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L’incanto del fuoco

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Dafne abita a Milano, studia Lettere e convive con Stefano, il suo fidanzato. Conduce una vita apparentemente normale, se non fosse per alcun sogni premonitori e strane sensazioni che l’assillano da sempre e che d’un tratto diventano sempre più vividi e inquietanti. La ragazza si sente osservata e una data inizia a comparire ovunque: 1612. Presto incontra Filippo, un giovane affascinante che le svela perché quella data continui a tormentarla: lei è la reincarnazione di una strega bruciata sul rogo, a Milano, proprio nel 1612. Dafne è sconcertata e confusa, ma pian piano crede al misterioso Filippo. Inizia a recuperare antichi poteri e, contemporaneamente, rivive parte della sua vita passata, ritornando nella Milano del XVII secolo. Molti misteri sbucano dal passato, intrecciandosi con la storia del capoluogo meneghino, e molti altri dovranno ancora essere svelati…

PREFAZIONE

È reale ciò che vediamo, ciò che sentiamo, ciò che tocchiamo, oppure il mondo è solo un unico immenso inganno? Esiste veramente quella che definiamo realtà? Oppure noi cogliamo solo lo strato piùsuperficiale di qualcosa di molto più profondo, di un mondo misterioso e oscuro, celato ai nostri occhi per la maggior parte del tempo?Questa e altre domande mi ossessionano sin da quando ho memoria. La risposta, ovviamente, non la conoscerò mai.Tuttavia, di tanto in tanto, tra le maglie della vita quotidiana ci è concesso di intravedere per un attimo quel mondo parallelo e misterioso, sempre presente, eppure così assente.

