Allora vattene! Vai via, non mi servi.»
Si è alzato dal letto di scatto, con rabbia. «Smettila stupida, o un giorno potrei farlo.» ***
Siamo in cura entrambi. Ognuno per superarlo a modo suo. Lui è docile, si lascia guardare dentro come un film senza biglietto. Come un film che a ogni seduta si ripete, fermando scene, scorrendone altre, tagliando battute. Voleva guarire da quel male mortale nel quale io mi rifugiavo per non perderlo ancora. Quella pianta di luce. Era salita su di pochi centimetri, giusto il tempo di un respiro. Non sapevamo nemmeno il suo nome. Non avevamo avuto il tempo di deciderlo. Io ne volevo uno importante, per il bambino più bello del mondo, il nostro bambino, lui voleva chiamarlo Eros, come il sigillo bruciante che avrebbe sancito per sempre il nostro amore. Forse sarebbe stato questo il suo nome, Eros. L’avevamo concepito quasi per sbaglio, durante una litigata furiosa su delle sciocchezze, divergenze di ideali che avevano trovato uno sbocco in comune in una cellula figlia di un raptus improvviso di sfinita passione tra due testardi contendenti. Eravamo così, orgogliosi e fieri, due caratteri che vicini facevano scintille. Oggi lui è un altro. Da sei mesi lui è un altro. Si abbandona in cerca di una consolazione durevole a quella vita mancata, a quel suo seme appassito troppo in fretta. «Siete giovani, avete tutto il tempo per tentare di nuovo.» Ci consola così lei ogni volta, la confidente a pagamento. Siamo giovani, ci rifaremo, sostituiremo quel pacco andato a male con un altro, più nuovo e più bello, e andremo avanti, saremo una famiglia. Ma io l’ho sentito quel respiro, ho sentito quel battito, quel pianto esploso contro il mondo alla sua nascita. Io l’ho abbracciato, lui l’ha abbracciato. Per la prima volta eravamo stati una madre e un padre, la terra e il suo frutto, la mela e l’albero. Il mondo era più grande, più bello, perché ora c’era lui, un piccolo puntino candido sul manto corrotto dell’esistenza. Oggi la nostra strizzacervelli si è messa in tiro in modo particolare. Non è giovane e nemmeno vecchia, sta in quel limbo degli anta, con gli occhi che guardano al passato e le rughe rivelatrici di un futuro assai vicino. Ci è stata consigliata da sua madre dopo che ha vistoin che voragine scura stavo trascinando il figlio. «Vedrete, vi farà bene.» Sarà, proviamo, cominciamo le sedute. Ogni venerdì ci ritroviamo nel suo studio dalle tendine pastello e dalla scrivania in ordine, su due poltrone fredde, geometriche, con i manici in metallo. Non mi piace la geometria, non mi piace l’ordine, non mi piace lei. Che senso ha vomitare la nostra vita davanti a questa sconosciuta con la fila alla porta. Non le importa niente di noi, pensa solo a prendere i suoi soldi, ad agghindarsi con quei tailleur griffati per non entrare mai del tutto nella vita di quelle anime sperse che ogni giorno è costretta ad ascoltare. È una bella donna, se non fosse stato così preso dai suoi problemi se ne sarebbe accorto anche lui. Mezz’ora è già passata,metà del supplizio me lo sono lasciata alle spalle. E in tutto questo tempo mi ha rivolto solo una domanda.«Guardi, Maia, guardi suo marito. Mi dica, cosa vede nel suo volto?»Cris davanti a me spalanca gli occhi, vuole farmi entrare nel suo spirito. Mi guarda supplicandomi di mettere fine a quello strazio, di combattere insieme questa guerra. Io fatico a reggere il suo sguardo, abbasso gli occhi, li rialzo, fisso le sue gambe che tremano nervose, le sue mani chiuse a pugno, i suoi occhi lucidi che mi urlano tutto il dolore che ha dentro. Lo capisci che stiamo andando a fondo? Ricordi ciò che eravamo? Io ti amo, non hai colpe. Per me sei pura, senza peccato, aiutami a uscirne. Tumi guardi, mi chiedi se ricordo. E come non ricordare.
Martina Allegrucci (proprietario verificato)
“L’odore amaro degli ultimi incontri” è un ottimo romanzo d’esordio: una storia avvincente, ricca di colpi di scena e momenti drammatici. La protagonista Maia è il cuore del romanzo: fragile e appassionata, sognatrice e idealista e combattiva. L’empatia della scrittrice con Maia raggiunge una buona profondità psicologica e rende verosimili le relazioni con i personaggi. Consigliato ai sognatori e agli idealisti!
Claudia Stamile (proprietario verificato)
Totalmente rapita dalla storia di Maia e del suo viaggio alla ricerca della felicità perduta. Un romanzo di riscatto, di formazione, scritto magistralmente dalla penna di un’esordiente che sembra già aver capito i meccanismi delle grande letteratura. Assolutamente da scoprire e da consigliare per vivere emozioni senza tempo e senza età.
SEO (proprietario verificato)
Libro molto sorprendente. I capitoli brevi e l’intreccio tra passato e futuro rendono il ritmo incalzante, la storia scivola pagina dopo pagina seguendo le avventure di Maia, persa tra passato e futuro che rincorre l’amore della sua vita. I cambiamenti che accompagnano la protagonista sono quelli che accompagnano ognuno di noi. Mentre si sviluppa la storia si accende una crescente empatia che ci fa immedesimare sempre di più ad ogni parola. Assolutamente da leggere.
Domenico Marzolla (proprietario verificato)
Romanzo ben fatto, ben scritto. Scorrevole e accattivante, interessante soprattutto nelle linee temporali che si intrecciano tessendo una trama particolare. Molto profondo, toccante tanto da potersi quasi immedesimare con Maia (la protagonista). Diverse note di malinconia ma nel complesso direi decisamente consigliato
Arianna Galeazzi (proprietario verificato)
Un libro in cui ognuno di noi può trovare un pezzo di sé, che sia nella Maia studentessa o adulta, disillusa o ancora piena di speranza…un libro che ti porta in una dimensione in qualche modo già vissuta, in cui è facile immaginarsi o essersi già trovati in qualche fase della vita.Vengono così raccontate le passioni inarrestabili,i dolori immensi e i sogni infranti, ma, sopra ogni cosa, la ricerca continua di sé stessi attraverso l’altro…