Prologo
È arrivato il tempo degli addii, quel destino che non ho voluto io, ma che mi aspettavo.
Non è mai il tempo giusto e non sono mai momenti felici. Mi domando spesso dove sei e come si vive dall’altra parte del mondo. Ci sono anche lì gli arcobaleni? Soffi ancora sui fiori esprimendo desideri?
Mi sento debole e sciocco nel mostrare queste emozioni, ma ne ho bisogno, mi fanno vivere.
È tempo degli addii, delle parole non dette e delle carezze pensate e non regalate. Di tempo non ce n’è più, il sole sorgerà a breve per l’ultima volta, per poi portarmi a dormire accarezzandomi per un lungo sogno. Sono gli attimi, i piccoli sguardi, le piccole gesta, che ti trasportano il cuore in festa e sono le stesse mancanze a farti perdere in una grigia tempesta.
È giunto il tempo degli addii, di raccontarsi i piccoli segreti, di buttare via i rancori e i ricordi amari. Arriva l’oscurità, è tardi e tu non sei accanto a me. Tutto è passato così in fretta, era ieri che eri un bambino…
E io, ora vecchio, con le gambe stanche e gli occhi affranti vedo la fine, sentendone l’amaro profumo. Le mie mani grinzose sono vuote, ho mille risposte ma non ho le tue domande; mi manca, arrivato a questo punto della vita, il senso del percorso completo e anche di un giorno qualunque.
Desidererei sfogliare l’album delle vecchie foto, quelle con i sorrisi facili, quelle strette negli abbracci, quelle di noi tre. Vorrei mostrarti per l’ultima volta il mio cuore e chiederti perdono delle mie assenze, dei miei silenzi e del mio ultimo addio.
È tempo dell’addio all’amore negato, quello perso, quello odiato. È tempo di noi, solo noi, in questo mondo o in un altro, solo noi.
È tempo.
Capitolo 1
Prima di partire per questo lungo viaggio, ho voglia semplicemente di ricordare le emozioni di una vita. Ti sto scrivendo questa lettera dopo anni di silenzi e di solitudine, ho pensato fosse giusto farlo. Forse quando la riceverai, non avrai nemmeno voglia di leggerla o forse si perderà semplicemente fra gli scaffali di un ufficio, buttata lì senza importanza. La vita di ogni uomo, in fondo, è importante solamente per se stesso. Quello che so con certezza è che sarà tardi per qualsiasi reazione tu possa avere, il tempo purtroppo non perdona, passa e se ne va senza mai fermarsi o voltarsi indietro.
Figlio mio, parte di me, ti comunico che tuo padre sta morendo. Dove andrò? Semplicemente sparirò.
Non è importante descrivere la mia malattia, né tediarti con le mie difficoltà. Ho voglia di pensare ad altro. Ho deciso di raggiungere tua madre seguendo i suoi consigli. Ho rifiutato le cure, d’altronde da quando ho perso lei e tu te ne sei andato via, per me la vita si è spenta.
In questo momento sono contento, non sono dispiaciuto, il mio dolore non è la paura di volare via, ma l’amarezza di non essere riuscito a essere amato da te. La tua fuga per me è stata una grande confusione, sei scappato da casa dimenticandoti le tue radici e scordandoti i ricordi più belli.
Oggi accarezzavo il tuo gatto Maui, quello rosso che graffiava tutti tranne te, lo trovasti abbandonato tra i rifiuti e lo curasti. Tutti ti consigliarono di darlo via, ma tu, ostinato, sei riuscito a farlo sopravvivere. Adesso è qui con me, triste, glielo leggo negli occhi verdi, sale sempre sul bracciolo della poltrona dove io riposo e appoggia la sua testa sulla mia mano. Mi annusa a lungo, poi mi guarda e si mette a dormire. Credo riconosca vagamente il tuo profumo nel mio, ma non è lo stesso e si rassegna. Di notte dorme sempre nella tua stanza, fra le pieghe dei due cuscini, quelli con le figure degli orsi. Da anni ti aspetta fino a tardi, guarda dalla finestra e poi salta sul tuo letto, poi si arrende come faccio io e si addormenta. Lo sento sognare, si lamenta e a volte fa quel miagolio strano che mi fa ridere. Ricordi? Ne ridevi anche tu.