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CAPITOLO UNO

Un vento gelido sibilava forte e irriverente intorno a me. I capelli lunghi mi frustavano il viso, schiaffeggiandolo ripetutamente e oscurandomi la vista. Non riuscivo a vedere quasi nulla e sentivo il gelo penetrarmi sino in fondo alle ossa. Tuttavia riuscii a riconoscere una piccola piazza completamente deserta, oscura, ma avvolta da una strana nebbia luminosa. Camminavo confusa, vedendo solo le mura rossastre e vagamente familiari di una chiesa, con tetti spioventi e tegole poco più scure dei mattoni. Le mura dominavano tutto il piccolo parco circostante. Subito riconobbi piazza della Vetra, una piccola piazza di Milano non molto distante da casa mia. D’un tratto mi voltai, istintivamente, ma mi accorsi che lo scenario intorno a me era improvvisamente mutato. L’erba e i pochi alberi erano spariti e al loro posto c’era uno spiazzo marroncino ricoperto di terriccio fangoso, più ristretto, circondato da basse abitazioni addossate l’una all’altra. La nebbia continuava ad avvolgere ogni mio gesto, stranamente luminosa e terrificante, e io mi avvicinavo alla chiesa, la quale era sempre lì, imponente, a dominare quell’arido spiazzo di terriccio. Avvertii un calore immenso, come un fuoco infernale che si propagava da un punto indistinto, non lontano dalle mura rossastre dell’edificio.Intimorita iniziai a correre, seguendo l’intero perimetro della chiesa, nella speranza di trovare una via d’uscita da quella nebbia soffocante. Finalmente giunsi all’entrata principale, davanti alle antiche colonne romane di San Lorenzo, ed entrai nella basilica. Una cupola gigantesca e altissima era il perno di una costruzione mille volte più ampia e articolata. Cinque cappelle di differenti forme e ampiezze si aprivano lungo i vari lati della chiesa. C’era inoltre un piccolo battistero, forse paleocristiano, mentre simboli e statue inquietanti mi scrutavano severe e quasi indispettite dalla mia presenza. Perché mi guardavano con quell’aria accusatoria? Perché pareva mi stessero fissando come se avessi commesso un crimine orrendo? La chiesa era buia e solenne, pervasa da uno strano silenzio che mi urlava di scappare, di scivolare via in fretta da quel luogo spettrale. Tutto sembrava avvolto da una strana aura magica. Con tutto il fiato che avevo in corpo iniziai a correre, uscii dalla chiesa e tornai nello spiazzo antistante, dove prima avevo riconosciuto piazza della Vetra. Venni schiaffeggiata dalla stessa folata di poco prima. Il vento era ancora gelido come la morte, ma al tempo stesso continuavo a sentire quello strano calore che avevo percepito un attimo prima di entrare nella chiesa. Davanti a me continuavo a vedere lo spiazzo di terriccio fangoso, la nebbia e nient’altro. Finalmente riuscii tuttavia a capire da dove venisse quel calore infernale. In lontananza, nella nebbia, intravidi un enorme fuoco, anzi, forse due o tre fuochi distinti. Intravedevo solo alcune sagome rossastre in mezzo al bianco opaco e lattiginoso della nebbia. Perché mi trovavo lì? Cosa voleva significare tutto questo? Perché tutto d’un tratto la piazza aveva cambiato le proprie sembianze? Cos’erano quei falò in lontananza? Una parte irrazionale di me, sconosciuta e sotterrata dalla mia logica, sapeva esattamente cosa volesse significare tutto questo, cosa fosse quel luogo di un altro tempo, ma, mentre le domande rimbombavano impazzite nella mia testa, udii un suono provenireda un luogo estraneo.Il campanello di casa mia squillò prepotentemente. Quel suono acuto rimbombò nella mia testa e d’un tratto fui riportata bruscamente alla realtà. Finalmente aprii gli occhi. Oddio, era solo un sogno!«Ma chi è?» mugugnai infastidita. Agguantai il cellulare, segnava le 18:45. Mi ero addormentata sul divano. Barcollavo così tanto, ancora intontita dal sogno confuso di poco prima, che quasi andai a sbattere contro il muro prima di raggiungere la spessa porta blindata. Mi aggrappai allamaniglia. «Dafne, apri! Sono io» mi rassicurò Stefano, il mio ragazzo. Aprii con un gesto automatico. «Ciao» farfugliai nuovamente. «Scusami, mi devo essere appisolata sul divano. Tutto ok al lavoro?» gli domandai mentre rigiravo la chiave nella serratura, ma il mio scarso interesse era più che evidente.«Sì, sì, tutto bene. Solito. Tu tutto ok all’università oggi?» Arrancai spaesata alla ricerca delle parole, appoggiando la mano destra sopra al tavolo di vetro del salotto, nel tentativo di sorreggermi. «Sì, tutto bene, ma ho avuto una lezione noiosa oggi. Scusa, ma ho un sonno terribile e non capisco come mai.» La mia voce era un semplice sussurro confuso. Che strano sogno avevo fatto. «Ehm, ti dispiace se mi stendo ancora una mezz’oretta sul letto?»«No, fai pure. Io intanto gioco un pochino alla PlayStation e mi rilasso. Il telecomando?»«È lì» dissi indicando l’apparecchio sul tavolino accanto al divano. Sbadigliai. «Ciao, a dopo.» «Ciao» mugugnò lui, già intento ad accendere la consolle del videogioco.Stefano era un ragazzo abbastanza robusto, alto all’incirca un metro e settantacinque, con dei folti e disordinati capelli scuri, quasi neri. Non era il ragazzo più bello del mondo, ma quando io non avevo ancora compiuto diciotto anni e lui ne aveva ventidue, me ne ero follemente e perdutamente innamorata. Tra noi era scoppiata una di quelle passioni adolescenziali da telefilm e niente aveva più potuto tenerci separati. Stefano aveva sempre suscitato in me una sensazione di tenerezza e di protezione, con le sue ampie spalle arrotondate e il petto squadrato. Poi era veramente buono, nonostante quell’aria da cattivo ragazzo che voleva sempre far trasparire a tutti i costi. Purtroppo la passione si scontra con la realtà e l’incanto spesso svanisce rapidamente. Così Stefano ormai di me si curava ben poco. Mi riteneva una cosa scontata, come accade a molte coppie di tutte le età, specie dopo quasi due anni di convivenza. Io invece sentivo di volergli ancora un gran bene, ma ormai non mi sentivo per nulla attratta da lui, concentrando tutte le mie attenzioni sull’università e sugli amici. A maggio dell’anno successivo avrei compiuto ventidue anni, mentre lui ne aveva già ventisei e lavorava da qualche anno. Io invece stavo