Lavinia, liceale studiosa e responsabile, è fidanzata con l’atleta della classe, Marco, e divide il suo tempo tra scuola, amici e famiglia. Durante una lite, scoppiata tra i suoi compagni di classe, difende il ragazzo considerato da tutti noioso e solitario, Leo. Approfondendo la sua conoscenza, però, Lavinia scopre che il giovane nasconde un segreto molto intrigante. L’occasione perfetta per manifestare il talento di Leo si verifica durante i preparativi della festa di compleanno di Elena, migliore amica di Lavinia. La presenza, non più trascurabile, di Leo sembra aver minato l’equilibrio della ragazza, che dovrà ora scegliere se distaccarsi o meno dal suo fidanzato e dalle sue storiche amicizie.
Mi presento
È una bellissima mattinata di primavera. Nonostante la versione di latino alla prima ora, sono felice di andare a scuola. Perché sono brava nello studio, perché ho bei voti, perché sono preparata. Via il dente via il dolore. Certo, i miei compagni di classe non sono il massimo: ragazzi muscolosi troppo agitati, ragazze svogliate, interessate solo a trucchi e acconciature. Ma cosa si può pretendere? Siamo adolescenti. Nella massa uniforme di liceali c’è Marco, il mio ragazzo. Bello e sportivo, forse un po’ superficiale. E poi c’è Elena, la mia migliore amica. Un’amica sincera dalla scuola materna, praticamente una sorella.
Appena varcata la soglia si sentono urla e schiamazzi, forse ho imboccato per errore l’ingresso di una festa anziché quello del liceo classico Arnaldo da Brescia. La mole di sbadigli e zaini stracolmi di libri mi conferma, però, che sono arrivata a destinazione.
Accanto alla segreteria un gruppo di compagni sta già spingendo e disturbando Leo, un ragazzo alto con capelli mossi e lunghi e occhiali spessi. È una persona solitaria, sempre con un libro in mano, anche durante la pausa. Taciturno, asociale, musone, non sembra un cattivo ragazzo, anzi, forse è anche troppo buono. Con il suo carattere chiuso e studioso non attira le simpatie dei compagni, ma solo quelle degli insegnanti, condannandolo, ai nostri occhi, nella categoria dei secchioni irrecuperabili.
Quando entro in classe, lancio un’occhiataccia in direzione dei disturbatori e quelli, come per incanto, smettono di infastidire il malcapitato. Forse perché tra loro c’è Marco che, colto in fallo, cambia subito atteggiamento.
Dopo il compito di latino tocca a matematica, ma l’insegnante, fortunatamente, è simpatica e si parla anche d’altro.
Pausa ricreazione, quattro chiacchiere con Elena per organizzare la sua festa di compleanno. Sono diciotto il prossimo mese, dobbiamo inventarci qualcosa di speciale! Marco sta organizzando la partita a calcio di domani pomeriggio, lo lascio in pace.
Torniamo sui banchi e le ultime due ore passano veloci.
La routine è praticamente sempre la stessa: scuola, amici, studio e a dormire presto la sera. Poi fortunatamente c’è il fine settimana: sabato pomeriggio al campo sportivo a tifare per Marco, un giro di shopping con mia mamma ed Elena e, per finire, pizza da Giorgio, la più buona.
La domenica, quando il tempo è dalla nostra parte, gita sul lago con la famiglia: papà ha uno splendido motoscafo a cui tiene più della sua stessa vita. Ogni tanto lo prendo in giro e fingo di preoccuparmi: «Papà, se dovessi scegliere tra me e la barca cosa sceglieresti?». Lui con tono di scherno: «Lo sai che non rinuncerei mai alla mia barca, tesoro».
Mamma, quando ci sente, non dice niente, sta a prua a prendere il sole, felice di sfoggiare l’ennesimo costume nuovo di colore blu pavone, abbinato al pareo, abbinato, alla borsa di paglia, abbinato al telo di spugna. Mamma ha fatto sua la frase del pittore surrealista Salvador Dalí: “Se uno ha stile o meno si riconosce subito: il tappeto deve essere sempre intonato alle palpebre”. E casa nostra è davvero così: un attico di un palazzo storico in centro, scelto perché l’ingresso era maestoso ed elegante. Al racconto, papà ogni volta alza gli occhi con noia e scherno.
Mamma ha curato tutto nei minimi dettagli. Lei e la sua amica architetta hanno lavorato un anno intero per scegliere il colore dei muri di casa. Tutte le pareti, e intendo proprio tutte, sono di un colore azzurro-grigio-francese ceruleo, creato apposta. I divani di velluto sono della stessa tonalità; stessa stoffa e colore anche per le tende che sfiorano il parquet chiaro, rigorosamente posato alla francese. Le lampade di seta sono arrivate solo dopo parecchi mesi perché non si trovava la giusta sfumatura.
