetto. Come potrai notare non abbiamo televisioni, è una scelta precisa della struttura. Ci teniamo che i nostri ospiti sfruttino al meglio le potenzialità del luogo godendo della pace e del silenzio che offre.»
Proseguiamo lungo una grande scalinata che ci porta al piano di sopra.
«Sobby Hill è una vecchia dimora. È stata costruita circa cento anni fa. Ha due piani abitabili: il piano terra e questo su cui ci troviamo adesso. Al di sopra delle nostre teste c’è poi una soffitta in cui si trovano cianfrusaglie e tanti vecchi mobili.» Non mi interessa davvero fare conversazione, vorrei solo che mi mostrasse la stanza in cui alloggerò e mi lasciasse sola. Arriviamo davanti alla porta numero cinque. «All’interno della camera troverai tutto ciò di cui avrai bisogno: asciugamani, ciabatte, lenzuola. Le stanze vengono sistemate dal nostro servizio di pulizia ogni due giorni per cui non dovresti avere problemi.» Mi sorride. La mia attenzione viene catturata dalla bocca della signora Misty: un sorriso a tratti inquietante si apre sul suo volto.
Chiudo finalmente la porta alle mie spalle. Prendo un sospiro di sollievo. Davanti a me una piccola stanza mi attende accogliente. Mi concedo qualche secondo per contemplare lo spazio intorno. Alla mia sinistra un ampio letto matrimoniale. Le lenzuola sono tese da un angolo all’altro del materasso e sposano con cura i colori della stanza. Nessuna fantasia, un semplice verde muschio. La testiera e la struttura invece sono di un pesante legno scuro. Di fronte al letto, alla mia destra, staziona un grande armadio. Ne avverto l’imponenza, provando una sorta di soggezione. Sul muro di fronte a me un’ampia finestra. Perché è aperta? Forse chi ha pulito la stanza prima del mio arrivo deve aver pensato che fosse una buona idea far cambiare l’aria, senza considerare però il freddo. Mi avvicino e guardo fuori. Estraggo dalla tasca dei pantaloni un pacchetto di sigarette. Ne accendo una e respiro a pieni polmoni il suo fumo. Sobby Hill si trova in cima ad una collina, al centro dell’isola. Dalla mia stanza riesco a scorgere il mare, l’infrangersi delle onde contro le grandi scogliere tipiche del paesaggio.
Un’ombra nera mi passa veloce davanti agli occhi, come un flash scuro.
Un tonfo.
Sbatto.
La testa mi fa male, di nuovo.
Porto una mano alla fronte, la tasto.
Respiro.
È tutto passato.
Ansimante sobbalzo all’indietro, intimorita. Mi getto sulla borsa e rovisto di fretta alla ricerca del mio piccolo contenitore. Ne estraggo una pastiglia e la lancio giù in gola. Respiro. Lenta e a fatica.
Mi riavvicino alla finestra. Sento il sudore invadere il mio corpo. In lontananza vedo una ragazza scomparire all’interno del bosco di Sobby Hill. In un attimo è sparita.
Una signora con dei guanti di gomma rosa mi osserva. Si trova nei pressi di una delle aiuole della tenuta, opposta al bosco. È immobile. Non distoglie lo sguardo dal mio. Accartoccio la sigaretta sul davanzale e la ripongo nel pacchetto. Mi allontano.
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