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L’ironia della morte

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Albert è un illustratore freelance e uno scrittore umorista. La crisi del settore editoriale e la precarietà del suo lavoro lo portano a formulare profonde riflessioni sul senso della vita e sulla sua stessa esistenza, anch’essa, per forza di cose, precaria (come le sue storie d’amore, del resto). Saranno una lettera inaspettata e la visita al paese natio a farlo rituffare nei ricordi agrodolci della sua giovinezza, all’origine della profonda angoscia e dell’insoddisfazione che lo tormentano da sempre e alle quali finora è sopravvissuto sviluppando uno strano istinto di sopravvivenza: l’ironia.

CAPITOLO UNO

Un mercoledì, non certo da leoni, me ne sto ad armeggiare alla scrivania. Mattino storto, nemmeno un carato in bocca. Decisamente facile presagire, dunque, come saranno le prossime ore: una bella rottura di maroni. Conseguenza: uno stizzito malumore. Quasi spezzo la gabbia toracica di Willy, lo scheletro di plastica che sto costruendo. Perché costruisco uno scheletro? Perché mi va. Nessun motivo in particolare. Serve sempre una spiegazione? È un passatempo. Uno come tanti. Punto. Completato il teschio, la colonna vertebrale e posizionato il coccige, oggi toccherebbe ai segmenti posteriori delle costole. Poche ancora le frattaglie, molto poche: solo il polmone destro. D’altronde, fin quando non viene chiusa l’intera volta del torace, nessun organo può esservi collocato. Non c’è fretta, insomma. Devo attendere le uscite dei futuri incastri. Pazientare. Sai che novità.

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Circa l’organismo in carne e ossa, ovvero quello del sottoscritto, non è importante sapere chi io sia dove abiti e bla, bla, bla. Diciamo questo: sono un pincopallino, uno dei tanti. Certo, ho un nome, Albert, e anche un cognome. Tutti dati irrilevanti, in fondo. Tanto, parliamoci chiaro, presentarsi, di regola non aggiunge granché a una formale conoscenza, no? Come il farvi sapere, per quel che mi riguarda, come io viva, come sia fatto o che età abbia. A che servirebbe? La questione non cambierebbe di un millimetro.

Mi girano le scatole, questo è il punto.

D’altronde, non potrebbe andare in altro modo, viste certe questioni che non reggo più. Quali? Be’, prima di tutto la vita, la mia e quella in generale, che sono quello che sono. Poi, il mondo, che va come va. E, Dio, o chi per esso, che se ne sta lì a guardare delle vite che sono quelle che sono e un mondo che va come va. Infine, tutti questi fatti messi insieme che, ciliegina sulla torta, finiscono regolarmente con il rammentarmi un’ulteriore cosa altrettanto insopportabile: non esistono spiegazioni plausibili al riguardo. Insomma, quello che intendo è che uno, da quando viene al mondo, si chiede: nel nome di chi o di che cosa avviene tutto quanto? Secondo i disegni imponderabili di un Padreterno, infallibile, possente e imperturbabile? O tutto gira in virtù di indiscussi principi stabiliti da una Madre Natura che, fatto curioso, solo quando la vedi dipinta morta dici: «Cribbio, che bella!»? O in base a delle scelte dettate da quel diavolo di libero pensiero che, alla faccia di ritenersi libero, è sempre frutto di un qualche autoconvincimento? Nessuna risposta, mai. Cribbio.

Allora, adesso, mi sono proprio rotto. Di che? Di ricorrere al solito, consolatorio, artificio conclusivo: tirare in ballo il destino. Che senso ha prendersela per l’ennesima volta con questa vuota parola? Inventata ad arte per motivare cose immotivabili? Nessuno, dai ammettiamolo. Significa, come sempre, solo perdere tempo, sprecare fiato.