A un certo punto mamma aveva anche cercato un laboratorio di ceramica che creasse appositamente per noi un servizio di piatti del medesimo colore di tutta casa, ma poi si era stancata e aveva deciso che un tocco di bianco, bordato di banalissimo oro, per la tavola sarebbe stato sufficientemente elegante. Però non transige sulla scelta dei colori dei fiori freschi: solo orchidee bianche o viola e ortensie azzurre, così ci facilita il lavoro per il suo compleanno.
Il risultato è una casa splendida, molto rilassante, unica nel suo genere, fotografata per ben due riviste, che per mamma equivale a vincere un Oscar a Hollywood.
A mio papà è stata lasciata ampia scelta riguardo le decisioni “informatiche ed elettroniche”: si è potuto scegliere il televisore, schermo piatto di cento pollici, su cui ogni tanto guarda le partite di calcio accompagnato dal mio ragazzo. Incurante del danno che potrebbe causare, Marco è solito mangiare i popcorn sdraiato sul tappeto di lana, manco a dirlo, di colore azzurro-grigio-francese ceruleo creato apposta per noi.
A fine partita, papà scorre sul cellulare le foto dell’ennesima gita in barca, mostrando al povero Marco decine di fotografie delle imbarcazioni avvistate al largo e in porto. La barca a vela dell’avvocato tal dei tali, il motoscafo del notaio pinco pallo. E così via per ore e ore.
Papà e mamma lavorano insieme, sono commercialisti, hanno uno studio molto ben avviato vicino a casa e nonostante i tanti impegni sono sempre a mia disposizione per prepararmi il pranzo, farmi compagnia durante la cena, accompagnarmi alle attività pomeridiane, abbandonarsi a due coccole prima di addormentarci. Sono molto fortunata.
Ah, scusate, che sbadata, non mi sono presentata: Lavinia, piacere di conoscervi.
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La lite
Di nuovo lunedì, che noia, sta iniziando l’ennesima settimana scolastica uguale a tutte le altre. Compito in classe alla prima ora: ho studiato e sono tranquilla. Oggi Elena è pure influenzata ed è rimasta a casa, non ho nessuno con cui confidarmi.
Nel piazzale trovo nuovamente Marco e la sua banda che infastidiscono Leo. Gli hanno tolto la bicicletta scassata dalle mani e la stanno usando in due. Se continuano così gliela romperanno! Provengono da famiglie benestanti, non avrebbero problemi a comprargliene una nuova, però a me questo atteggiamento disturba parecchio. Cosa vi ha fatto questo povero ragazzo, non vi risponde a tono solo perché voi siete un gruppo, anzi un gregge, mentre lui è da solo e probabilmente impaurito dai vostri muscoli! Mi sta montando una tale rabbia dentro che fatico a trattenermi!
Ecco, lo sapevo! Si è staccata la catena. Leo si innervosisce parecchio. Prende coraggio e si avvicina a Marco. Non mi ero mai accorta che fosse più alto di lui: lo sovrasta, ma solo fisicamente!
«Come torno a casa adesso?» chiede a Marco, arrabbiato.
Il mio ragazzo ridendo risponde: «C’è il bus».
Nel mentre si gira di scatto e mi vede. Lo fulmino con un’occhiata. Sono nera e, avvicinandomi a Leo, prendo la bicicletta e lo rassicuro: «Chiedo a mia mamma di darti un passaggio in auto, tranquillo». Mio papà ha una bicicletta in garage che non usa mai: potrei chiedergli di regalarla a Leo, sono certa che non direbbe di no.
Marco mi si avvicina baldanzoso per darmi un bacio, passandosi una mano nel ciuffo perché sa che è un gesto che mi piace da impazzire. Lo respingo malamente e gli urlo in faccia: «Siete dei codardi, ve la prendete con lui ma perché ora non provate con me?». Marco ci rimane male, non l’ho mai trattato così davanti ai suoi amici.
Invece Leo ora sorride soddisfatto: non era mai successo che una ragazza lo avvicinasse a scuola, tantomeno per prendere le sue difese davanti a tutti.
«Grazie» mi sussurra timido. Io lo guardo bene, probabilmente per la prima volta lo vedo davvero: il suo viso non è poi così male sotto tutti quei capelli. C’è qualcosa di strano in lui che mi sfugge, non riesco a comprenderlo a pieno.
Sono arrabbiata anche con Leo e bonariamente lo sgrido: «E tu perché così grande e grosso non ti difendi da solo?». Lui alza le spalle e mi mostra le mani orgoglioso: sono grandi e molto curate. Che imbranato, non vuole rischiare di farsi male. Mi sento una stupida ad averlo difeso, che si arrangino tutti!
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