per concludere la laurea triennale in Lettere moderne all’Università Cattolica di Milano. Percorsi velocemente il freddo corridoio di casa mia e mi rannicchiai sotto l’immenso piumone che ricopriva il letto matrimoniale. Rabbrividii mentre camminavo. Faceva veramente freddo quella sera. Mi sentii raggelare l’anima. Meglio il freddo che il caldo, in ogni caso, pensai tra me e me. Le alte temperature avevano un effetto terribile su di me, come se ogni raggio di sole mi ricordasse il contatto diretto con il fuoco. Era una tortura insopportabile, anche se non mi ero mai bruciata in vita mia. Perlomeno, non che io ricordassi. Così al mare la tintarella brasiliana era decisamente fuori discussione e io rimanevo perennemente ricoperta da un opaco color bianco lattiginoso, avendo già la pelle piuttosto chiara di natura. Mi raggomitolai ancora di più sotto le coperte per quel gelo autunnale già così intenso. Lì, accovacciata dentro a quel grande letto matrimoniale, mi resi conto che il sonno mi era passato e perciò mi lasciai andare tranquilla e indisturbata alle mie fantasie. I miei pensieri sin da piccola non erano mai stati sereni e tranquilli, neanche quando andavo all’asilo probabilmente. Ero sempre stata in tensione, sempre in ansia, in attesa, senza mai sapere di chi o che cosa. Avvertivo un peso enorme incombere sulla mia vita, come una missione da compiere, ma non riuscivo a comprendere i motivi di quella sensazione. In quel momento non indugiai troppo su quello stato d’animo e ripensai a quel sogno sfacciatamente strano e inquietante concluso qualche minuto prima. Raggelai nel rivedere la nebbia perlacea che avvolgeva piazza della Vetra nella mia mente. Ma perché avevo sognato proprio quella piccola piazza? La conoscevo abbastanza bene. Si trovava nel centro di Milano ed era sovrastata da un’immensa chiesa, affiancata da un piccolo parco in cui era possibile sdraiarsi a studiare e ascoltare la musica. Vi erano anche alcuni locali notturni in cui si poteva fare l’aperitivo e in cui spesso ero andata a bere qualcosa, ma non sapevo proprio perché mai avrei dovuto sognarla e oltretutto con dei toni tanto terrificanti.In quello strano periodo, oltre alla stanchezza normale per gli esami universitari imminenti, pareva davvero che dovessi trascorrere le mie giornate a letto, a immaginare e sognare luoghi misteriosi e volti sconosciuti. Era davvero curioso. Mi convinsi di essere in una specie di letargo invernale. Dormivo poco e male, ma sognavo molto più di prima. Sogni realistici ed estremamente vividi come quello appena fatto, in cui ogni dettaglio sembrava dovesse significare qualcosa. Ogni luce, ogni colore, ogni gesto, rimandava ad altro, a qualcosa da scoprire. Era come un torpore che mi invadeva all’improvviso e costringeva la mia mente ad abbandonarsi a un altro mondo.Mezz’ora più tardi Stefano mi chiamò per dirmi che era pronta la cena. Io non sapevo proprio cucinare, quindi se ne occupava lui, mentre io mi dedicavo alle pulizie e a tutto ciò che riguardava la gestione della casa.Mio padre viveva poco distante, ma era ormai anziano e malato, e conduceva la sua vita senza interferire granché con la nostra. Mi aveva avuta in età avanzata, come spesso accadeva da qualche decennio. Mia madre invece eramorta molti anni prima, quando io avevo appena otto anni. Ormai conservavo pochi ricordi di lei. Mio padre mi aveva donato l’appartamento in cui abitavamo io e Stefano circa due anni prima, quando avevamo deciso di andare a vivere insieme e mi pagava l’università. A me tuttavia pesava parecchio l’idea di gravare ancora sulle sue spalle, nonostante lui avesse una buona pensione dovuta a un passato da dirigente di una grande azienda. Entro luglio, o settembre al massimo, mi sarei laureata e, anche se intendevo continuare a studiare e prendere la laurea magistrale, avrei in ogni caso iniziato a lavorare. «Dai, vieni! È pronto!» mi chiamò Stefano dal gelido corridoio.«Sì, eccomi!» borbottai sollevandomi a fatica. Mi sedetti a tavola, in silenzio come al solito, e la cena trascorse senza novità significative. Stefano durante la cena guardò la televisione senza troppo interesse, cercando di coinvolgermi in qualche conversazione che ritenevo del tutto inconcludente. «Senti…» mi riaccesi dopo una mezz’oretta. «Ti dispiace se domenica sera esco con gli amici? Ho bisogno di staccare un po’. L’università mi sta fondendo il cervello. So che devi vedere la partita con i tuoi amici, per cui non c’è problema, esco da sola.» Il mio tono era quello di una bambina che attende di essere sgridata perché chiede un permesso vietato.«Dove dovete andare?» sbottò prontamente Stefano, tutt’altro che contento.«Ehm, niente. Una cosa tranquilla. Un sushi e poi beviamo qualcosa. Allora, problemi se esco?» Ora la mia voce era diventata più decisa, quasi di sfida, sapendo che lui in quel modo non avrebbe potuto mai dirmi di no.«No, nessun problema. Esci pure senza di me» mi rispose scocciato e tornò a guardare la televisione, fingendo maggior interesse verso il programma trasmesso in quel momento. Sapevo di riuscire ancora a intimorirlo. Ridacchiai sotto i baffi e acciuffai il cellulare. Diedi un rapido sguardo a WhatsApp e alle notifiche di Instagram e Facebook. Niente di rilevante, solamente qualche video con animali che facevano cose buffe.Io ero una ragazza minuta, molto minuta, ma non così fragile come poteva sembrare. Ero sempre stata la più bassa tra i miei coetanei e in generale tra la maggior parte delle persone. I miei soprannomi, a partire dalle medie, erano stati tanti e spesso non del tutto gradevoli a causa della mia statura. Avevo i capelli biondi, un po’ lunghi e solo leggermente ondulati, e due profondi occhi molto scuri, che risaltavano in contrasto con la mia carnagione estremamente chiara. Non ero una di quelle ragazze con gambe chilometriche e decolleté modello antigravitazionale che la gente si volta a guardare per la strada. Dovevo sempre mettermi in punta di piedi, quando ero in coda o in mezzo alla gente, per riuscire a vedere qualcosa oltre il mio naso, però avevo un bel caratterino e sapevo farmi rispettare. E Stefano questo lo sapeva bene. Quella sera avevo vinto io ancora una volta, domenica sarei uscita.

