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Lo sconosciuto

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Hans è un giovane uomo innamorato della vita e di sua moglie Anna, ma con un segreto da custodire: il nascondiglio di suo padre, Josef. Il dottor Mengele, criminale di guerra, è tristemente famoso per i suoi esperimenti su gemelli omozigoti nel campo di Auschwitz. Terminato il conflitto riesce a fuggire e a nascondersi a San Paolo del Brasile. Qui conosce Ines, una giovane donna che lo farà rinsavire riavvicinandolo alla parte più remota del proprio Io. Parallelamente la sua famiglia, suo figlio e le sue vittime cercano di rimettere insieme i cocci di una vita distrutta dal terrore, nell’arduo tentativo di concedere il perdono.

Capitolo uno

Non staccherò gli occhi dal monitor degli arrivi fin quando non vedrò comparire la scritta: San Paolo – Atterrato.

L’uomo che uscirà da quell’aereo potrebbe essere diventato per me un perfetto sconosciuto. Lo sarà, almeno in parte. Mio marito non è mai stato quel tipo di persona che si confida con gli altri, non si sfoga mai, non ama esprimersi. Segnato dall’enorme macigno delle colpe di suo padre, ha imparato fin dall’adolescenza a convivere con i mostri che tiene dentro. O, perlomeno, a non farli fuoriuscire in nessun modo. Credo l’abbia fatto anche per proteggermi. Con il tempo ho imparato a parlare con lui attraverso gesti e silenzi, a distrarlo dai fantasmi, a fornirgli un rifugio dai sensi di colpa.

Cosa sarà cambiato adesso?

San Paolo – Atterrato.

Mi precipito verso il gate. L’attesa sembra infinita, cerco di scorgere il volto di Hans, mi pare escano tutti meno che lui fin quando iniziano ad arrivare i primi passeggeri.

Eccolo con la camicia blu mare, i pantaloni color cammello e una giacca posata sul braccio con eleganza, mentre trascina il trolley con un’aria indaffarata. Lo vedo fermarsi, guardarsi intorno per cercare il mio viso.

Dopo alcuni giorni, ci troviamo nuovamente l’uno di fronte l’altra. In silenzio, cerco di capire dai suoi occhi se vi è stato un cambiamento nel suo animo.

Spero non sia accorga di questa mia premura. Nel suo sguardo, in effetti, vedo una distesa di amarezza e malinconia. Prova a celarla, alzando il lato destro della bocca in quello che dovrebbe essere un accenno di sorriso.

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Mi metto al volante per dirigerci verso Würzburg.

Da Francoforte sono circa due ore a mezza di macchina. Ogni tanto cerco di sbirciare il viso di Hans con la coda dell’occhio.

Guarda fuori dal finestrino. Stiamo in silenzio, un silenzio non così insolito per noi, ma comunque abbastanza insopportabile, considerando il suo profondo turbamento.

Dopo circa due ore di viaggio, mi faccio coraggio.

«Non so cosa ti abbia detto, ma ti avevano preparato al peggio.»

Sospira.

«Sì, Anna, ma…» Tira indietro la testa verso il sedile, sospira nuovamente, questa volta chiudendo gli occhi, come a cercare parole che non riesce a trovare.

Non appena apro la porta di casa provo un sentimento di sollievo immenso. Il nostro appartamento, le sue pareti giallo ocra, i comodi sofà, il parquet, il camino, finalmente tutto sembra riacquisire colore e calore dopo la sua assenza. Non appena chiudo la porta, mi bacia, trattenendo la mia testa tra le sue mani per qualche secondo.

Si stravacca sul divano mentre io, senza che lui me lo chieda, vado a preparargli un bagno caldo.

«Hans, il bagno è pronto.»

«Vieni anche tu?» mi chiede.

Mi immergo nell’acqua bollente. Questo calore e questa nudità sembrano essere le condizioni ideali per poter far uscire, finalmente, quello che trattiene.

Osservo la notte calare sul parco al di là della grande vetrata proprio accanto alla vasca.

Hans aspira un tiro di sigaretta. Poi, finalmente, senza riuscire a guardarmi, rompe il silenzio.

«Speravo mi dicesse che aveva provato a essere trasferito al fronte, invece…» Rimuove la cenere dalla sigaretta, prima di rimetterla in bocca ed emettere un cerchio di fumo nell’aria.

Il suo tono calmo, freddo, è solo una povera arma di difesa.

«Hans, non dico di capirti, non credo di poterlo fare. Ma ricordi? L’aveva scritto: “Non chiedermi di giustificarmi. La mia tolleranza ha un limite”.»

«Pensavo non significasse necessariamente che era lì, perché voleva stare proprio in quel posto.»

«Cosa speravi? Di trovare davvero un uomo pentito?»

«No, non mi sono mai illuso di questo. Speravo di capire.»

Respira profondamente, sofferma lo sguardo pensoso su una scia di sapone che fluttua nell’acqua, poi aggiunge: «Ma mi arrendo. Nessuno può capire fino in fondo questa storia».

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Valeria Carmen Caputo
È nata nel 1997 a Potenza. Dopo la laurea triennale in Scienze politiche ha conseguito la laurea specialistica in Scienze del Governo e Politiche pubbliche presso l’Università degli Studi di Trieste. Attualmente è assegnista di ricerca presso l’Università degli Studi di Sassari e senior analyst presso IARI-Istituto Analisi Relazioni Internazionali. “Lo sconosciuto” è il suo romanzo di esordio.
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