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Lisa Cannella – Diario di un Burn Out

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Lisa Cannella, assistente sociale, è al limite del burnout. Schiacciata da un lavoro estenuante, si ritrova in una situazione sempre più critica: un utente con gravi squilibri mentali diventa ogni giorno più pericoloso, il caos regna in ufficio e i suoi superiori sono assenti e indifferenti. Incapace di condividere i suoi tormenti con chi le è vicino, Lisa decide di scrivere un diario a Mimì, sua migliore amica ed ex collega, e, attraverso questo flusso di emozioni e riflessioni, riesce a dar voce alle sue paure e fragilità. Aggrappandosi a una promessa fatta con l’amica anni prima – trovare sempre un pensiero felice per sopravvivere al dolore – Lisa cerca un equilibrio tra il caos lavorativo e il desiderio di ritrovare serenità. Tra momenti di paura e vulnerabilità, ma anche di speranza, Lisa è costretta a prendere decisioni difficili, cercando una via d’uscita e la possibilità di un nuovo inizio.

Prologo

«Ma voi non la conoscete la leggenda delle capuzzelle del Palazzo Donna Elena? Mo ve la racconto un’altra volta, la dottoressa forse non la conosce.»

La signora Maria ha questo forte legame con il “Donna Elena”, come lo chiamano da queste parti, ed è impossibile evitare di fermarsi con lei almeno una volta passando di qui. Tutti devono essere informati della leggenda che interessa il palazzo. Ogni faccia nuova deve necessariamente sapere. Una tappa obbligata, un dazio.

Pare che in passato, donna Elena fosse rimasta vedova alquanto giovane. Il marito non riuscì a conoscere l’ultimo piccolo, nato dopo la prematura scomparsa di lui. Come vanto, la gente del popolo le riconosce di essere stata fedele al tanto amato marito fino alla morte, sebbene anche alcune domestiche apparissero alquanto addolorate dal lutto. A seguito di questo sfortunato evento, si dice che Elena divenne talmente gelosa dei suoi tre figli maschi, che nessuno di loro riuscì mai a prendere moglie.

Dopo il grande portone d’ingresso sulla destra, c’è una targa sulla quale è possibile leggere Palazzo Donna Elena e sotto si intravede solo un trattino, come se stesse a dividere due date. Poi, ben visibili un “uno” e un “nove”. La gente del posto è fermamente convinta che la signora si sia spenta proprio il primo settembre di non si sa quale anno e che di lì a seguire i figli volarono via l’uno dopo l’altro, il primo di ogni mese successivo: ottobre, novembre, dicembre. Come se lei, possessiva e morbosa nei loro confronti, li avesse richiamati a sé per possederli così come aveva fatto in vita.

«Eh, nennè, ve l’ho detto. Nun perdite o tiemp’ a ve mett’ r paur. Scappate! Questo vico è solo pene, sciagure e maledizioni!»

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14 ottobre 2019.
Giallo lupini

Appena sveglia, trovo accanto al divano il trolley grande con attaccato un foglio A4 sul quale spicca una scritta.

Sono già mezzo pieno, se completi l’opera partiamo per le 19! Ti amo, Salvatore

Cavolo sono le cinque e mezzo! Ho dormito tutto questo tempo? E soprattutto, chi è Salvatore? Ah, sì! Che scema! Salvatore è il trolley.

Sì, gli abbiamo dato un nome. Ci “salva” sempre perché è molto capiente. Di ritorno dai viaggi riusciamo a infilarci tutti i souvenir e i milioni di regalini che acquistiamo con spensieratezza senza prendere in considerazione il fatto che poi potrebbero non entrare in valigia.

Ok, mi sento terribilmente in colpa, mi ha ancora una volta spiazzato.

Prendo il cellulare e mando un messaggio su WhatsApp a Gianni G., mio marito.

Un certo Salvatore mi ha invitato fuori per il week-end. Che faccio, accetto? Non ho idea di dove andremo

Mi risponde.

Accetta pure! Questo Salvatore è un tipo in gamba! E poi, perché dici che sarà solo per il week-end?

Mi assale l’ansia, cosa cavolo gli dice la testa! Ho degli impegni di lavoro già definiti e dovrei comunicare l’assenza!

Intanto che ragiono, arriva un altro messaggio.

Non farti prendere dall’ansia, dopo quello che è successo, non ti permetterò di tornare al lavoro lunedì, Lisa

Mi spia? Mah! Mi conosce, che nervi! Ok, infilo qualunque cosa dentro Salvatore, combattivo compagno di viaggi ormai da circa dieci anni, che ancora resiste.

Sono pronta per le diciannove. Gianni G. arriva, lo amo. Maledetto, mi ha fregato ancora.

