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Libertà è donna

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A Rimini, Dalila vede il mare per la prima volta. Cresciuta in Puglia, ha sempre vissuto circondata da campagna e uliveti. Ora, seduta sulla sabbia durante una breve sosta del suo viaggio verso Torino, fa ciò che le riesce meglio: scrive un racconto sul suo taccuino. E soffre. Ha lasciato la sua terra, i genitori e Mattia, l’uomo che ama. È scappata da una mentalità oppressiva che discrimina le donne, dalle bugie che ha dovuto raccontare per conquistarsi piccoli spazi di libertà. Ripensa alla sua benefattrice, la “signora dei libri”, come la chiamava da bambina, la donna che le ha regalato un sogno: essere libera. Torino sarà in grado di darle l’indipendenza che cerca? O il viaggio è ancora lungo?

Capitolo uno

In una campagna non lontana dal mare gli ulivi erano stati spazzati via da una ruspa, la terra era morta e il cielo sembrava stare male, al pari degli abitanti del paese, per quegli scenari raccapriccianti. Gli ulivi, secolari e maestosi, genitori ed eterni padri e antenati di generazioni passate. Sono stati complici e testimoni di amori e tradimenti, di litigi e dissapori, ma anche di feste e matrimoni.

Gli abitanti oggi piangono. Ulivi morti e cimiteri infiniti nel basso Salento. Ulivi maltrattati dalla Xylella, insetto infame e velenoso per il padre della nostra terra.

Ricordo un tempo lontano, quando ero bambina, le mie figlie ancora non erano nate e il mio matrimonio era ancora un sogno nel cassetto.

Venivo qui. La campagna era la mia casa. I miei genitori mangiavano frise a pranzo e a cena. I frutti dell’orto erano il contorno perfetto e i profumi incantavano la mia mente. Scrivevo poesie ai piedi del mio ulivo. Aveva radici enormi, un tempo. Era bello.

Lo avevo scelto e anche lui sembrava aver scelto me. Le foglie basse accarezzavano i miei capelli ricci e quelle alte formavano un grande ombrello. Era perfetto per le mie letture.

Un tempo noi ragazze non avevamo il diritto allo studio come gli uomini e la lettura era considerata una perdita di tempo.

Durante una festa di paese, un anziano e sua moglie distribuivano ai passanti libri che erano eredità nobile del figlio rimasto ferito gravemente durante la guerra. Mi avvicinai mentre mamma e papà erano impegnati nei dovuti saluti pomeridiani ai capi del paese. Nessuna bambina aveva il desiderio di leggere ma io sì. Da tutti ero ritenuta strana. Dipingevo e sognavo a occhi aperti. Mi bastava lo sguardo volante di un esperto per apprendere i segreti di un mestiere tramandato di secolo in secolo. Come il cucito. Avevo dieci, undici anni, credo. Bambina ubbidiente e scrupolosa nei confronti della salute dei genitori. Amavo la sera stendermi sulle gambe di papà e massaggiare i piedi di mamma dopo cena, quando stanca dal duro lavoro nei campi avvertiva il bisogno di perdersi nei pensieri e non parlare. Con il limone preparavo lo scrub per il viso e con le susine improvvisavo degli originali smalti per le unghie dei piedi. L’alluce era enorme e mi faceva ridere. In realtà, ridevo da sola. Quando iniziavo con il mio passatempo degli smalti, mamma era già lì, stesa sulla sdraio accanto al braciere, con le braccia appoggiate sulle ginocchia e il corpo inclinato sulla destra. Io mi sedevo a terra, con indosso uno scialle azzurro che amavo tantissimo. Era di lana e lo aveva cucito una mia vicina di casa, che era apprezzata da tutto il paese per i suoi abiti ricamati con estremo riguardo. Era povera ma i suoi vestiti e il suo sorriso erano nobili.

Ritornando al mio primo libro e all’avventura nel poterlo prendere, quel giorno, come scrivevo poc’anzi, mamma e papà erano impegnati in pubbliche relazioni, e io senza che loro se ne accorgessero, con scaltrezza mi avvicinai alla donna. Era affranta dal dolore per la perdita del figlio. Gli occhi parlavano più della bocca. Fingeva con pudore di non provare malinconia e rabbia per la guerra e per il figlio ritornato a metà tra l’essere un angelo e un soldato ragazzo per sempre cicatrizzato dal male. Mi guardò con curiosità. Probabilmente era la prima volta che una bambina o, potrei generalizzare, un essere umano di sesso femminile si avvicinava per accettare un buon libro.