Il sole, stamani, si è levato alle sette e ventiquattro. Tramonterà alle diciassette e venticinque. Così, almeno, dice quel diavolo di calendario appeso al muro. Il cielo è bello nuvoloso, al contrario della mattina precedente. Conferma quanto quel diavolo di previsioni meteorologiche hanno annunciato. Porca miseria: anche ’sta volta ci hanno azzeccato. Nel preciso istante in cui mi sono svegliato, il mio cuore ha battuto, fino a questo momento, un miliardo quattrocentosessantuno milioni e ottocentottantottomila volte. Andando a ritroso, con un banale calcolo matematico, da tale cifra potrei arrivare, minuto più minuto meno, fino a quando nel ventre di mia madre Eloise alcune cellule si sono assemblate nel miracoloso abbozzo del mio curioso organismo. Ragionando ancora in questo modo, potrei risalire addirittura oltre: all’istante in cui, per la prima volta, il mio cuore ha preso a funzionare. Calcolando una media di cinquantotto/sessanta battiti al minuto, secondo quel che riportano i sacri testi medici, e tenendo presente un certo numero di extrasistole, la particolare conformazione del mio organo cardiaco, nonché la mia indole sportiva, il conteggio può ritenersi più che attendibile. Considerando, infine, che tra le ore sette e trenta e le ventiquattro di oggi intercorreranno sedici ore e mezzo, c’è da attendersi che anche in quest’arco di tempo il mio muscolo cardiaco pulserà sangue in tutto il corpo a un ritmo complessivo di cinquantanovemila e quattrocento battiti.

Secondo questo punto di vista, cosiddetto scientifico, c’è ben poco da discutere: la vita dell’individuo Albert è tutta qui. Secondo altri punti di vista, invece, ci sarebbe anche dell’altro da considerare. Ma il venirne a una certa comprensione non è affatto cosa da ridere, ammesso che a qualcuno possa interessare. Perché tutto dipenderebbe da una straordinaria coincidenza di molteplici fattori. Capire, capirsi, farsi capire, dal mio punto di vista, non è mica una cosa tanto ovvia, come tanta gente invece crede. Proprio per niente. È un po’ come il darsi da fare per azzeccare i numeri della lotteria: difficile, possibile, casuale, impossibile, superfluo, straordinario, tempo buttato.

2022-02-12

Aggiornamento

Ho raggiunto la quota prevista delle 200 copie preordinate necessarie per la pubblicazione del mio libro. Ringrazio sinceramente tutti quelli che hanno contribuito a farmi arrivare a questo obbiettivo sperando che il mio libro possa essere di loro gradimento soprattutto nell'accompagnare in qualche ora di piacevole lettura. La mia campagna, si concluderà di fatto il 23 dicembre, restando quindi ancora del tempo per chi volesse, ulteriormente, o se in ritardo, preordinare qualche altra copia ( dalla settimana prossima, o quella dopo, credo ci sia possibilità anche di una scontistica). Ancora grazie e, per quando vi arriverà il romanzo, buona lettura! Roberto Bonistalli
2022-09-22

Aggiornamento

L'idea di questo libro, come si può leggere anche nell'anteprima, nasce dal desiderio di svelare al lettore quali strani percorsi compie la mente di uno scrittore umoristico ( così come quella di tutti i creativi) per giungere alla produzione delle proprie opere. Sono tragitti del tutto personali, ovviamente, ma generalmente caratterizzati da un comune vissuto nel quale il dolce e l'amaro sono presenti in eguale dosaggio. Il dolce, perché definito dal piacere di portare alla luce un qualcosa di estremamente intimo; l'amaro, perché, di solito, è un vissuto contraddistinto da difficoltà, sia soggettive che oggettive, nel riuscire a far conoscere al mondo il proprio pensiero. Albert, il protagonista del mio romanzo, vive appieno questa duplicità: il piacere di smontare, con le sua ironia, i beceri luoghi comuni di cui siamo, anche inconsapevolmente, imbevuti e l'aver capito di quanto le persone non si accorgano, di contro, della poca consapevolezza presente nelle varie circostanze che definiscono il loro modo di essere.

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Roberto Bonistalli
Vive a Verona. Con il gruppo Giunti-Demetra ha pubblicato parecchi libercoli umoristici. Attualmente, data la crisi del settore editoriale specifico, lavora come giardiniere cercando di mantenere la vena ironica e umoristica intrattenendosi con rose, ciclamini, nasturzi e filosofeggiando spesso e volentieri con gramigna, erba medica e pungitopo. Cerca di essere ottimista, insomma. Non ha alternative, d’altronde.
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