La leggenda dei Boschi Eterni è solo una storia, o almeno così si dice. Eppure, prima di morire, la nonna di Elrod dona al nipote la mappa segreta per raggiungerli. Spinto dalla curiosità e dalla voglia di esplorare le regioni ignote del mondo, Elrod convince il cugino Amil a imbarcarsi in un viaggio rocambolesco, alla ricerca di questi territori leggendari e del tesoro che custodiscono. La strada non sarà priva di ostacoli, e l’approdo su un’isola misteriosa metterà alla prova il coraggio di Elrod e dei suoi compagni, che si troveranno coinvolti in un’aspra guerra tra due popoli nemici.
Capitolo 1
Coperte tirate fino al petto, mani dietro la nuca.
I suoi occhi marroni si abbassavano e si alzavano, sonnolenti, a osservare le travi sul soffitto. Ragnatele tese fra angoli scuri trattenevano insetti microscopici e polvere, in alcune zone il legno era così scuro che sembrava carbonizzato.
Si passò la lingua sui denti, con la sensazione di avere un letamaio in gola. Era disidratato, la lingua gonfia, forse a causa di un morso autoinflitto, e coperta da una sorta di patina farinosa.
Trattenne il fiato, raccogliendo i ricordi della sera precedente.
Nella sua mente veleggiavano frammenti d’immagini, in diversi momenti, scollegati fra loro. Senza una logica. Non sapeva come fosse finito in quel comodo letto, in compagnia di quella donna dalla folta criniera rossa che adesso gli rivolgeva la pelle bianca della schiena; qualche sporadico neo le conferiva una sensuale imperfezione. Non era però difficile immaginare la dinamica del loro incontro: lui ubriaco, in condizioni deprimenti (davvero deprimenti), lei che lo adesca al piano di sotto e lui che cade nelle sue braccia, senza opporre la minima resistenza, dandole gli ultimi spiccioli che conservava gelosamente nelle brache.
Sbadigliò, pensando che di lì a poco avrebbe dovuto alzarsi e uscire. Non era sicuro di averla pagata, anche se era veramente raro che una prostituta da bordello si offrisse senza un versamento in anticipo. A ogni modo, l’idea di una possibile prestazione sessuale gratuita lo mise di buon umore. Socchiuse gli occhi, concedendosi ancora un istante. Il vociare e lo scalpiccio della gente che camminava nella via di fronte provenivano dalla finestra socchiusa sotto forma di echi. Quasi una melodia rilassante.
Il grugnito della donna, che sobbalzò facendo tremare il letto, rovinò il momento. Elrod dischiuse gli occhi, le guardò la schiena che ancora sussultava impercettibilmente per poi ridere portandosi la mano alla bocca, per non fare rumore.
Meglio non svegliarla, ragionò temendo di doverla ancora pagare.
La ragazza mosse la testa, rivelando per pochi secondi una guancia magra, il naso a punta, il trucco sbavato. Quella visione ebbe l’effetto di riportargli alla mente un ricordo, come se la bolla che lo aveva nascosto fosse scoppiata.
Lui seduto al banco, a scolarsi uno di quei liquori disgustosi che corrodono lo stomaco e stordiscono peggio di una mazzata in testa, l’aveva vista in compagnia di un vecchio bavoso che continuava a toccarle le gambe, a guardarla come fosse un trancio di carne da macellare. Aveva quindi atteso che il vecchio bavoso si assentasse per andare a svuotarsi la vescica in bagno (chi non lo faceva quando si bevevano litri di birra?), per precipitarsi da lei, scambiare un paio di frasi disconnesse, biascicate, metterle un paio di monete nel reggipetto e trascinarla al piano superiore, nell’intima oscurità della stanza, che allora gli era sembrata una suite di lusso, ma che adesso si rivelava una comune stanza di un bordello di basso borgo. Gli strali di luce che venivano dalle ante socchiuse dalla portafinestra, rischiaravano infatti le pareti annerite, l’armadio martoriato dalle tarme, l’odore stantio, le lenzuola che avevano visto passare parecchia gente.
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Si girò, dandole le spalle.
Sul comodino, una bottiglia era piena di vino sino a metà e per terra c’erano i suoi calzoni, la camicia e gli scarponi sporchi di fango.
Nel girarsi di nuovo gli sfuggì un rutto.
