Fu a quel punto che Triphylla, la principessa delle fate, si alzò in volo sbattendo le sue ali cangianti. I lunghi capelli biondi le incorniciavano il viso pallido.
Planò vicino a una cesta di giunchi intrecciati e ne tolse una pergamena arrotolata, sigillata da un nastro color del miele. Aprì la morbida bocca e lesse, lentamente.
Gli anni che seguono la pioggia arcobaleno
porteranno i giorni della Grande Paura.
Triste la sorte di Madre Natura
colpita all’interno da un dolore pieno.
Appare la Bambina con i frammenti di Luna
nelle sue mani viaggia la Fortuna.
Lei saprà sconfiggere l’occhio del Male
se la formula segreta saprà ritrovare.
La fata ripiegò il sacro foglio, affidandolo alle mani sicure di due ancelle. Riprese fiato e tornò volando tra le magiche creature.
«Il nostro destino è segnato, cari amici miei. Se vogliamo che tutto ciò per cui battono i nostri cuori sopravviva, non abbiamo altra scelta. Dobbiamo trovare al più presto l’Eletta, la bambina che ci aiuterà a sconfiggere il male che sta consumando l’essenza della natura.»
Glasur, il re degli gnomi, si tolse il mantello pesante e buttò fuori tutto il fumo che gli era rimasto in gola.
«Per far questo, ci servono dei volontari. Tre, fra di voi, che affrontino questa ricerca nella dimensione umana.»
«Non sarà un’impresa semplice» aggiunse Elowen «e forse qualcuno potrebbe anche non farcela… ma ne va della salvezza di tutti.»
I tre sovrani ripresero le proprie posizioni, mentre dal bisbigliare sommesso che si andava diffondendo tra gli appartenenti al Piccolo Popolo, sorgeva qua e là qualche domanda.
«Ma quanto dovrà durare questa missione?»
«In che luoghi dovrebbe portarci?»
«Quali sono i rischi reali?»
«Quanti di noi verrebbero coinvolti?»
Nessuna, ovviamente, ottenne risposta.
Dopo qualche minuto, una voce forte si sollevò dal gruppo degli elfi.
«Io! Vorrei offrirmi per questa impresa!»
«Chi sei, anima valorosa?» gli chiese Elowen.
«Feldor De Danann» rispose inchinandosi elegantemente.
La regina lo invitò ad avvicinarsi a lei. Feldor aveva lunghi e lisci capelli neri che gli arrivavano sotto le ginocchia, legati con un semplice nastro di cotone dietro le orecchie appuntite. Indossava una tunica blu scuro, rinforzata sul busto e sulle spalle da un’armatura color argento, con al centro una grossa pietra a forma di rombo. Sul fianco sinistro portava una spada dall’elsa finemente intarsiata.
Era alto e longilineo. I lineamenti del viso delicati, come tutti quelli della sua gente. Gli occhi erano scuri e decisi, segnati da sopracciglia affusolate. La bocca carnosa non sembrava avvezza a sorridere.
Elowen lo guardava con approvazione.
«Feldor, dell’antica e prestigiosa famiglia De Danann. Figlio di Thriong ed Elalith, i saggi sovrani di AshGrove, il castello del bosco di frassini dell’antico reame di Mynnydd Prescelly» disse. «Sono certa che saprai svolgere il tuo dovere con onore e coraggio. Ti ringrazio immensamente per il tuo sacrificio.»
Il guerriero annuì con il capo e si chinò a baciare la mano della sua signora.
Tutte le creature presenti ammirarono l’intraprendenza del giovane elfo, così deciso e sicuro di sé, nonostante il grave pericolo che presto avrebbe dovuto affrontare. Allora intonarono una melodiosa canzone che narrava di battaglie e di eroi, per infondere ancor più forza nel profondo del suo animo.
Appoggiato a un albero, un piccolo gnomo barbuto col naso all’insù e gli stivali di feltro, i capelli ispidi e le guance arrossate, aspettò che terminasse la musica. Poi si fece spazio tra la folla, che si divise a metà per lasciarlo passare e con un balzo raggiunse il trono del suo re.
«Mi chiamo Rofur di Pooka. Vorrei accompagnare il valoroso elfo, se il mio re me lo concede» annunciò, senza aggiungere altro.
Il vecchio Glasur, conoscendo bene il carattere riservato dei suoi sudditi, lo fece sedere vicino e non gli rivolse alcuna domanda. Dentro di sé, però, era fiero che qualcuno del suo popolo avesse accettato di svolgere un compito così rischioso. La folla accompagnò la scelta della piccola creatura con un intenso battere di mani e piedi.
Intanto in disparte, dietro un cespuglio di rododendri, c’era un gruppetto di fate impegnate a discutere animatamente della situazione.
«Noi siamo esseri troppo delicati!» diceva una. «Non abbiamo la forza fisica necessaria ad affrontare un tale pericolo.»
«Hai ragione» rispondevano le altre, sostenendola.
All’improvviso una piccola fata si alzò in piedi, stanca di tutti quei discorsi inutili. L’amica che le era seduta accanto la bloccò, afferrandola per un braccio, avendone intuito i pensieri più intimi.
«Cosa credi di fare?!» le chiese, spaventata.
«Quello che è mio dovere» rispose l’altra, tra gli sguardi sgranati e le gole prive di suono delle presenti.
«Ti prego, non scherzare. Non hai capito quanto è imprudente tutto ciò?» continuò Dainiya.
malajloris6
buongiorno, complimentissimi per aver raggiunto l’obbiettivo iniziale di questo libro. trama e personaggi favolosi descritti nel modo corretto.
malajloris6
Buongiorno, consiglio a tutti questo libro sia a grandi che piccoli.
Questo libro merita veramente tanto con i suoi particolari e caratteristiche.
Come ho già detto lo consiglio fortemente a tutti e io l’autrice la conosco bene e so che ha scritto un libro pieno d’amore e passione per la sua scrittura.
Spero che questo libro arrivi ad alti livelli.
COMPLIMENTI