Continua a leggereHo vissuto fino a oggi nella speranza di vederti apparire in fondo al viale, quello dei tigli, camminare verso di me e insieme ricominciare a vivere, a sorridere. Quando si perde qualcosa, si apprezza a fondo il suo valore, ma è solamente quando si ha la certezza di non rivederla mai più, che crescono le emozioni di amarezza e di abbandono.
Dire oggi che mi manchi è prendersi in giro, ogni giorno della tua esistenza mi sei mancato, anche quando mi correvi in mezzo alle gambe per nasconderti da tua madre, anche in quei momenti avrei voluto stringerti di più e oggi questo mi manca. Non ricordo nemmeno più la consistenza della tua forza, delle tue braccia attorno al collo, non ricordo nemmeno più il tuo odore, spesso tiro fuori dagli armadi i tuoi vestiti, quelli che hai lasciato e quelli da bambino, li annuso, a volte insieme al gatto che continua a cercarti in ogni luogo, ma fatico a trovarne traccia.
Tu non ci sei più.
Come tua madre, tu continui a essere parte di me, continuo a trascinarmi dietro in questi giorni trovando la forza nei pensieri, nei ricordi dei vostri sorrisi, che dalle foto in bianco e nero, sciupate dalle mie lacrime, escono potenti a darmi coraggio. Spesso mi chiedo se sia vero coraggio insistere a vivere così o solo codardia, che senso ha soffrire e capire di essere già morti?
Poi i giorni, le settimane e gli anni passano e io invecchio senza che la mia vita cambi. Ho provato, sai, a cercare altro, a uscire dagli schemi, ma fuori dal mio recinto ho trovato solo un mondo perfido e selvaggio che mi ha fatto sentire come un cucciolo indifeso, inadatto alla modernità. Sì, ascolto ancora la musica da quella radio a valvole, un tecnico tramite un trasformatore la ha adattata alle tensioni di corrente moderne e mi ha fornito delle valvole di riserva, credo di averne comprate per questa e un’altra vita. Il pomello del volume, quello è ancora rotto, non l’ho fatto aggiustare, mi ricorda quando provasti a fare le capriole sul tappeto fra i mobili e i cristalli di tua madre e, con il piede sinistro, ricordo ancora oggi quale piede, rompesti il pomello della radio. Scappasti dietro all’appendiabiti, sapevi di averla fatta grossa, stranamente la radio continuò a emettere musica. Venni a tirarti fuori da dietro i vestiti e insieme la rimettemmo al suo posto, per il pomello rotto non si poté fare nulla, ma entrambi ci guardammo negli occhi e capimmo che era molto meglio quello che i cristalli di mamma.
Quel pomeriggio passasti tutte le ore seduto sulle mie gambe; io sprofondato nella poltrona, che ancora oggi mi sostiene, ti raccontavo a ripetizione storie che inventavo e che oggi mi sforzo di ricordare senza successo. Una, solamente una, rimane ancora chiusa nel mio cuore, quella non la dimenticherò mai. Tu sai sicuramente di cosa parlo.
Lo sapevamo. Il miracolo non fa parte dei nostri sogni. Era difficile, lo è tuttora, ma la vita è questa e bisogna accettarla. Non te ne ho mai fatto una colpa, ognuno ha i suoi tempi e i tuoi sono stati eterni per me.
È strano amarti e desiderarti e sapere che non ci sei, i tuoi spazi sono vuoti e il tuo vuoto mi sembra l’abisso, non è un vuoto normale.
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luciano romagnoli (proprietario verificato)
Molto coinvolgente…
Federica Carravieri (proprietario verificato)
Si legge bene, è scritto con un linguaggio semplice e ti immedesimi nei sentimenti del personaggio. Lo consiglio.
carla colombarini (proprietario verificato)
Ottimo libro, si legge benissimo perché scritto in maniera adeguata, essenziale. Una storia diversa…..anzi una lettera. Prenotatelo.
mariarosa filiberti (proprietario verificato)
Il libro esplora stati d’animo ed emozioni che tutti possono vivere nel quotidiano, per questo il lettore si sente coinvolto già dalle prime pagine. Vi consiglio di leggerlo.