Quel luogo iniziava a dargli un senso di sudiciume. Chissà quanti clienti erano passati prima di lui e probabilmente si erano puliti i genitali usando le stesse lenzuola con cui si stava coprendo, pensò con un brivido che gli correva lungo la schiena.
L’idea però di vestirsi e tornare a casa gli fece contorcere lo stomaco. Un senso di vuoto gli allungò il viso dandogli un aspetto più cupo, pensieroso.
Piuttosto di rincasare, avrebbe girovagato per le vie di Nerres, chiedendo l’elemosina, oppure sgraffignando una pagnotta di pane per colazione. Oppure poteva restare un altro po’, rifletté, sperando che le dipendenti del bordello gli avrebbero offerto da mangiare.
Quest’ultima soluzione lo fece sorridere, cancellando le ombre pensierose sul suo volto. Quale medicina migliore dell’essere circondati da femmine belle e seducenti?
Degli strepitii improvvisi accalappiarono la sua attenzione. Erano donne quelle che urlavano ed erano uomini quelli che brontolavano e sbattevano i piedi con la stessa grazia di una mandria di vacche.
Cosa succede? si domandò immaginando un gruppo di persone litigare. La risposta al suo quesito giunse pochi secondi dopo, nel riconoscere una voce cavernosa e indignata.
Imprecò muovendo le gambe sotto le lenzuola, come se d’un tratto il materasso si fosse trasformato in un tappeto di tizzoni ardenti. Non fece però in tempo a sedersi che la porta si spalancò violentemente. Imprecò di nuovo, ad alta voce, balzando in piedi agilmente sul materasso, malgrado la testa che vorticava e lo stomaco che gli chiedeva pietà. Completamente nudo. Come mamma lo ha fatto, si suol dire.
Tre uomini corpulenti entrarono, disponendosi ai piedi del letto. Le loro espressioni torve non preannunciavano nulla di buono.
«Buongiorno… Avanti» bofonchiò Elrod, cercando di fare il simpatico.
Un quarto uomo fece capolino. Il più vecchio fra tutti, basso, fatticcio, calvo, naso schiacciato sopra due labbra inesistenti. Si mise fra due uomini, appoggiando le mani sulle loro spalle, come fossero due tronchi d’albero. «Elrod Vun Reik.» Gli occhi neri e perfidi del tipo basso e calvo si posarono per un attimo sul suo membro, prima di tornare al suo viso. «Ti ho cercato per giorni, sai? E devo dire che per un momento ho temuto che te ne fossi andato. O peggio… Che qualcuno ti avesse spaccato quella tua testolina bacata. Un uomo morto non può restituire i debiti, no?»
Scoppiò in una risata, come se avesse appena pronunciato una battuta di spirito. Di rimando, anche i suoi scagnozzi risero.
«Ho… Ho avuto i miei impegni, sai…»
Gli uomini smisero di ridere e in quel preciso momento la ragazza sbadigliò, senza però aprire gli occhi.
Elrod la guardò per un attimo con un sorriso da ebete per poi tornare a focalizzarsi sui quattro uomini. La fronte gli sudava e i muscoli erano contratti dall’ansia. Si era completamente dimenticato di quella faccenda. Doveva un sacco di soldi a quel prepotente di Screode e, dopo tutti quei giorni a ubriacarsi, gli unici spiccioli che possedeva in quel momento erano qualche moneta nei pantaloni.
«Ho avuto da fare, ma troverò i soldi…»
Screode non gli fece finire la frase che urlò con voce indignata: «Sai chi sono io, pezzente? Non ti trovi con l’osso del collo spezzato solo perché conoscevo il tuo vecchio e lo rispettavo».
Elrod balbettò un paio di scuse.
La faccenda stava prendendo una brutta piega. Doveva tergiversare, imbonire Screode e i suoi uomini, che avevano tutta l’aria di volergli dare una lezione.
«Ho avuto problemi famigliari e sono stato… Sono stato via.»
Fare la figura del miserabile, del bisognoso, funzionava molto spesso. Sapeva però di non essere molto credibile, si trovava in un bordello e in più Screode non era conosciuto per essere un criminale dal cuore buono. Anzi, tutt’altro.
E infatti gli rispose per le rime: «Non avevi problemi famigliari quando giocavi a carte con i miei soldi». Le vene che gli pulsavano sulla fronte lo facevano assomigliare a un toro infuriato. «Sono stato troppo buono con te. O mi dai i soldi adesso o ti spezzo le ossa a una a una.»
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