25 luglio 2020

Aggiornamento

Di seguito un'altra bellissima recensione della Bookblogger Maria di "books_therapy"- "Dafne è una normale 22enne milanese, con la sua cerchia di amici, è quasi vicina alla laurea, ha un fidanzato col quale convive ma che ormai non ama più. No un momento, fermi tutti! Dafne non è poi così “normale”: è tormentata da strani sogni e strane visioni, rivive ricordi di situazioni che non ha mai vissuto. È l’incontro con Filippo a rilevarle la sua vera natura: Dafne è una strega morta al rogo nel 1612 è ritornata dopo 400 anni. Ma chi è questo Filippo? Un bellissimo e affascinante conte che ha preferito farsi trasformare in vampiro per aspettarla. Da questo incontro Dafne riacquisterà sempre più la sua memoria e il controllo dei suoi poteri. Ma una strega ancora più potente può cambiare ancora una volta il suo destino. Riuscirà Dafne ad avere la meglio? Un romanzo in cui si sono intrecciati la parte fantasy, un po’ di romance, la storia, il mito e la modernità che mi ha affascinato subito, con un inizio un po’ lento ma piacevole e che prepara ad una fantastica storia: mi è molto piaciuta la crescita della protagonista Dafne, la sua forza, ma soprattutto mi è molto piaciuto il quadro storico di Milano del 1612, la condizione della donna in quel periodo, in cui bastava essere belle e vogliose di indipendenza per essere processate come streghe. Mi è piaciuto come sia stato delineata la figura del vampiro, Filippo, le caratteristiche che lo rendevano immortale ma anche vulnerabile. La modernità del linguaggio lo rende un libro super scorrevole. Secondo me c’è anche un bello spunto per un secondo volume."
02 luglio 2020