Il tempo di una doccia, passiamo a prendere i bambini dai nonni e via. No, non abbiamo fatto l’amore nemmeno stavolta, ero troppo stanca. Eppure, avevo dormito tanto.

Auto, luci serali, musica. Il tettuccio trasparente dell’auto è meraviglioso, si vedono le nuvole, le stelle e i colori del cielo che cambiano via via all’imbrunire. Aveva ragione lui, valeva la pena prenderlo. Ma magari non glielo dico.

Arriviamo dopo un paio di ore in un villaggio turistico che conosco già: mare, piscina, relax e… Ehi! Ma quelli li conosco! Oh, cavolo, abbiamo raggiunto gli amici, gli amici di sempre! Simo, Gloria, Manu, Ettore e Francesco.

Ma come fa a essere così, così maledettamente e fastidiosamente organizzato e sorprendente?

Casette attigue, barbecue acceso, profumo di carne sul fuoco. Mi abbracciano. Piango. Non posso parlare adesso, posso piangere, però. Non mi fanno domande. È evidente: i dettagli li conoscono già. Manca solo Rosi, ma mi arriva un messaggio di lì a poco.

Sono da mia sorella a Palma, non muoverti da lì, intesi?

Non fare altre cazzate Lisa, prenditi una pausa che non casca il mondo! Mia madre, solita esagerata, è già all’opera con il rosario.

Mi aspettavo più parolacce da Rosi, a dire il vero. Le avrò fatto pena! Sua madre è da sempre la mia “spacciatrice di rosari” personale. Ogni volta che succede qualcosa, basta un messaggino e attacca con il rosario personalizzato. Troppo forte!

Mi siedo e va già meglio. Mi sento lontana anni luce da tutto. Abbraccio le gambe sulla sedia. Piedi nudi. Adoro stare a piedi nudi. Ginevra e Giacomo, i nostri due bambini, sono crollati in auto e via, dritti a letto. Forse ne avevo bisogno.

Manu mi porge una birretta. Sì, mi va.

Gianni G. improvvisamente si alza, con quel suo fare ironico e sexy, si schiarisce la voce e dichiara in tono solenne: «Siamo tutti qui riuniti, per festeggiare il fatto che sono tre giorni che Ettore non fuma».

Provoca un applauso generale.

«Durante questa settimana lo aiuteremo in questa impresa: superare l’astinenza da nicotina!»

E tutti ancora ad applaudire e ridere.

Che scemi! So bene che sono lì per me.

«È una cosa seria, impresa difficile, ma noi ci siamo attrezzati bene.» E indica il tavolo di plastica bianco pieno di patatine, noccioline, merendine, birrette e lupini. Lupini gialli. Il barattolo più grande di lupini che abbia mai visto.

Gianni G. mi si avvicina e dice a voce bassa in un soffio, quel soffio che conosco bene e che da anni ormai mi fa pensare che qualcosa abiti il mio stomaco: «Che fa, lo cambiamo questo numero di telefono?».

Non sono certa di farcela. Mi porge la mano. Dopo un attimo di esitazione, mani sudate, cuore in tempesta, lacrime in risalita, glielo consegno. Sì, sono consapevole e pronta. È la cosa migliore da fare. Pochi minuti dopo, ho un numero nuovo.

La vita prima, quella del 391, quella da assistente sociale reperibile H24 volge al termine. E io ho l’ansia. Non sono certa di farcela, condividerò l’astinenza con Ettore, mi sa, il quale mi invita ad attaccarmi a un bicchiere pieno di lupini gialli.

Ancora applausi: Manu ha come sempre sfoggiato il solito casatièllo take-away per le occasioni importanti.

«È proprio così, inutile dire che si ha la tendenza a ingrassare, che l’età avanza, che il metabolismo rallenta» dice. «Quello che ci metti dentro, quello trovi. Come il casatièllo. Perciò non riesco a dimagrire.»

Spunta Simona dalla casetta con un PC aperto in una mano e un microfono quasi vero nell’altra. Segue Gloria con una cassa esterna: è l’ora del karaoke. O meglio, è l’ora in cui Simona ci costringe al karaoke retrò: Se bruciasse la città, La prima cosa bella, Ma che freddo fa. Insomma, roba seria!

Troverai qui tutte le novità su questo libro

Commenti

  1. Raffaele Gabbanelli

    (proprietario verificato)

    Sembra molto interessante !

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Elisabetta Ferone
Elisabetta Ferone, nata nel 1986 a Napoli, vive immersa nella cultura, nelle tradizioni e nei colori della sua città. Da anni lavora come assistente sociale sul territorio partenopeo, esperienza che alimenta quotidianamente il suo legame con la realtà locale. Il suo romanzo d’esordio, “Lisa Cannella. Diario di un burn-out”, nasce dall’incontro tra il suo intenso vissuto professionale e la sua profonda passione per la scrittura.
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