La donna, dopo un attimo di titubanza, mi chiese con voce bassa che cosa amassi leggere e io con estrema velocità (perché avevo timore che i miei genitori mi scoprissero) ho risposto che avevo imparato a leggere sui foglietti volanti lanciati dagli aeroplani che passavano due volte a settimana sopra il paese, ma soprattutto grazie al mio amico, figlio dei vicini, Mattia, che si divertiva a farmi da maestro durante la pausa, ai piedi del mio ulivo, quando mamma e papà erano impegnati nel raccolto. Così, senza riflettere troppo, dissi: «Il mare, signora. Il mare non l’ho mai visto! Vorrei leggere qualcosa sul mare».

La signora mi guardò interdetta e sorpresa per ciò che avevo appena detto. Mi chiese come mai non avessi mai visto il mare dato che distava venti minuti, e io dissi la verità e cioè che i miei genitori, essendo poveri, molto poveri, non potevano permettersi altro che galline e cani, ma non cavalli né macchine, che all’epoca erano poche. Quelli che le avevano si sentivano i signori della terra, dimenticandosi che quella terra era stata già governata prima dagli animali e dai passi che l’essere umano aveva tracciato su di essa.

Sorridendomi, mi donò un libro e poi mi disse: «Ti piacerà, piccola mia. Sogna con questo libro e immagina di essere al mare. Un giorno lo vedrai e sarà meraviglioso!».

Avrei voluto emozionarmi, o per lo meno dare accesso alle emozioni, lasciarle transitare sulle mie guance rosse, ma non potevo farmi vedere provata dagli altri e, soprattutto, i miei genitori che cosa avrebbero detto? Ringraziai con un sincero sorriso e nascondendo il libro nello scialle azzurro mi diressi verso i miei genitori.

Continua a leggere

Continua a leggere

Il vecchio e il mare era il titolo del libro e non vedevo l’ora di leggerlo. Non potevo aspettare l’indomani e così decisi di iniziare a leggerlo dopo cena, dopo i passatempi con mamma e papà. Quando mi accorsi che stavano andando a dormire, mi diressi in cucina e presi una candela di cera bianca. Con una mano tenevo la candela e con l’altra il libro.

Fui da subito entusiasta e meravigliata. Quel libro mi rapì fin dall’inizio. Con la lettura mi sentivo libera; non che non lo fossi, ma la società di un tempo imponeva regole rigide e noi donne eravamo considerate inferiori. Le donne erano solo brave casalinghe, procreavano, accudivano i figli e aiutavano il marito nei campi. Io guardavo mia madre, una vita di soli sacrifici, ma ho sempre pensato che la vita sia un dono che va colto e goduto a mille, senza riserve.

Mattia continuava a istruirmi sulla grammatica nelle pause durante il lavoro nei campi. Per quanto riguarda la lettura, invece, ero un asso. Facevamo le gare a chi leggeva più velocemente, ma a lui quel gioco non divertiva più, perché a godersi il primo posto ero io ormai! La notte leggevo sempre, mentre lui era costretto dai genitori ad andare a scuola a prendere almeno la quinta elementare, ma non gli piaceva, lo annoiava, diceva. Guardava dalla finestra immaginando la terra e la corsa tra i fiori, le arrampicate sugli ulivi secolari e il raccolto che lo attendeva nel pomeriggio.

2024-04-04

Aggiornamento

Parola d'ordine GRAZIE! Vorrei ringraziare dal profondo del mio cuore tutti coloro i quali hanno creduto nel mio sogno e in me, sostenendomi e attivandosi concretamente nell'acquistare il mio romanzo "Libertà è donna" che ormai ha raggiunto l'obiettivo per la pubblicazione (200 preordini). Tante persone mi hanno aiutata con i passaparola e sono veramente tanto tanto grata a tutto questo affetto che ho ricevuto. Libertà è donna è adesso anche vostra e sono emozionata nel pensare che 200 persone lo leggeranno dal mese di Ottobre in poi. Termino questo piccolo ma doveroso ringraziamento, per ricordarvi che non è finita quì; il romanzo è ancora ovviamente acquistabile e quindi tutti coloro che vogliono leggerlo possono ancora farlo sempre attraverso il sito di BOOKABOOK. Altri obiettivi e altri traguardi mi attendono :-) Più copie vengono acquistate e più raggiungo dei punti di arrivo che mi faranno svoltare nel campo della scrittura. Ancora grazie e tanti tanti auguri a noi! :-) Libertà è donna non vede l'ora di immergersi nelle vostre case. Con estrema gratitudine e affetto, Maria Antonietta Grande

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Maria Antonietta Grande
Maria Antonietta grande è nata nel 1990 in Salento. Docente e scrittrice emergente, si forma con alcuni corsi della Scuola Holden di Torino e nel 2021 partecipa al concorso “L’Italia che vorrei”, vincendo il primo premio per i social e il quarto per la critica con il racconto lungo “Una nuova vita”.
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