Aggiornamento

Recensione del romanzo da parte della pagina della bookblogger Federica di Instagram "CARTA_PAGINE_VITA".
"Dafne sembra, a prima vista, una ragazza come tutte le altre. Con la sua ordinaria vita universitaria, un ragazzo ordinario, amici ordinari e una strana sensazione che la accompagna fin da quando era una bambina.
Infatti, sin dalla tenera età Dafne fa sogni strani, visioni, si sente inquieta nel vivere la vita di tutti i giorni e infatti si sente spesso strana, impaurita e insicura.
La vita di Dafne cambia quando, un mese prima del suo compleanno, fa la conoscenza di Filippo che le rivela un grandissimo segreto che le appartiene e che risponde a tutti i suoi dubbi e domande.
Solo grazie alla presenza di Filippo, Dafne potrà riprendere in mano la sua vita e far sparire tutta la sua insicurezza che l'ha sempre accompagnata."
Ho avuto l'onore di leggere questo libro in anteprima e devo dire che mi ha piacevolmente sorpreso.
Dafne è un personaggio stupendo. Nasconde dentro di lei un segreto gigantesco eppure ognuna si può tranquillamente rivedere in lei.
In più, il suo personaggio cresce all'interno del libro in maniera divina.
Da ragazza insicura, prende sempre più coscienza di sé fino a trovare la sua forza dentro di lei.
È un personaggio ben caratterizzato e non lasciato al caso.
Cosi come Dafne, anche Filippo è un bel personaggio. Così nobile e così ben descritto. Mantiene fede all'essere che è senza ricadere nella banalità.
E anche i personaggi di contorno non sono semplici comparse ma ogni personaggio è inserito bene all'interno del libro tanto da non essere inutile.
La storia in sé all'inizio è molto descrittiva, sembra come se i personaggi ci raccontassero semplicemente le loro vite senza che succeda qualcosa di particolare, e questo lo rende un po' pesante, però un certo punto cambia. Cambia completamente e la storia prende di dinamicità.
Tanto che è quasi impossibile smettere di leggere.
Questo romanzo fantasy, è molto curato nei dettagli. E non è solo fantasy ma è anche storico.
E tutta la parte storica non è messa a caso, ma c'è uno studio accurato dietro.
Come ho già detto, questo romanzo non ha niente di meno rispetto ad altri che ho letto e Dafne è il top."
22 April 2020

Aggiornamento

Segnalo un articolo che parla de L'INCANTO DEL FUOCO, ma presto ne arriveranno altri! L'articolo è uscito in data 11 aprile sul quotidiano online "L'Osservatore Meneghino", assolutamente appropriato, dato che il romanzo si svolge a Milano ai giorni nostri e nel XVII secolo, ripercorrendo in parte la storia ed i luoghi simbolo, del capoluogo meneghino. Sotto il link. https://www.osservatoremeneghino.info/11/04/2020/il-crowdfunding-per-lincanto-del-fuoco/

Commenti

  1. Rosanna Fiorino

    (proprietario verificato)

    Ho preordinato il libro e ho letto le bozze in due giorni mentre ascoltavo Aradia degli Inkubus Sukkubus. Questo romanzo cattura l’interesse del lettore tra misteri e leggende, in ambientazioni che ricordano un po’ quelle di Anne Rice, anche se trasferite in Italia, in una Milano che fa da scenario perfetto alla storia di Dafne/Costanza che vive ai nostri giorni ma contemporaneamente rivive il suo passato di strega.
    Non vedo l’ora di leggere il romanzo nella sua versione definitiva, sarà un’ottima motivazione per rileggerlo una seconda volta, con la stessa passione e curiosità della prima. Complimenti all’autrice.

  2. (proprietario verificato)

    Io l’ho letto tutto di un fiato! è molto avvicente! Sarò di parte perchè si svolge a Milano e luoghi e persone mi sembrano famigliari 🙂
    E’ sicuramente un modo per evadere dalla pandemia e vagare in un mondo fantasy giusto proprio fuori dalla nostra finestra. buona avventura!!!

  3. (proprietario verificato)

    l’ho iniziato stamattina e sono arrivato all’ottavo capitolo… Niente da dire, l’intreccio del romanzo mi sta coinvolgendo molto, per il momento non posso che dire: complimenti Sig.na Rapisarda, sai come afferrare il lettore e avvolgerlo in una suspence unica

  4. (proprietario verificato)

    Come cantano i Placebo nella loro splendida “Sleeping with ghosts”: <> Lo so, è un po’ riduttiva come citazione per introdurre e descrivere questo romanzo fantasy della debuttante Cristina Elisabetta Rapisarda, ma ne costituisce uno degli elementi narrativi. In una Milano inconsueta e incredibilmente pregnante di storia e mistero, una ragazza ignara di essere una strega reincarnata ritroverà i suoi poteri magici anche grazie a un amore sopravvissuto 400 anni. P.s. Accattativìllo!

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Cristina Elisabetta Rapisarda
classe 1989, milanese, ma di padre siciliano, è una Dottoressa Commercialista specializzata in fiscalità d’impresa. Dopo la maturità classica, si è laureata in Economia e gestione dei beni culturali e dello spettacolo e poi in Economia e legislazione d’impresa presso l’Università Cattolica di Milano. Da sempre appassionata di storia ed esoterismo, subisce il fascino delle filosofie neopagane e della Wicca. Vive a Milano con suo figlio di tredici anni e la sua cagnolina di nome Perla.
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